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Non confondiamo la confusione ...

   
Caro professor Nisticò, tanto per cominciare mi scuso per il fatto che nel sito i contributi appaiano dietro il nickname di registrazione invece che con il mio nome e cognome...

Mi chiamo Antonio Scopelliti, ed anche se non ci conosciamo personalmente, ci siamo tante volte incrociati durante gli anni 90, quando frequentavo il Liceo dei Salesiani dove anche lei insegnava (io sono stato allievo non suo ma del prof. Ligato).

Ora che abbiamo fatto le presentazioni mi permetto di risponderle nonostante il suo invito a non farlo.
Per quanto riguarda la guerra navale sull'Atlantico, uno storico come lei dovrebbe sapere che se le battaglie si vincono infliggendo al nemico perdite maggiori di quante se ne subiscano (almeno nella maggior parte dei casi, Pirro docet!), l'esito delle guerre non dipende esclusivamente dagli scontri singoli, ma c'è un complesso gioco di tattiche e strategie dietro alla vittoria finale.

In particolare la guerra impostata dai Tedeschi nel Nord dell'Atlantico ricordava molto da vicino, ironia della sorte, quelle che avevano fatto la fortuna del famoso Sir Francis Drake. L'obiettivo non era quello di ingaggiare e distruggere la flotta nemica, ma quella di impedire gli approvvigionamenti ed in generale la logistica.

Il motivo di questa scelta era duplice: da un lato la potenza navale germanica era stata azzerata a causa dei trattati di disarmo firmati l'indomani della sconfitta della prima guerra mondiale, dall'altro gli inglesi forti del loro vasto impero, vantavano una serie di approdi sicuri da cui era virtualmente impossibile stanare eventuali prede. Perciò l'unica alternativa era colpire in alto mare, possibilmente convogli male scortati, con il duplice scopo di interrompere i rifornimenti e distrarre parte delle forze del nemico.

Se è vero che le battaglie combattute dai gioielli navali tedeschi si possono contare sulla punta delle dita, si vada a rileggere il dispiegamento di mezzi usati dagli inglesi per dar la caccia alla Graf Spee (che per inciso si è auto-affondata in Uruguay e non in Argentina, dopo che, a causa dei pesanti danni ricevuti nella battaglia di Rio della Plata, aveva riparato nel porto neutrale di Montevideo, dove contava di poter fare le riparazioni necessarie per riprendere il mare, cosa che gli fu negata su spinta diplomatica Britannica). Infatti la squadra che la intercettò era composta da ben 3 incrociatori (un quarto era stato costretto a fermarsi per un'avaria), ma altre 2 squadre di simili dimensioni le davano la caccia per tutto l'atlantico. E se per lei una dozzina di unità navali (senza contare le navi appoggio) alla disperata ricerca di una sola, singola, nave nemica sono noccioline...

Quanto alla Bismark, è vero, affondò un unico obiettivo (l'Hood, ma mise anche fuori uso la Prince of Wales, in compartecipazione con l'incrociatore Prinz Eugen), ma stavolta la squadra navale in gioco per far fuori il colosso tedesco contava una decina tra portaerei (2) incrociatori ed altre navi da battaglia.

Quanto alla Tirpitz, opportunamente nascosta tra i fiordi norvegesi, ma anche la Deutschland, gemella della Graf Spee, rinominata in fretta e furia e destinata ad altra mansione per evitare che una nave con il nome della propria nazione potesse subire l'onta di una sconfitta, impegnarono da ancorate, una discreta quantità di forze nemiche, deputate alla scoperta ed al successivo compito di renderle inoffensive.

In pratica 5 navi 5, che da sole impegnano fior fiori di mezzi ed uomini (facendo un rapido calcolo, dalle 30 alle 50 unità operative si dedicarono all'esclusivo compito di "caccia" ad un così numeroso nemico), aldilà dell'affondamento delle stesse, è una vittoria tattico strategica senza appello.

Se a ciò si unisce che la lotta alla feroce guerra di corsa combattuta dai formidabili u-boot, ebbe una svolta solo grazie alla fortuita cattura di uno di essi, prima che l'equipaggio riuscisse a distruggere il sistema di cifratura delle comunicazioni (macchina "Enigma" e relativo indispensabile cifrario). La vera forza di questi natanti, infatti, risiedeva nell'attività di caccia coordinata (che si appoggiava sulle segnalazioni di navi civili o camuffate), supportata da comunicazioni indecifrabili per gli alleati. Rotta la cifratura, vinta la guerra...

In tutto ciò non mi risulta che sommergibili Italiani fossero dotati di Enigma e relativi cifrari, quindi non riesco a capire quale possa essere il beneficio apportato alla causa tedesca da parte delle unità della Regia Marina da lei citate, se non forse a titolo di "azione diversiva"...

Quanto al discorso della discesa in guerra, ciò che si rimprovera a Mussolini non è la presa di posizione, quanto l'assoluta inadeguatezza della forza militare Italiana, al momento dell'entrata in guerra, e per mezzi, e per preparazione a tutti i livelli. Mussolini confidava nella rapida capitolazione Franco Britannica (e la velocità con cui i Francesi furono sbaragliati lo trasse fatalmente in inganno), d'altra parte il prode Badoglio non fu da meno, quando, calandosi letteralmente le braghe, firmò l'armistizio agli Americani (mica agli Inglesi!)... vai a pensare che quei cattivoni dei Tedeschi potessero risentirsi della cosa, ed invece che tornarsene alla chetichella a casa propria, fomentassero la più grande guerra civile nel nostro paese dai tempi di Giulio Cesare!

Infine aggiungo che con me sfonda una porta aperta sull'ipocrisia/opportunità di mandare all'estero nostri soldati in "missione di pace" (ma se è di pace, a che gli servono i fucili?). D'altra parte Sun Tzu nel suo istruttivo "L'arte della guerra", sottolinea come mantenere un esercito in armi, fuori dai propri confini, prosciuga rapidamente le risorse economiche, e se è vero che tra logistica e supporto ogni singolo soldato di una "missione di pace" arriva a costare anche un milione di dollari l'anno, facendo due conti, forse avrei un'idea di come evitare l'incremento dell'IVA previsto per il prossimo giugno...

Concludo con l'unica nota sgradevole, perché, in generale, il confronto dialettico non mi dispiace, e si impara soprattutto confrontando le proprie idee con quelle altrui, per quanto diverse. Però se è davvero convinto che l'analisi (e le motivazioni) che le ho portato siano frutto di come dice lei? "approssimazioni da rivista letta perché dimenticata da passeggeri in scompartimento ferroviario", la invito a rinnovare l'impianto audio-visivo di casa sua (leggasi proiettore anni '40), con un nuovo home theater dotato di lettore DVD o BlueRay... i suoi preziosi filmati dell'Istituto Luce adesso lì può trovare anche su supporto digitale, e magari amplia la sua videoteca con produzioni un po' più recenti ed un po' meno "scioviniste".

 Antonio Scopelliti

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