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Proposta indecente per battere Berlusconi

   
Da oltre un mese il sonno degli italiani è turbato da un esercito di barbari che attacca il Cavaliere solitario.

Il 14 dicembre scorso, Fini si era illuso di rovesciare Berlusconi con un colpo di stato alla camomilla, pensando di interpretare il sentimento di milioni di italiani sparsi per lo stivale; si era però scordato di interpretare il sentimento di qualche suo sottodelfino, e dei 600 e dispari italiani che siedono in Parlamento  e che non erano molto disponibili a rinunciare alle loro comode poltrone per consentire a lui di occuparne una più in alto

E così, Fini, il delfino che voleva diventare squalo, dopo l’ennesima figuraccia della sua brillante carriera politica, è tornato alla sua solita occupazione: parole, parole, parole

In questi giorni Di Pietro e i suoi amici, individuato il vero punto debole del Berlusca (le donne), pensano di farlo sgambettare dall’ennesima stangona coi tacchi a spillo, ed è pure probabile che ci riescano.

Ma credo che alla fine Belzebù rimarrà sul predellino, perché in fondo lui incarna le aspirazioni mica tanto nascoste dell’italiano medio: donne, soldi, potere, e fare quello che gli pare.

Non hanno ancora capito che se vogliono battere Berlusconi non devono combatterlo, ma farselo amico: Promoveatur ut amoveatur, “promuovere per rimuovere” direbbero i latini, che in fatto di politica la sapevano lunga.

E allora, lancio questa proposta indecente: Berlusconi al Quirinale!

Già, l’unico modo per levarselo di torno è eleggerlo Presidente della Repubblica.

In fondo, la massima carica dello Stato è puramente onorifica, perché il vero potere sta nelle mani del premier (basta vedere oggi!), che è capace di comandare in Parlamento sia amici che avversari: Fini docet.

Non scandalizzatevi, pensateci bene:

ma ce lo vedete Silvio, come Presidente della Repubblica, costretto a difendere l’unità d’Italia dalle intenzioni secessioniste di Bossi, il suo maggior alleato?

Oppure, come Presidente del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), costretto a difendere quei magistrati che oggi attacca?

E infine (o anzitutto!), vivendo a Palazzo del Quirinale e non più a Villa San Martino, costretto al rigido protocollo che impone cena, carosello e alle nove a letto, senza donnine e festini vari?

Morirebbe di noia, se non di crepacuore, povero Silvio.

P.S. : Fermi tutti, scherzavo: non vorrei sorbirmi qualche paternale, proprio io che sono stato cresciuto da suore e preti.

Michele Repice Lentini
 

   
   


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