Gigi Peronace
Luigi “Gigi” Peronace, ovvero l’amico di tutti, è figura ormai leggendaria del calcio italiano e inglese che dalla natia Soverato conquistò i vertici pallonari.
Leggendo il "Sun", il più popolare quotidiano inglese con oltre 5 milioni di copie al giorno, all'indomani della triste notizia della sua morte (29 dicembre 1980) possiamo renderci conto dello spessore umano del nostro conterraneo: "Gigi Peronace è stato l'ambasciatore numero uno del calcio italiano. L'uomo che più di ogni altro si è impegnato per cementare i legami tra l'Inghilterra e l'Italia. Era un uomo gentile, pronto ad aiutare chiunque, fondamentalmente onesto, capace di mettere a proprio agio tutti". Parole da brividi se si pensa alla provenienza di tali giudizi. Ma Gigi Peronace era anche qualcosa di più. Simpatico, sorridente e con la battuta sempre pronta, chiaro e preciso nelle risposte, molto sensibile alle richieste altrui, quasi del tutto incapace di dire no a chi gli chiedeva qualcosa, serio nella sua attività professionale, non volle mal piegarsi a compromessi pur di arrivare al vertici del calcio. Anche in questo si riconosce uno di quei calabresi con la testa dura ma con le idee chiarissime. Un manager nato Gigi Peronace, che dai polverosi campetti di Soverato, ove nacque il 29 novembre del '25, e dalle partite organizzate sotto casa a quelle messe in cantiere per la Nazionale italiana, profuse sempre il medesimo impegno. Un infaticabile competente manager calcistico, pur se ante litteram. Inventò il mestiere di procuratore sportivo, fu grazie a lui che arrivarono in Italia campioni del calibro di John Charles, Denis Law, Jimmy Greaves, Joe Baker e Liam Brady, spesso sconosciuti all'arrivo ma sempre garantiti dalla competenza di Gigi Peronace, profondo conoscitore delle persone, ancor prima che delle doti tecniche dei calciatori. E le sue scelte erano quasi sempre infallibili, un calciatore che portava in Italia diventava, se non lo era già, un campione.
L'attività di Peronace legata allo sbarco in Italia di calciatori stranieri, non fu l'unica. Si diceva, infatti, delle sue doti organizzative. Da Reggio Calabria, ove aveva intrapreso gli studi universitari, andò a Torino ove li proseguì, dilettandosi anche a fare il secondo portiere nella Juventus allenata dallo scozzese Calver, iniziando a fare sul serio la sua attività manageriale e di talent-scout fino a quando all'inizio degli anni '50 si trasferì nella terra d'Albione andando a vivere nel Middlesex ove fu raggiunto, dopo anni di continua spola con l'Italia, dal resto della famiglia. lo Inghilterra divenne uno dei personaggi più eminenti del calcio, ideando anche la coppa Anglo-italiana la cui prima edizione si svolse nel 1970, mentre in Italia mantenne sempre ben stretti i legami con la Federazione, ove entrò chiamato da Umberto Agnelli dopo aver lasciato l'incarico di direttore sportivo del Torino e divenne accompagnatore della Nazionale di Enzo Bearzot, fino all'infarto che lo colse a soli 55 anni dopo un ininterrotto girovagare per il mondo sempre in favore degli azzurri. Ci lasciò poco prima di volare per il Sud America per assistere alla I Copa de Oro in programma a Montevideo ove gli azzurri disputavano il Mundialito. Con lui venne meno un pezzo importante della Calabria calcistica che nessuno ha ancora eguagliato.
Articolo tratto da "domenica giallorossa"
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