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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

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MICROSTORIA D’AUTORE A SATRIANO

  


 La già numerosa e generalmente valida bibliografia storiografica sul territorio si arricchisce di un prezioso lavoro di Giulio De Loiro, “Satriano nel ‘700 attraverso i dati del Catasto Onciario”, (Calabria Letteraria, Soveria Mannelli, p. 438, € 20,00), che restituisce la vita economica, sociale, religiosa e culturale di un borgo che era allora il più notevole da Squillace a Stilo, e il cui feudatario Ravaschieri si fregiava dell’alto titolo di principe.

 Il Catasto è una fondamentale riforma fiscale voluta da re Carlo di Borbone (1734-59) per mettere ordine in un sistema dei tributi per “fuochi” che era disordinato e non senza abusi. Nella secentesca Calabria Illustrata del Fiore (a cura di U. N., tomo I, Rubbettino, Soveria Mannelli 1999) si legge che le città, dovendo pagare secondo il complessivo numero di famiglie, “usano corrompere i numeratori”; e questo da una parte frodava il re, dall’altro non garantiva certo l’equità. Il Catasto mirava ad un censimento delle famiglie e del loro patrimonio, onde poter imporre i tributi in maniera proporzionale.

 Il documento pubblicato e commentato da De Loiro è del 1745. Satriano vanta una popolazione numerosa, con una certa varietà di ceti sociali, dalla piccola nobiltà locale al clero ai civili agli artigiani ai contadini e braccianti. Accurate tabelle danno ragione di tutto questo con oculata precisione, e consentono statistiche attendibili. Ciascuna famiglia è indicata con il numero dei suoi membri e con la proprietà o meno della casa (la grande maggioranza la possiede) e di appezzamenti di campagna o castagneto. È curioso che quasi tutti i “bracciali”, che dovrebbero essere i più poveri, e alcuni vengono indicati addirittura come “miserabili”, dichiarino, accanto alla casa, delle proprietà terriere: come sotto tutti i cieli e sotto tutti i regimi, le dichiarazioni dei redditi vanno prese con le pinze. Una vera miseria riguarda solo alcuni pochissimi sfortunati. È ovvio che bisogna storicizzare, e tenere conto dei tempi: anche i più benestanti hanno case di non più di tre, quattro stanze e “bassi”: ma le condizioni di quasi tutta Europa erano, in quei tempi, certo assai peggiori di quelle di Satriano.

 De Loiro continua a informarci che la popolazione satrianese è prevalentemente giovane, con rari anziani: ma sappiamo che la vita media non era molto alta fino a pochi decenni fa dovunque.

 Per la storia del nostro territorio è curioso che molti cognomi tipicamente soveratani siano invece proprio di Satriano: Arena, Chiefari, Matozzo; ma anche a Satriano ci sono i Chiaravalloti e gli Squillacioti. Mentre ignorava l’emigrazione esterna fino ai primi del XX secolo, la Calabria presenta una storia di frequente mobilità interna: interi paesi o almeno quartieri trasferiti, e trasferimenti di famiglie per matrimoni o lavoro. Curioso è il cognome Battaglia, che ricorda senza dubbio quando Ettore Ravaschieri, principe e generale, condusse due reggimenti spagnoli e uno arruolato nei suoi feudi calabresi per la guerra del 1624 contro i soliti piemontesi e francesi alleati: battaglia è la denominazione di reparto militare il cui accrescitivo è battaglione. Per le storie dei feudatari di Satriano, ma anche di Cardinale, Torre R., Badolato e altri luoghi, si può leggere il bel volume a più mani “I Ravaschieri. Storia e dimore di una famiglia signorile tra Chiavari, Genova e Napoli”, a cura di Isabella Lagormarsino, Associazione Dimore Storiche Italiane, sezione Liguria, ed. De Ferraro, Genova 2009, che comprende il capitolo di Giulio De Loiro “I Ravaschieri di Satriano” e quello di U. N. “I Ravaschieri e i loro feudi nel Regno di Napoli”.

 Principi e contadini, medici e preti, artigiani e pastori, Satriano nella penna di Giulio appare una comunità vivace e produttiva, senza gravi problemi economici e con una certa solidarietà; e uno spazio, come non poteva non essere, viene dedicato alle donne, da sempre, in Satriano, in posizione forte e rispettata.

 Ulderico Nisticò

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