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“A Muntipaùna”, il poemetto di
centoquattro settenari
in dialetto calabrese che Francesco Pitaro
dedica al suo paese di adozione
STORIA DI UNA COMUNITÀ IN VERSI DIALETTALI
Per limitarsi solo alle più importanti, tra esse vanno ascritti due ecclesiastici in odore di santità (san Basilio Scamardì, XI sec. ed il beato fra Dionigi, XVII sec.), due vescovi (fra Serafino da Squillace, XV sec. e Francesco Antonio Spadea, XVII sec.). E poi, il poeta e biblista Saverio Mattei (XVIII sec.), due martiri della Repubblica napoletana del 1799, Gregorio Mattei e Luigi Rossi, il letterato Gregorio Di Siena. E tanti altri, fin ad arrivare a Mario Squillace, prete, giornalista e scrittore che a ragione è considerato l’ultimo cantore di questa terra. Fanno da corollario intriganti leggende come la presunta battaglia tra romani e cartaginesi nel Piano Sanguinario, probabilmente nel 208 a.C., la famosa quercia che non perdeva mai le foglie alla foce del torrente Grizzo, l’olmo di piazza Immacolata che si vuole sia stato un albero della libertà. Di tutto questo e altro il giornalista Francesco Pitaro, collaboratore della pagina Cultura & Spettacoli di questo iornale, che di Montepaone è un figlio adottivo, essendo nato sessant’anni fa a Gagliato, più di vent’anni or sono pubblicò una fortunata monografia (Montepaone, una storia e una leggenda, Calabria Letteraria Editrice, 1991) nella quale racchiudeva in tutte le sue sfaccettature le molteplici componenti identitarie di questa realtà. Oltre, sia chiaro, ad altri saggi biografici che interesano Saverio Mattei, i martiri Rossi e Mattei, Mario Squillace e Suor Salvatorina del Divin Cuore. Si ripropone oggi all’attenzione dei lettori, e in primo luogo a quegli “happy few” che amano la storia locale, e segnatamente la parlata popolare, con una sua davvero originale pubblicazione, a tiratura limitata, dedicata a Montepaone: A Muntipaúna, storia di una comunità in versi dialettali (ilmiolibro.it). Si tratta di un poemetto in versi dialettali nel quale passa in rassegna, in centoquattro quartine di settenari, più di mille anni di storia e tradizioni. Dall’origine – quando la denominazione era Arunco e in altra ubicazione – fin ai nostri giorni. In esso, Francesco Pitaro, rivolgendosi sotto forma lirica al paese come se fosse una persona viva, ridà corpo ai tanti personaggi che lasciarono, ognuno a suo modo, impronta di sé. Al tempo stesso fa rivivere, non senza qualche piacevole tocco di colore misto a commozione, le tante tradizioni che in ogni tempo resero celebre questa località e oggi sono pressoché scomparse. «Sono versi – scrive Pitaro nella presentazione al volumetto – che mi sono sgorgati dal cuore durante una delle mie abituali passeggiate solitarie, e che ho buttato giù tutto d’un fiato, in un intero pomeriggio. In essi, ho rivissuto quel mondo di emozioni, pressoché scomparso, di una volta e di personaggi – da me conosciuti, in parte, direttamente, altri per sentito dire o per averli scandagliati e illustrati in alcuni miei saggi –, che da subito hanno attratto il mio interesse o la mia simpatia». (Francesco Iermito in Gazzetta del Sud, Arte, Cultura, Spettacolo in Calabria, 12 maggio 2013) ________________________ Francesco Pitaro è nato a Gagliato (CZ) il 17 febbraio 1953, e vive a Montepaone. Giornalista, ha
collaborato alla Radio Vaticana e scritto per Tuttosport, Corriere
dello Sport-Stadio, Giornale di Napoli. È stato comunicatore presso
il Dipartimento “Politiche comunitarie” e all’Unità di progetto
“Relazioni internazionali” della Regione Calabria. È collaboratore
del trimestrale di cultura Calabria Letteraria e scrive per le
pagine culturali di Gazzetta del Sud. |
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