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Eruzioni vulcaniche in Islanda
Intervista esclusiva al Ten. Col. Massimo Morico dell’Aeronautica Militare

 Prosegue l’emergenza provocata dall’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull nel sud dell’Islanda. Da poco ha iniziato a eruttare anche un altro vulcano, l’Hekla, sempre nel settore meridionale dell’isola. Per fare il punto della situazione abbiamo intervistato il Tenente Colonnello Massimo Morico dell’Aeronautica Militare, noto meteorologo Rai e presidente onorario della nostra Associazione.

Il trasporto aereo di mezzo mondo è paralizzato e l’Europa intera è col fiato sospeso per l’eruzione di un vulcano islandese con un nome impronunciabile. Che sta succedendo?

«L’eruzione dell’Eyjafjallajökull non è un fenomeno anomalo, anzi, s’era già verificata nel 1621 e nel 1821. Ma a quei tempi non esistevano ancora gli aerei, e la nube di cenere che invase l’Europa passò quasi inosservata».

Ma adesso ha iniziato a eruttare anche un altro vulcano Islandese, l’Helka.

«E’ ancor meno pericoloso dell’Eyjafjallajökull e le sue eruzioni sono molto frequenti, solitamente erutta una volta ogni dieci anni».

Quindi si tratta di eccessivi allarmismi?

«L’Eyjafjallajökull non è uno dei più pericolosi vulcani dell’Islanda: il Laki e soprattutto il Katla sono i più temuti dalla popolazione della splendida isola nord/Atlantica perchè hanno caratteristiche particolarmente estreme. Il Laki porta con sè ricordi tragici per il Regno Unito, perchè nel 1783 eruttò dando vita a una nube tossica di ceneri e gas piena di anidride solforosa e acido solforico uccidendo più di 23mila persone proprio in Gran Bretagna. Il Katla è un vero incubo, il vulcano islandese più pericoloso. Dista poche decine di chilometri dall’Eyjafjallajökull di cui è anche detto "fratello maggiore". Tutti questi vulcani sono circondati dai ghiacci. Il ghiaccio che circonda il Katla è grande cinque volte quanto quello dell’Eyjafjallajökull! Una sua eventuale eruzione potrebbe provocare uno scioglimento di tantissimo ghiaccio tale da inondare gran parte dell’isola, e le quantità di polveri emesse nell’atmosfera sarebbe eccezionale. Secondo alcuni esperti Islandesi, l’eruzione dell’Eyjafjallajökull potrebbe anche dar vita a una serie di eruzioni a catena, e soprattutto a quella del Katla. Ma sono solo previsioni».

In termini scientifici, quant’è intensa quest’eruzione? La nube di polveri e ceneri vulcaniche è significativa?

«L’Eyjafjallajökull non sta immettendo moltissime ceneri nell’atmosfera. Per valutare ciò esiste un indice, il VEI (Volcanic Explosivity Index) che, nel caso dell’eruzione di questi giorni, è pari a 2. L’Eyjafjallajökull ha registrato una emissione massima pari a 4 milioni di metri cubi di terra. Per fare un confronto, nel 1991 il Pinatubo, nelle Filippine, raggiunse un indice VEI pari a 6 dando vita a emissioni di terra pari a undici miliardi di metri cubi».

Quella fu un’eruzione che determinò sconvolgimenti climatici non indifferenti, vero?

«Nel 1991, l’eruzione del Pinatubo diede vita a un’altissima colonna di fumo che riuscì ad attraversare la tropopausa e raggiungere la stratosfera. L’atmosfera, infatti, è divisa in strati: la parte più bassa, dal suolo fino a circa 10.000 metri di altitudine, è detta ’troposfera’. La tropopausa è la linea immaginaria che separa la troposfera dalla ’stratosfera’, il secondo strato dell’atmosfera che si estende dai circa 10.000 metri ai circa 50.000. Nella stratosfera, al contrario che nella troposfera, le polveri vulcaniche si disperdono molto più lentamente e contribuiscono all’azione delle molecole di ozono che schermano i raggi ultravioletti emessi dal sole. La nube vulcanica del Pinatubo creò, nella stratosfera, un velo capace di schermare fino al 10% della radiazione dolare, facendo diminuire la temperatura del pianeta di circa mezzo grado centigrado nei mesi successivi all’eruzione. Il Pinatubo è chiamato anche ’Vulcano Grigio’ per l’assenza quasi totale di lava incandescente, e l’eruzione di questo tipo di vulcano è più pericolosa perché altamente esplosiva. Produce, inoltre, colonne alte decine di chilometri con materiale incandescente misto a gas e ceneri da cui si generano nubi capaci di sconvolgere il clima mondiale. E infatti nei mesi successivi all’eruzione del Pinatubo il clima del pianeta fu sconvolto. L’inverno 1991/1992 fu uno dei più caldi del secolo scorso in Siberia, ma contemporaneamente Gerusalemme veniva colpita da continue bufere di neve e nel Mar Rosso morivano inspiegabilmente i coralli».

Ma l’eruzione di un altro vulcano, il Tambora, circa due secoli fa, ebbe effetti ancor più devastanti sul clima. Come mai?

«Perchè fu ancora più violenta. Quello del Tambora, in Indonesia, è il fenomeno più estremo che ricordiamo. Tra 10 e 11 aprile 1815 il vulcano eruttò materiali fino a 150/180 chilometri cubici, riducendo l’altezza del vulcano da 4100 a 2850 metri sul livello del mare. Le ceneri lanciate nell’atmosfera oltrepassarono subito la tropopausa andando ad espandersi nella stratosfera e oscurando il sole tanto da raffreddare la temperatura dell’intero globo addirittura di 3 gradi centigradi, e facendo sì che il 1816 non conoscesse una vera estate. Il 1816 viene infatti ricordato come l’anno senza estate! L’eruzione del Tambora causò 22mila morti provocati sia dai lapilli che cadevano dal cielo che dai violenti maremoti intorno all’isola di Giava, in Indonesia, ma i danni all’intero pianeta di un anno senza stagione estiva furono incalcolabili».

Com’è che si determinano i cambiamenti climatici dall’eruzione di un vulcano?

«Particelle di polvere finissime come la cenere dei vulcani impiegano 3 anni per essere rimosse dall’atmosfera. Se superano la tropopausa possono rimanere sospese anche per anni nella stratosfera. Se, quindi, l’eruzione è intensa, si può creare un filtro tra Sole e Terra che riduce il riscaldamento».

L’eruzione dell’Eyjafjallajökull può provocare cambiamenti climatici?

«No, almeno per il momento. La nube di cenere emessa dall’Eyjafjallajökull non ha superato i 7/8 mila metri di altitudine, e non è quindi arrivata nella stratosfera. Le ceneri si sono diffuse moltissimo sull’Europa ai bassi strati, concentrandosi soprattutto a quote comprese tra i 1700 e i 3400 metri di altitudine, andando così a compromettere il traffico aereo. Ma le ripercussioni sul clima saranno praticamente nulle perchè il volume di terra emesso è davvero poco consistente, almeno fino ad ora, e non ha raggiunto la stratosfera».

Quanto durerà ancora l’eruzione? E’ possibile fare previsioni? E come evolverà?

«Nessuno può sapere quanto durerà ancora quest’eruzione: un mese? Due? un anno? L’ultima del Eyjafjallajokull è durata 14 mesi, poco più di un anno. Ma non tutte le fasi dell’eruzione sono intense come quella dei giorni scorsi. Già nelle ultime ore l’emissione di cenere è praticamente quasi del tutto cessata mentre dalla bocca del vulcano fuoriescono grandi quantità di magma. L’eruzione continua e adesso possono anche aprirsi nuove fratture che, a loro volta, potrebbero determinare lo scioglimento di altri blocchi del ghiacciaio e quindi l’arrivo di acqua al magma, aumentando nuovamente l’esplosività del vulcano che dipende direttamente dall’afflusso di ghiaccio e acqua sulla lava bollente. Continuiamo quindi a monitorare con attenzione la situazione, perchè nessuno può dire se il fenomeno si va affievolendo o se addirittura degenererà aggravandosi ulteriormente. Come al solito, le previsioni in questi casi lasciano il tempo che trovano ed è bene quindi affidarsi alla diretta e al tempo reale».

La nube è ormai sul territorio dell’Italia centro/settentrionale da quasi due giorni, e nelle prossime ore dovrebbe invadere anche il centro/sud spostata dai venti nord/occidentali. Cosa potrà accadere?

«Nulla di particolare. La ripercussione più grave sarà quella di possibili ulteriori ritardi al trasporto aereo anche al centro/sud. Ma il Ministero e le varie Agenzie Comunitarie come l’Oms hanno garantito che non ci sono rischi per la salute, perchè la nube è molto diluita e rarefatta. Nè, come abbiamo già spiegato, sono immaginabili ripercussioni sul clima. La nube non deve fare paura. Disagi ai trasporti aerei a parte, è praticamente ininfluente. Anzi, potrà regalare affascinanti scenari nel cielo, soprattutto all’alba e al tramonto, con giochi di luci, riflessi e ombre che alterano i colori consueti e regalano quindi scenari particolarmente curiosi e originarli».

 Peppe Caridi (meteoweb.it)

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