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Claudio Maria Pennisi in “l’illusionista”

     
All’improvviso un boato: ogni spettatore era in piedi e applaudiva vigorosamente. Lo spostamento d’aria fece dissolvere il fumo e apparve il suo volto sudato, soddisfatto, sorridente. Il pubblico gli tributò l’ennesimo scroscio di mani mentre lui lasciava con passo svelto, quasi correndo, la scena.

Una mano sulla spalla lo scosse. Svegliarlo di soprassalto lo rese irascibile al punto che, infastidito, mormorò sottovoce, quasi per non disturbare lo spettacolo ormai finito: “Smettila! Stai dando fastidio a tutti!”.

Il fiume umano scorreva con difficoltà ingolfato dalla stretta porta che dava sulla strada mentre le mani ancora calde rovistavano nelle tasche alla ricerca delle chiavi. I baveri si sollevavano e la musica delle automobili intonava la sinfonia delle accelerate per riscaldare i motori sostituendosi definitivamente a quella dei violini.

Un’ altra puntata della vita era passata. Ora la notte incombeva minacciosa sulla sobrietà, sull’attenzione, sulla compostezza di ognuno. Presto tra le braccia di Morfeo si sarebbero riorganizzate le idee: tutti avrebbero ricevuto un voto riflesso nelle numerose tracce di matita rossa e blu, per ripartire, al trillo della sveglia, per un’altra puntata, più consapevoli.

L’illusionista scoprì, quella notte, che il primo tra gli ingannati era proprio lui, perchè consapevole del trucco non si poteva certo impressionare ed emozionare come il pubblico.

L’addormentato, ormai sazio di sonno, contava le pecore inutilmente e puntando il soffitto si rese conto che ogni cosa va fatta a suo tempo.

Il pubblico capì che aveva pagato per farsi confondere e stanco di cercare di scoprire il trucco si girò dall’altra parte sperando inutilmente di sognare la soluzione o almeno… ancora un’emozione.

Ognuno comunque aveva avuto la sua parte di delusione e felicità ma nessuno capiva su quale gradino del podio salire.

Il mattino seguente tutti avevano imparato una cosa importante: che il sole era sorto per tutti. Il grande dono della luce non aveva fatto preferenze, come se tutti fossero stati uguali; anzi certamente tutti uguali seppur diversamente! Uno per uno, a turno, un giorno attori uno dormienti e un’ altro spettatori.

… Tranne uno! Solo uno sulla terra pensa ancora di essere il migliore il più bravo e intelligente, inimitabile e insostituibile e per ciò vorrebbe fare sempre il saputello. Come vorrei che qualche professore mi degnasse della risposta: è un pregio o un deficit?

Ma, già, i pesci non parlano. 

 Claudio Maria Pennisi 
 

   
     

RISPOSTA A “PENNISI”

 Al sedicente “Pennisi”, ecco l’unica risposta che merita: un altro si scrive senza apostrofo; egli, privo di istruzione, poveretto, lo scrive “un’altro”. Vedi capoverso 9, rigo 3. Pinocchio, e non solo perché dice bugie.

Ulderico Nisticò


Mannaggia!

Mannaggia, mannaggia, mannaggia! Mannaggia l’apostrofo! Ben venga, però, quando fa parlare i pesci: d’altronde i Pennisi, si sa, sono abili pescatori. Evidentemente i polpi sono sempre polpi. Censura finita? Potrei dirle che l “” amo… a queste condizioni, posso dirle solo “esca”.

Claudio Maria Pennisi


 

   
   

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