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Alla luce di quanto succede in molte regioni d’Italia, ritengo sia ineludibile, per chiunque si candida alla guida della città di Soverato, assumere impegni concreti sul fenomeno, non più rinviabile, della raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti solidi urbani.  Pertanto, ripropongo con forza quanto da me scritto su Punto&@capo a febbraio u.s.

Nessuno si illuda, il fenomeno dell’invasione dei rifiuti, toccherà ben presto anche Soverato.
 

   

Soverato? La sogno così
di Fausto Pettinato

   
 Immaginiamo di passeggiare in una città che non inquina. Di entrare in case dove tutto funziona grazie ad impianti fotovoltaici e con l’energia ricavata dai rifiuti delle famiglie che la abitano, trasformata in biogas da una centrale nelle vicinanze. Dove l’acqua piovana si raccoglie per innaffiare i giardini. Immaginiamo un sistema di raccolta dei rifiuti urbani che sono recuperati, trattati e riutilizzati. Niente cassonetti, niente camion della spazzatura. E poi trasporti pubblici elettrici che ogni dieci minuti ti portano dalla periferia in centro e viceversa, e con solo macchine elettriche. Immaginiamo tutte le strade con la pista ciclabile. Immaginiamo che tutti i Bambini/e e Ragazzi/e andassero a scuola in bicicletta o a piedi, e potessero liberamente giocare sotto casa, negli spazi liberati dalle lamiere delle auto di oggi. Immaginiamo la città piena di alberi di limoni, arance, mandarini e fiori, senza più la vista degli obbrobriosi cassonetti della spazzatura. E infine, immaginiamo che proprio Soverato, diventasse la città più ecologica d’Italia. È utopia? È un sogno? Eppure, in giro nel mondo ci sono città o enormi quartieri tre volte Soverato che già sono molto avanti nel tempo rispetto a questi temi: Hammarby 25 mila abitanti quartiere di Stoccolma; lo stesso dicasi per quartieri enormi di Copenhagen; Helsinki, Hannover, Friburgo, in Europa. In America ci sono città intere come Portland; Curitible in Brasile, giusto per citarne alcune. È utopia immaginare che Soverato potrebbe, nel giro di dieci anni, trasformare un problema nella sua ricchezza? Penso proprio di no, anzi, potrebbe ritagliarsi il nome di Soverato doc con zero inquinamento. Utilizzando le risorse naturali quali: il mare e lo iodio marino, il sole e il clima sempre mite, per ritagliarsi un ruolo competitivo con tutto il mondo, dove il turismo della salute, del riposo, del benessere, del divertimento, dell’ospitalità e dell’ecosistema, potrebbe diventare il core-business e il salto di qualità. Investire urgente nell’energia solare. Per fare ciò, è necessario liberare spazi mal gestiti e male utilizzati, per attrarre investimenti di strutture ricettive e beauty farm di altissima qualità, fino a raggiungere almeno una capacità di 10 mila posti letto. E’ necessario rivendicare risorse d’investimento straordinario al Governo Italiano e Regionale per un progetto ambizioso. Insomma, è giunto il momento di una riprogettazione radicale di questa città, a partire dall’arenile per finire in collina. Questo potrebbe essere anche un modo più intelligente di come sfruttare al meglio le risorse dei fondi Europei straordinari; ma, è altrettanto importante che la popolazione si contamini e partecipa attivamente fin che si convinca che un’idea utopistica, potrebbe far diventare Soverato una città ambita e soprattutto, con zero inquinamento che, da ex perla dello ionio, diventerebbe l’isola della felicità e della salute. E se questo progetto non dovesse incontrare accoglimento delle istituzioni sovra comunali, la città dovrebbe trovare anche il coraggio di chiedere il distacco territoriale dalla Calabria, per essere annessa magari al Trentino Alto Adige. Si sa, nell’ultimo quarto del secolo scorso, la tecnologia introdotta in tutti i sistemi di lavoro e produzione, ha liberato quantità enormi di ore di lavoro in eccedenza, rispetto al vecchio modo dei processi produttivi. Ciò, ha causato, e il processo continua, un forte aumento della disoccupazione, soprattutto in realtà dove l’offerta a cambiare lavoro, è inesistente. Non oltre, la perdita di un lavoro e le scarse possibilità per le giovani generazioni di entrare nel mondo del lavoro, hanno provocato un’instabilità e insicurezza sociale, aggravata anche dalle forme flessibili introdotte nel mondo del lavoro. Frutto delle politiche ultraliberiste che hanno smantellato gradualmente quello stato sociale che, forse al contrario andava rafforzato, dovuto proprio allo stravolgimento delle forme di produzione. Infatti, non si tratta al contrario del 1929 di un capitalismo in crisi, è la crisi del capitalismo che scuote profondamente la società. Insomma, la storia sta tornando indietro. La persona e l’essere umano giacché tale, di nuovo considerato scambio di merce usa e getta e consumatore passivo, che tristezza!… Se questo è il panorama, non rimane che ripartire dalle piccole comunità per ritrovare un senso di appartenenza a una collettività e la gioia di vivere e sentirsi utili. Le persone, si devono riappropriare del capitale immateriale insito in ognuno di noi che diffondendosi genera conoscenza supplementare. Infondo, comprendiamo solo ciò che sappiamo, e sappiamo solo ciò che siamo capaci di comprendere. Il lavoro è una necessità non un bene. Il suo sapere perde metà del suo valore in un lasso di tempo sempre più breve. Per cui, si impone una nuova ripartizione del volume di lavoro decrescente, tra un numero crescente di attivi; attraverso cui il tempo liberato, lo si usi per la cura di sé e dell’ambiente, di aiuto reciproco, educativo, artistiche, nella sfera privata e pubblica. Per esempio: un modo per stravolgere il modus vivendi attuale, potrebbe essere la creazione di una banca ore di disponibilità da parte di tutti i cittadini, a favore della comunità. Nel senso che, ogni persona dedicherebbe autonomamente ore della propria professionalità a favore degli altri. Come? Un Medico che avrebbe bisogno dell’Idraulico, attingerebbe dal monte ore alla sua prestazione, e viceversa; un Informatico, potrebbe dedicare ore per l’evenienza sia al singolo cittadino sia alla pubblica amministrazione; i cittadini residenti in una strada, potrebbero dedicare tempo del monte ore alla cura e alla pulizia della stessa, e via di questo passo. Il tutto, gestito in forma telematica con il monte ore globale e per singola figura, e ognuno saprebbe in tempo reale quante ore ha dedicato agli altri, e quante ne può usufruire e per tipologia.

Se tutto questo è un sogno, so solo che i sogni si possono realizzare con la forza delle idee; per tentare di fare della “miseria del presente, la ricchezza del possibile”.

Soverato 12/12/10

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