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I Gagliatesi e i Nanoscienziati

   


Anche questo anno si è tenuto nella Piazza Vitale a Gagliato il consueto convegno pubblico sulla Nanotecnologia, giunto alla terza edizione e atto conclusivo di una serie di simposi scientifici tra “nanoscienziati”, come vengono chiamati tra i vicoli del paese.
Premesso che i gagliatesi hanno poca dimestichezza con le dimensioni ridotte, visto che la cosa più piccola che conoscono è un vitello di 150 Kg che pascola bellamente sui prati a ridosso del cimitero, c’è da chiedersi cosa rimanga del passaggio di questi nanoscienziati per le vie del paese.
 Credo siano tre cose.
La prima è la semplicità con la quale hanno vissuto questa esperienza. A chiunque fosse capitato di attraversare il paese avrebbe visto degli uomini in bermuda e ciabatte riunirsi ad una panchina per parlare degli utilizzi della Nanotecnologia nella cura del cancro. Verrebbe da pensare che avendo conosciuto l’infinitamente piccolo dell’Uomo ne abbiano scorto così tanti difetti da capire che è sciocco pavoneggiarsi come esseri superiori. Come spiegare altrimenti la continua disponibilità verso la gente del luogo?. Salutano tutti, dispensano sorrisi e si fermano ogni volta che qualche gagliatese alza il ditino per fare una domanda. Privi di quella spocchia baronale che invece abbiamo conosciuto all’Università e che ci costringeva alla riverenza fantozziana, incontrando il professorone per le scale della facoltà, anzi intrisi di quella cultura anglosassone secondo la quale conta il merito nelle sue forme piuttosto che la forma di ogni merito.
La seconda cosa che rimane da esempio a Gagliato è la vivacità delle loro azioni. Alla mattina presto li avreste visti col naso all’insù ad osservare cosa accade sui tetti delle case, in giornata li avreste incontrati a mare pronti a scottarsi pur di giocare tra le onde come i più discoli tra i bambini - a proposito, non ho mai capito perchè tra loro ci sia sempre qualcuno del nord Europa che non impara a proteggersi dal sole con quella pelle color mozzarella - ed in serata li avreste ritrovati a scherzare e ridere mentre disponevano piani quinquennali per nuovi strumenti da inventare nel futuro. Il tutto dicasi in una giornata quando io nello stesso tempo riesco solo a pensare a cosa cucinare a pranzo.
E veniamo alla terza cosa, che però mi viene un po’ difficile da raccontare.
Si tratta della loro consapevolezza e del loro coraggio. Mi spiego meglio. Molte volte ho sentito Mauro Ferrari - se qualcuno volesse scaricare il suo curriculum vitae da Google dovrebbe armarsi di una nuova cartuccia per la stampante per quanto è lungo - ripetere agli astanti che gli scienziati invitati hanno un talento ma non lo hanno meritato bensì gli è caduto dal cielo. Insomma sono in debito con il mondo e qualcosa di buono debbono fare perchè l’occasione avuta non si sprechi.
Mi ricorda una citazione del Prof. Savater Fernando quando diceva: non siamo liberi di far accadere gli eventi ma siamo liberi si scegliere come affrontare gli eventi. Così Mauro Ferrari e i suoi colleghi sono consapevoli di cosa fare e si sentono liberi di poterlo fare. Certo questo però non basterebbe a fare la loro fortuna, c’è dell’altro. Cos’è?
Il coraggio di fare le cose. Loro pensano e realizzano senza paura di sbagliare, senza quel timore del futuro e dei cambiamenti, privi di quel pessimismo atavico che soffoca la Calabria. Noi distruggiamo l’esistente e se qualcuno prova a fare qualcosa lo sommergiamo di critiche a prescindere.
 Nei secoli abbiamo imparato a rifiutare la libertà di scegliere scampando alle responsabilità, pronti piuttosto ad incolpare il destino e le circostanze avverse se qualcosa in Calabria non va. Il loro coraggio e la loro positività sono dunque l’esempio più importante che lasciano alla comunità gagliatese al punto da farmi ricredere sulle mie speranze.
Se primo mi votavo al Grandissimo che ci osserva dall’alto nella speranza di un cambiamento in Calabria, vuoi vedere che ora mi tocca imparare da un uomo che osserva l’infinitamente piccolo?.
Roba da matti!   

 Filippo Apostoliti

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