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MUSICA
Niente è più spregevole della musica in forma “canzone”, eppure, sembra assurdo, oggi noi fruiamo della musica esclusivamente in forma “canzone” ovvero il succedersi di quattro accordi con l’aggiunta di stupidaggini definite “testo”. Questo è oggi per noi la musica. “Che musica ascolti?...mi piacciono i cantautori…Guccini, De Andrè”…No a me piace Baglioni…” .Quante volte abbiamo sentito parlare della musica in questi termini? Questo ha creato nella nostra “moderna” società dei miti legati al mondo della canzone ma erroneamente considerati dei miti della musica. E’ facile sentire o leggere in giro cose tipo: “John Lennon era un genio della musica”... “Battisti era un incredibile musicista” …“Adoro la musica di De Andrè”. Niente di più falso. Questa gente non ha nulla a che fare con la musica. Sono solo un prodotto di marketing più o meno consapevoli del fatto che la loro arte è legata alla musica, ma che non ha la pretesa di essere considerata musica! Il messaggio che trasmettono è vuoto…anche se ricco di contenuti. Associare la parola alla musica è come mettere la didascalia ai quadri di Modigliani o le spiegazioni ai versi di Ungaretti o peggio ancora votare per Forza Italia. Eppure ormai questa situazione è insanabile. Siamo talmente immersi in questa situazione che siamo convinti di ascoltare musica quando accendiamo la radio…o quando ascoltiamo in macchina il nostro CD preferito. Quello che ascoltiamo non è la musica. Anche se ci piace, anche se ci piace molto, anche sei ci evoca appassionanti ricordi…quello non è la musica, ma un surrogato di quello che io considero la più alta delle forme di espressione umana. Chiariamo subito, per canzone intendo quella che ha la pretesa di veicolare contenuti. Non considero in questa invettiva chi utilizza la voce come uno strumento musicale, mi viene da pensare a Billy Holliday che canta “The man I love” o a Chet Beker che canta “But not for me”. Queste sono canzoni scevre di ogni significato, canzoni in cui le parole sono musica e solo musica senza voler trasmettere alcun messaggio legato al significato. Ecco perché prima che vada perduto definitivamente il ricordo di quelli che io considero grandi musicisti intendo parlarvene un po’ così tanto per mettervi una pulce nell’orecchio, per farvi accendere la luce e farvi vedere la polvere che si trova sui mobili del vostro salotto! Non si può definire “musica” solo quello che si ascolta. La musica è un concetto ben più ampio del semplice succedersi delle note dell’armonia del ritmo della melodia. Ecco perché la musica non va ascoltata con le orecchie ma con tutto il corpo…la pelle i peli i piedi i testicoli devono essere i ricettori delle vibrazioni emesse dalle cavità risonanti che ci trasmettono la musica. Oggi intendo parlarvi di un chitarrista Jazz… anzi no Jean Reinhardt detto Django non era un musicista jazz. Il favoloso chitarrista zingaro “Un incidente pittoresco piuttosto che un avvenimento storico”. Di sicuro Django fu un musicista geniale che però non si inserì minimamente nel circuito del Jazz, di cui restò sempre ai margini. Forse Django si innamorò del Jazz, ma lo prese sempre da lontano, senza conoscerlo a fondo, inventando regole “sue” ma mai improvvisando secondo regole Jazzistiche “tradizionali”. Fece una musica tutta sua, che suscitò l’ammirazione dei più grandi jazzman americani, ma che non fece scuola. Nessuno mai seguì le orme di Django, tranne qualche sporadico imitatore La musica di Djano muore con Django e non poteva che non essere così. Django era uno zingaro, nato zingaro e zingaro rimasto fino al giorno della sua scomparsa . Gli altri “non zingari”, i “gadjo”, ovvero noi, si occupavano, secondo lui, di cose stupide come la scrupolosa osservanza dei contratti o l’oculata amministrazione del danaro. Django no!Django era uno sbruffone litigioso pieno di sé. Pensava di essere il più grande chitarrista del mondo (e forse lo era) e che tutti gli altri musicisti che suonavano con lui fossero solo dei comprimari. Questa convinzione gli rimase anche dopo che era andato a suonare in America con i più grandi dell’epoca. Chiedeva ed otteneva onorari spropositati, che assolutamente non divideva con i suoi musicisti e che sperperava nei modi più diversi. Attratto dal gioco e da ogni forma d’azzardo era capace di dilapidare in poche ore somme che per l’epoca erano enormi. Si racconta che avesse sempre in tasca arruffati come cartacce banconote per somme altissime orologi d’oro al polso ogni forma di anelli a tutte le dita della mano destra collane e bracciali vistosissimi. Vestiva sempre abiti elegantissimi e costosissimi camicie cucite su misura e scarpe italiane di vernice. Le sue chitarre, sempre fatte su misura dai più famosi liutai del tempo, erano dei veri e propri gioielli…che oggi hanno un valore inestimabile. Quando iniziava i concerti si sedeva elegantissimo e sorridente ed attendeva che uno della band gli consegnasse in mano la “Maccaferri” lucidissima. Però lui era uno zingaro e a volte capitava che nel bel mezzo di un tour, nei più lussuosi alberghi di Parigi, lui scappasse per fare festose rimpatriate fra la sua gente. All’ombra delle roulottes dove venivano organizzate incredibili feste in suo onore, dove lui era considerato dai suoi “cugini” poco meno che un dio. Eppure fu proprio in una roulottes che, giovanissimo, ebbe un grave incidente che rischiò di compromettere la sua carriera. A causa di un incendio perse tre dita della mano sinistra ( proprio quella con cui si prendono gli accordi), ma lui non si scoraggiò anzi inventò una tecnica nuova che gli consentiva di suonare tutti gli accordi con l’indice il medio ed il pollice, di suonare perfettamente…di suonare come nessun altro né prima né dopo di se! Django visse in una roulottes alla periferia di Parigi per i primi due anni della sua vita ma non era nato li. Sembra sia nato in Belgio a Livercgies nei primi giorni dell’anno 1910. Da giovane girovagò con la sua famiglia per tutta l’Europa e per un breve periodo visse perfino in Italia. Oggi si direbbe che era un “cittadino del mondo”. La leggenda narra che stanco della scena parigina si trasferì in America per suonare insieme a Duke Ellington, si mise in viaggio, com’era suo costume, all’improvviso senza neppure i bagagli e persino senza la chitarra. Perché pensò:”I liutai americani faranno a gara per avere l’onore di fabbricarmene una”. Non fu così…quando esordì per la prima serata in teatro scoprì che il suo nome non compariva sul cartellone accanto a quello di Duke Ellington e andò su tutte le furie…minacciando di tornarsene subito a casa! Insomma la sua avventura americana non fu un granchè e quando la sua scrittura fu terminata Django dovette risolversi a tornare in Francia. Quando rincontrò gli amici, dichiarò che la cosa migliore che avesse ascoltato in America era la voce di Frank Sinatra! Morì nel 1953 e per i suoi “compagni” gitani fu una tragedia immensa. Si narra che nel giorno del suo funerale ci fossero centinaia di migliaia di zingari venuti da tutta Europa. La sua musica fu sempre ricca di sottili sfumature, di effetti di ogni tipo, di arabeschi di melodia gitana di blues nero di swing…poteva essere delicata come una carezza di un bambino, oppure violenta e risonante come lo scalpitio di un purosangue a briglie sciolte! In ogni caso era espansiva, piena di colore, armonicamente molto ricca. Benché fosse un eccezionale virtuoso del suo strumento, Django fu prima di tutto un compositore dalla fantasia pronta ed inesauribile. Si narra che fosse capace di incidere un disco senza seguire uno schema prefissato, mettendosi, a comando, a improvvisare inventando lì per lì armonia, tema e variazioni. Aveva un personalissimo modo di suonare (forse dovuto alla sua tecnica esecutoria a tre dita) a ottave con attacchi violenti, vibrato e sempre molto attento al rigorosissimo rispetto del tempo. Per questo la sua musica appare ancora oggi fresca e godibile. Io consiglio di ascoltare i seguenti brani: Tiger rag, Night and day, Sweet Georgia Brown, St.Louis blues, Finesse, Montmatre, Minor swing, Belleville, Daphne, e uno dei più bei temi da lui composti è Nuages. Consiglio
di ascoltare gli ellepi con Grappelli e i pezzi registrati con Coleman Hawkins e
Benny Carter. |
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