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SOVERATO
La serenata alla vigilia delle Nozze
La Voce di Romagna
, 9 febbraio 2013 - di Simone Mariotti

   


“La serenata è l’apice della tensione emotiva. Anche se sai suonare, cantare, se hai preparato tutto, sai che qualcosa potrebbe andare storto”.

Soverato, Calabria ionica, 4 gennaio 2013. Erano passate da poco le tre del pomeriggio e Nino mi stava raccontando queste cose mentre entravamo in casa sua dove, assieme a sua moglie Luna e a Valeria (oggi mia cugina acquisita, nonché ottima cantante), avremmo fatto l’unica, breve prova per la mia serenata, quella cioè che avrei dovuto cantare assieme a loro quella sera stessa a Ilaria, che avrei sposato il giorno successivo. Ed era vero quello che diceva Nino: “fatta la serenata, il matrimonio diventa una passeggiata”.

Me n’ero già reso conto lo scorso luglio quando a cimentarsi era stato proprio Nino, anche lui la sera prima della nozze, e quella dopo un addio al celibato “impegnativo”, che si temeva avrebbe potuto pregiudicare la riuscita della performance. Arrivare di soppiatto sotto casa di Luna, attaccare i cavi per le casse alla casa del vicino, farli scorrere per tutto il parcheggio (e qualcosa in effetti con quei cavi andò storto), mentre la gente arrivava. Lui è un musicista, ma l’emozione è la stessa per tutti.

Nino in realtà è un chimico, ed è uno di quei cervelli brillanti che hanno deciso di non mollare e non abbandonare la sua terra difficile, di combattere e costruire, nel più ampio significato del termine, pensando e senza mattoni. Ed è contento quando mi racconta le vicende storiche di questo culto amoroso, e di come da anni stimola i futuri sposi suoi amici, e suona per loro per rinverdire una tradizione che sta rinascendo (oggi c’è una serenata ogni dieci matrimoni circa, ma i numeri sono in crescita), recuperata grazie soprattutto ai nuovi gruppi musicali di giovani, diffusi un po’ in tutta la regione. Ma anche in Calabria per lungo tempo la serenata era finita nel dimenticatoio.

Gli ultimi fuochi si erano avuti a cavallo tra gli anni sessanta e settanta, e più che altro nei centri più piccoli. “Per un po’ ci si è vergognati delle tradizioni popolari, del dialetto, come fosse roba volgare, da superare”, ricorda Nino, “o roba da emigranti nostalgici”, aggiunge Ilaria. Ma un destino simile lo ha avuto molta della cultura popolare italiana. Ed è anche comprensibile che ciò sia avvenuto in un’epoca ancora non globalizzata in cui la tradizione e il dialetto rappresentavano quasi una trappola in territori già isolati, e che invece, dopo l’ubriacatura di modernità dell’era televisiva e informatica, rappresentano un complemento culturale ideale per chi oggi con un semplice clic può interagire da dovunque con il mondo intero.

Diffuse una volta anche in Romagna, come in altre parti d’Italia (qualcosa persiste ancora per esempio in Abruzzo e Campania), per me che arrivavo da Rimini, la serenata era un qualcosa di cui avevo sentito parlare solo nei racconti dei nonni o che, come tutti, avevo visto in qualche film o spettacolo.

Nella tradizione più antica, il padre della sposa non reagiva bene all’inizio della serenata, che rappresentava volutamente un atto sfrontato dello sposo, che platealmente dichiarava il suo amore affrontando il genitore, solitamente assai geloso, che a sua volta tentava di impedire alla figlia di affacciarsi.

E quando si sposò mia cognata mio suocero inscenò una ribellione dal terrazzo rifiutando il futuro genero, mentre il padre di Luna, suggerì alla figlia di aspettare un po’ prima di affacciarsi per far sgolare il povero Nino.

Oggi quindi si scherza, ma questo rituale è in realtà una vera e unica occasione di incontro e di compartecipazione, che unisce ancora di più gli sposi assieme a coloro che assistono e vivono attivamente tutto il gioco. Parafrasando Gaber: “felicità è partecipazione”.

Per la mia serenata l’appuntamento segreto era alle 19.50, vicino casa di Ilaria, alla fine di un lungo pomeriggio fatto di sotterfugi ideati per non destare sospetti. Gli invitati al matrimonio stavano arrivando tutti quel giorno e non ho mai passato tanto tempo al telefono in vita mia come nelle due ore precedenti l’evento. I riminesi, che avevano affrontato un viaggio in auto di 10 ore, mi tenevano aggiornato sui loro spostamenti. L’ultimo messaggio mi arrivò quando erano a 10 km da Soverato alle 19.42: “aspetta altri 12 minuti prima di partire, che siamo quasi arrivati”. Io stesso giunsi sul posto pochi minuti prima dell’ora X, perché alle 18.30 arrivava un caro amico all’aeroporto di Lamezia, che andai a prendere io: l’alibi perfetto per non far insospettire Ilaria.

Per la serenata vera e propria avevo riscritto il testo di “La voglia, la pazzia”, mentre per strada, tra trombette e tamburelli, avevo levato al cielo più che altro delle urla liberatrici. Ma raggiungere il quarto piano in inverno a finestre serrate non è stato facile, e il padre di Ilaria non ha avuto problemi a tenerla lontana. Poi dal basso abbiamo intravisto delle faccine che guardavano giù, ed è iniziata la festa.

Ilaria è scesa fermandosi nella parte alta nell’ampio androne del palazzo, riempitosi di persone. L’ho raggiunta, e inginocchiato le ho porto una rosa. Nino ha cominciato a suonare, Valeria, che duettava con me, a cantare e io a stonare drammaticamente. Ilaria ha prima riso, poi pianto, ma per fortuna di felicità: “ti sposo lo stesso”, mi disse.

La conobbi 16 anni fa sulla spiaggia di Soverato a due passi da dove ci trovavamo in quel momento, mentre Valeria, che aveva scritto una cover di “Un’estate fa”, stava cantando per noi: “Sedici anni fa a storia di voi due / era un po’ come una favola”, e a rivedere il video di quella sera e di quel momento ci si sente davvero fortunati e felici.

Non vi posso promettere che in tutte le serenate ci saranno Valeria, Nino e gli altri ragazzi a renderle così speciali. Ma se vi cimenterete lo diventeranno comunque. Quindi, cari futuri mariti, romagnoli e non, provateci! Ne vale assolutamente la pena.

www.simonemariotti.com

Scheda
Le regole della serenata 2.0
di Simone Mariotti e Nino Alampi

Quando: è vivamente consigliato farla la sera prima delle nozze. Se malauguratamente ciò non fosse possibile, non prima dell’addio al celibato. E deve assolutamente restare una sorpresa.

Dove: ovviamente sotto casa della sposa, presentarsi con una rosa da porgere all’amata.

Come: dipende dall’abitazione della sposa. Di norma parenti e amici si ritrovano poco lontano e in gruppo si avvicinano chiassosi di modo che il vicinato si affacci e si possa godere lo spettacolo. Intanto, in casa della sposa, qualche complice apre una finestra per far sentire le prime note, o il semplice richiamo corale che arriva dal basso. Lei si affaccia, o scende (se troppo lontana per udire), e inizia la serenata.

Chi: lo sposo deve in qualche modo partecipare alla fase canora. Può certamente essere assistito da altri cantanti, può scrivere un testo, o suonare. Se proprio non vuole cantare deve comunque aprire e chiudere lui la serenata con una dichiarazione d’amore o una poesia. Deve anche scegliere i testi o scriverli personalizzando la serenata, ma in modo che tutti possano capire i riferimenti. Anche altri amici possono decidere di unirsi al gruppo e intonare qualcosa in omaggio agli sposi.
 

   
   

 


 


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