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Natale

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Dal presepe al nordico albero di Natale
Nel ‘700 in Calabria la luce della vita era rappresentata da un arbusto di corbezzolo

 di Vincenzo Pitaro
(www.vincenzopitaro.it)

 Fu davvero il presepe di Greccio la prima rappresentazione storica della natività? Sembrerebbe di no, se prendiamo in considerazione la variegata espressione artistica tramandata in affreschi, mosaici, vetrate, sculture e miniature che ebbe inizio nel IV secolo coi dipinti murali delle catacombe, ma che solo nel 451, con il riconoscimento del dogma dell’incarnazione di Dio, diventò l’emblema dell’iconografìa cristiana. Uno dei più antichi esemplari è il dittico in avorio del Tesoro del Duomo di Milano, del V secolo che contiene al completo gli elementi base del presepe: la capanna, il Bambino, Maria, Giuseppe, il bue e l’asinello. Una figurazione classica che non vedrà modifiche sostanziali nella storia dell’arte, nonostante le infinite varianti espositive. La matrice comune della natività e della Sacra Famiglia unisce idealmente le opere d’arte di tutti i tempi.

Tuttavia, il presepe, inteso come modello di nuovo umanesimo ci riporta a Greccio, nei pressi di Rieti, dove San Francesco, nel 1223, realizzò la prima rappresentazione vivente della nascita di Gesù a Betlemme. E il Natale di Greccio ogni anno si rinnova in commemorazione di quell’evento. Da Greccio, la tradizione del presepe si allargò poi in tutta Italia e in Europa. Ma la seconda patria del presepe, visto come ambientazione scenografica complessa, è sicuramente Napoli. È già nel Quattrocento degli Angioini e nel Cinquecento degli Aragonesi che la natività è rappresentata a Napoli a un livello artistico e artigianale carico di fascino e di suggestione. Fu un vicentino trasferitosi a Napoli nel 1533, tal Gaetano Thiene, poi diventato santo, a dare rinnovato impulso all’arte di fare presepi. Nel Settecento la sacra ricostruzione raggiunge forme di eccezionale pregio. Nella Napoli di Carlo III, infatti, nascono veri capolavori. Il sovrano stesso teneva in gran conto la storica tradizione natalizia e si occupava personalmente dell’allestimento del suo presepe con la collaborazione della consorte, regina Maria Amalia, che addirittura ricamava gli abiti dei pastori.

Qualche artistica statuina presepiale pare sia arrivata anche in Calabria in quell’epoca.

Poi sopraggiunse anche l’abete. Si dice che la consuetudine di fare l’albero di Natale abbia origine da antiche usanze pagane in cui si è innestata una tradizione cristiana peraltro giunta in Italia assai tardi perché San Francesco, nel nostro Paese, aveva già creato la ricostruzione tradizionale della nascita di Gesù che si perpetua ancora, nel periodo natalizio, nelle chiese e nelle case.

Una rappresentazione iconografica della grotta o della stalla della natività con le figure che rappresentano i protagonisti della narrazione evangelica, cui spesso si aggiungono quelli delle leggende popolari. Un vecchio racconto inglese vuole che San Vilfrido (634-709), vescovo di York, sia stato il primo a vedere nell’albero di Natale un significato religioso: egli era sul punto di tagliare una grossa quercia quando un violento temporale distrusse l’albero lasciando invece illeso un giovane abete lì accanto che, in una sua predica, definì «albero della pace»  ed «emblema di vita infinita». Concluse la sua omelia dicendo «Chiamatelo pure l’albero del bambino Gesù». Pare che da allora l’abete rosso sia stato elevato alla nobiltà di albero di Natale.

Forse l’idea di albero di Natale può essere considerata più adeguata all’abete bianco, il cui habitat naturale, nelle montagne, si estende dai Pirenei fino in Italia.

Adornare l’abete per prepararlo alla più grande delle feste, è una consuetudine che prende spunto anche da un’altra antica leggenda che voleva la pianta portatrice di serenità familiare. Attorno alla tradizione dell’albero di Natale sono fiorite tante storie di cui una riguarda, in particolare, la regina Margherita. Pare infatti che questa nordica consuetudine per la prima volta sia stata trapiantata in Quirinale proprio da Margherita di Savoia quando andò ad abitarvi nel 1878, forse perché nostalgica delle Alpi da lei tanti amati. Fino ad allora, in alcune zone della Calabria (e in particolar modo a Gagliato, dove ancora questa tradizione in parte sopravvive), l’albero di Natale era rappresentato nelle case da un naturale arbusto di corbezzolo colmo di bacche rosse (frutti, per giunta, commestibili) e allo stesso tempo di fiori bianchi campanulati che, assieme al verde delle foglie, formano i colori della bandiera italiana. Una forma, senza dubbio più bella, per simboleggiare la luce della vita.

Vincenzo Pitaro
Gazzetta del Sud del 17 Dicembre 2009

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