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“Nostro”
perché li abbiamo cercati nel territorio che ci appartiene, lungo le
ultime propaggini delle Serre, nel satrianese. Il nostro autunno
tarda ad arrivare con le sue foglie rosse e oro. In questo mese di
ottobre ormai avviato, mi sono recata nell’alta collina di Satriano,
dove boschi di conifere e specie arbustive di svariate tipologie,
ricoprono un territorio bellissimo, piccole foreste incantate che
tali debbono rimanere. Ho voluto fotografare il bello che c’è, come
nel mio consueto, posando l’attenzione sugli aspetti positivi della
nostra terra, le sue attrattive. Questa natura ormai abbastanza
antropizzata merita riguardo, rispetto, amore e ammirazione. Alle
mie ormai note passioni come il cinema, l’arte, il turismo, il
giornalismo, si affianca da sempre una bella passione ecologica, per
gli spazi verdi, le camminate solinghe lungo sentieri e dentro
borghi abbandonati, la ricerca di curiosità vegetali e animali che
caratterizzano un territorio. Vagando per questi luoghi, che ho
raggiunto passando per la località Laganosa e attraversando il
grazioso il borgo di Satriano, ho scoperto un mondo verdissimo che
ancora non vuole tingersi di giallo, non vuole ricoprirsi di fronde
appassite ed infatti, inoltrandomi all’interno della distesa
boschiva, trovo fantastici castagneti lussureggianti che brillano al
sole, quercioli e faggi, larici, abeti e pini che insieme compongono
una varietà resinosa dall’aroma pungente e caldo. All’interno di
questo habitat, vive un mondo popolatissimo di endemismi che creano
un ecosistema formidabile: insetti, anfibi come le salamandre
pezzate gialle e nere vera rarità, molluschi gasteropodi, scarabei,
mantidi, roditori che anche se non si vedono, si sentono..e
cinghiali ancora nascosti, tanto altro che non so elencare. Di certo
in questo periodo i nostri boschi diventano meta di escursioni a
carattere “edulo”, giacchè siamo all’inizio della stagione
micologica, tanto attesa, pronosticata, programmata dagli esperti
quanto dai “comuni” appassionati raccoglitori di funghi che con le
ceste foderate di fresche felci setacciano con attenzione ogni
angolo, anfratto, radura, pendio, alla ricerca del prelibato e
pregiato bottino. E, debbo dire, neanche io rimango immune da questa
febbre e col bagaglio di conoscenza maturata negli anni, riempio
anche io il mio cestino. Un sole caldo e favorevole, coccola questi
organismi che non sono piante né animali e che caratterizzano
assieme ad altri prodotti della terra, la gastronomia dell’autunno,
con i suoi sapori più decisi ed energici di quelli estivi. Qua e là
come piccoli folletti vegetali, spuntano sotto gli arbusti o
emergono dagli aghi di pino con il proprio carattere, buono o
cattivo, sta a noi capirlo per non incorrere in sbagli che possono
farci male. Ma di buono ci sono anche le castagne che stanno per
“colare” e che con la loro dolcezza rappresentano l’ingrediente base
dei nostri dolci, oppure diventano scottanti caldarroste. Ma che
autunno da favola, nonostante gli olezzi che sanno erbe selvatiche
bagnate dalla pioggia e gli aromi volatili di porcini, finferli,
ovoli e cugini, sembra primavera, anzi estate, le chiome sono verdi
ma sono certa ormai per qualche giorno ancora, poi resteranno le
brughiere, le eriche, le edere abbarbicate agli alberi, i muschi che
decoreranno i presepi e i giganti sempreverdi, mentre intorno l’aria
si fa fresca, e i colori del bosco bruciano come il fuoco del
camino.
Vittoria Camobreco
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