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Nuovo libro del prof. Grazio
Pitaro che, fin dal 1950, ebbe il privilegio di conoscere e frequentare il Frate
dalle stimmate
Il gagliatese che intervistò Padre Pio
di Sandra Pedullà
Il prof. Grazio Pitaro, di Gagliato, che fin dagli Cinquanta ebbe il privilegio di conoscere ed intervistare più volte Padre Pio, racconta in questo interessante saggio ricco di aneddoti, dedicato al Santo del Terzo millennio (appena uscito per i tipi delle Edizioni L’altra Calabria) i suoi periodici incontri col Frate taumaturgo del Gargano, oggi San Pio da Pietrelcina. «Un’affascinante avventura umana». Descrive così quel suo primo reportage nel Gargano, in uno dei suoi capitoli più belli, intitolato per l’appunto: «Quei giorni in cui conobbi Padre Pio». «Furono momenti di commozione e di riflessione. E già d’allora il Frate dimostrava di avere un abboccamento con Dio».
Il suo primo approccio con Padre Pio risale al dicembre del 1950, quando - approfittando della pausa natalizia - decise di recarsi in quel di San Giovanni Rotondo.
«Partii dal mio paese (Gagliato) che era passato da poco Natale. Giunto al convento dei cappuccini, entrai in chiesa per un attimo e poi corsi in albergo. Trascorsi una notte insonne subendo i rigori dell’inverno, e, impaziente, ero in attesa che sorgesse l’alba per assistere alla messa di Padre Pio» e poterlo poi avvicinare. Oltre che per il «Giornale d’Italia», a quei tempi, il prof. Grazio Pitaro scriveva per il settimanale «Il Borghese», appena fondato da Leo Longanesi, «La Tribuna del Mezzogiorno», ecc.
«Il mattino successivo, alle cinque, ancora tra il lusco e il brusco, mi diressi al convento. La chiesa era già gremita di fedeli in devoto raccoglimento, in un contegno edificante. Padre Pio, dal volto prettamente ieratico, rigato di lacrime e con i segni tangibili della sofferenza, si accingeva a celebrare la messa. La fronte imperlata di sudore e rigata da solchi profondi, con il viso coperto di grinze. Sembrava rapito in estasi; soprattutto al momento della consacrazione della specie eucaristica. Furono momenti di commozione e di riflessione. Terminata la messa, impartì la benedizione e, provato dalla sofferenza per le stimmate alle mani, al costato e ai piedi, a stento si avviò in sacrestia ed ivi depose i paramenti sacri. Feci di tutto per avvicinarlo».
E fu proprio in sacrestia che lo scrittore-giornalista Grazio Pitaro ebbe la possibilità, da lui tanto agognata, di rivolgergli un’invocazione. Ma il Frate, ponendogli una mano sulla spalla, rispose d’istinto con un «Dio ti benedica!». Rimase un po’ esterrefatto, il professore Pitaro, perplesso. Perché glielo disse con un tono che lui credette venato di qualche allusione (era andato, sì, con fede ma anche per intervistarlo), e si lambiccò il cervello per carpirne il vero significato. «Mi rasserenai però all’istante, poiché intuii subito che Padre Pio volle farmi intendere il suo disappunto per il fatto che non avevo chiesto di confessarmi».
Grazio Pitaro, nato a Gagliato nel 1918 (padre dei giornalisti Vincenzo e Francesco), fin da ragazzo ebbe modo di effettuare studi classici, ginnasiali e liceali, presso il Seminario vescovile di Squillace, dove fra l’altro aveva cominciato a sentir parlare di Padre Pio con un po’ di scetticismo, ma nonostante ciò la sua considerazione per il Frate era ugualmente enorme.
«Anni dopo, ed esattamente nell’agosto del ‘53, decisi di rivedere Padre Pio, viepiù ispirato da quella fede che animò San Paolo convertitosi sulle vie di Damasco. Intrapresi il viaggio con un caldo asfissiante, sotto la sferza implacabile della canicola e del sole torrido d’agosto. Arrivato che fui a destinazione, stanco dal viaggio, mi diressi subito in albergo. La mattina, svegliatomi di soprassalto allo squittio indiscreto degli uccelli, mentre una nuvolaccia apparsa improvvisa si accingeva ad offuscare il cielo, ebbi la sensazione di trovarmi in un paradiso terrestre. Mi diressi al convento dove Padre Pio stava celebrando la messa assai per tempo, come di consueto». E fu qui che ebbe modo di conoscerlo. «Terminata la Santa Messa e ricevuto che ebbi la Comunione, intravedendo Padre Pio che stava per raggiungere la sua cella, mi intrufolai, non si sa come, in un varco inspiegabilmente apertosi fra due ali di folla che si agitava dattorno. Mi fu consentito, così, di conferire con Lui, ponendoGli moltissime domande. Ci tornai diverse altre volte (fino al 1968) a San Giovanni Rotondo, dove vissi momenti veramente da paradiso, d’ineffabile pace interiore».
Sandra Pedullà
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