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10 Settembre 2000... il mio ricordo...

   
Per Soverato il 10 settembre 2000 rappresenta una di quelle date che difficilmente la storia e il corso degli eventi, presenti e futuri, potranno cancellare dalla memoria. Tutti, per la prima volta, abbiamo avuto a che fare con una vera e propria tragedia, che lascerà una traccia indelebile nei nostri ricordi. Personalmente, a distanza di 11 anni, non mi viene difficile ripercorrere le ore e i momenti che hanno preceduto quell’evento, e quelli immediatamente successivi, visto che in quella tremenda serata, la mia storia personale ha “sfiorato” quella del Camping Le Giare e dei suoi sfortunati ospiti. Il 9 settembre 2000, classico sabato di fine estate per Soverato, in una stagione che per molti versi, soprattutto metereologici, aveva avuto l’andamento di quella del 2011, ci trovavamo a cena a casa del caro amico Paolo, a Satriano Centro, per festeggiare la fine di un mini tour di spettacoli che avevamo organizzato insieme ad una nota palestra di Soverato, ed in circa 20/25 persone ci si intratteneva a scherzare e commentare sui vari accadimenti estivi. Ad un certo punto della serata si rese necessario scendere fino a Montepaone Lido, poiché il padre di Paolo non rispondeva al telefono, e visto che il tempo, già alle 8 di sera, non prometteva bene, pioveva già da qualche ora in maniera copiosa,  insieme a Paolo mi misi in macchina per evitargli il viaggio, seppur breve, da solo e scendemmo verso il mare. Già nella parte di strada immediatamente fuori dal paese di Satriano, le colline cominciavano a franare e sul percorso fummo costretti a schivare una serie di piccole pietre presenti sull’asfalto. Arrivati nei pressi di Soverato, attraversammo tutta la città per giungere allo svincolo con il camping, e lì ci accolsero alcuni fuochi d’artificio che provenivano dalla discoteca del campeggio. Con quel tempaccio e in quella serata subito ci chiedemmo cosa ci fosse da festeggiare e chi avesse voglia di farlo in quella situazione, ma la risposta ci arrivò solo il giorno dopo, visto che si trattava proprio del gruppo dell’Unitalsi che, avendo finito da poco la cena, nonostante le condizioni proibitive, non aveva voluto rinunciare a chiudere con una serata allegra la vacanza a Soverato. Il nostro percorso proseguì per Montepaone Lido e, dovendo raggiungere il quartiere che si trova subito all’inizio del paese, a destra del primo passaggio al livello, provammo a scendere dalla stradina che passa al di sotto del secondo ponte ferroviario e che conduce anche al camping Soleado. Subito sotto al ponte rischiammo di rimanere bloccati con la macchina nel fiume, in quanto non ci eravamo resi conto di quanto si fosse ingrossato anche il torrente che scorre in parallelo con il Beltrame, e che per noi fino a quel giorno prima non rappresentava niente di più che un arido ed asciutto letto di fiume. L’impeto dell’acqua era fortissimo e in poco tempo il livello del torrente arrivò a metà dello sportello, quindi in maniera repentina facemmo dietro-front per utilizzare la via principale che passa attraverso la ferrovia. Arrivati finalmente a destinazione, trovammo il padre di Paolo intento, dopo aver messo al sicuro l’abitazione prospiciente il mare, ad osservare uno spettacolo che, anche ai nostri occhi, aveva un qualcosa che si trovava a metà tra lo straordinario e lo spaventoso, il mare era in tempesta e sembrava uno di quei cavalli imbizzarriti, che prima del rodeo vengono legati e stretti con forti funi per evitare che sfoghino troppo presto la loro voglia di fuga e libertà. Non so da cosa o da chi volesse fuggire e liberarsi il mare in quella serata, ma vederlo in quelle condizioni ci fece cominciare a pensare e a preoccupare sulle condizioni metereologiche che stavano maturando. Ritornammo a Satriano raccontando tutto quello che avevamo visto, ma la serata proseguì in maniera normale, nessuno potendo prevedere quelli che sarebbero stati poi i futuri sviluppi, anche se dal canto mio preferii abbandonare con anticipo la compagnia, visto che dopo un nuovo sguardo al tempo mi accorsi che facevo fatica a distinguere gli oggetti al di fuori della finestra talmente la pioggia era diventata fitta e copiosa. La serata per me si chiuse lì. Il mattino dopo fui svegliato all’improvviso da mia madre che, quasi in lacrime, mi riferiva delle notizie che attraverso Televideo cominciavano a giungere e ad avere la ribalta nazionale. D’impeto pensai che dovevo in qualche modo raggiungere il camping per capire quello che era realmente successo, ed allora presi la bicicletta e cominciai a pedalare in direzione Montepaone, le strade erano già tutte bloccate e quello era l’unico mezzo con cui mi avrebbero potuto far avvicinare al luogo dell’accaduto, e così fu. Strada facendo non si faceva altro che incontrare fango e detriti sulla carreggiata, a conferma di quanto doveva essere stata tremenda la nottata, arrivando sul luogo della tragedia, intorno alle 10,30, ricordo che, seppur fossero già al lavoro almeno un centinaio di persone, il silenzio era irreale. In molti come me avevano usato le due ruote per arrivare lì, e non potevano far altro che osservare l’operato dei soccorritori, dei volontari e degli amministratori dell’epoca, anche loro intenti ad aiutare, a scavare, a trasportare i resti delle povere vittime, con la grande, ma debole, speranza di trovare qualche traccia di vita sotto quell’enorme tappeto fangoso. A quel punto della mattinata si era già capito la gravità dell’accadimento, e ci si poteva solo limitare ad una triste raccolta e conta dei cadaveri. Volli quindi provare a pedalare verso il mare, per osservare in quale stato fosse, e lo ritrovai, dopo averlo lasciato la notte prima furioso e in tempesta, in uno stato di calma incredibile, quasi come se avesse alla fine sfogato tutta la sua furia ed avesse perso tutte le sue energie, il colore era marrone intensissimo, un tutt’uno con il fiume, ed era la cosa che impressionava di più e che ancora spaventava, quasi come la sera prima. Il resto della storia lo conosciamo tutti e non mi addentro oltre, per rispetto delle vittime e di chi forse ancora paga o ha pagato una serie di circostanze, soprattutto naturali, che raramente riescono ad intrecciarsi in maniera così tragica e a provocare giornate che poi si ricordano in maniera così triste. A noi rimane il ricordo di una serata in cui per gli ospiti del campeggio il passaggio dal divertimento alla profonda disperazione è stato brevissimo, e una data che, nel massimo rispetto delle vittime e della tristezza che sempre le accompagnerà, forse anche per Soverato ha rappresentato l’inizio di una parabola discendente che ancora non riesce ad invertire la sua traiettoria.

Corrado Corradini
Soveratiamo

   
   

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