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(15/10/2010)
“Alea iacta est” è una
locuzione
latina
che viene tradotta in
lingua
italiana come “il dado è tratto”. Questa frase - divenuta
celeberrima specialmente nella versione in italiano - viene presa
come
motto
e si cita quando si prende una decisione dalla quale non si può più
recedere. Sembrerebbe la frase più giusta da dover attribuire alle
decisioni del Presidente della Giunta regionale Giuseppe Scopelliti
che, nelle scomode vesti di commissario ad acta, si è dovuto pelare
la brutta gatta del riordino sanitario calabrese. A dover di cronaca
bisogna scrivere che la sanità in Calabria era stata già
commissariata sotto la guida di Agazio Loiero e che sotto la voce di
“Piano di rientro sanitario” è prevista una manovra affinchè le
spese eccessive della sanità pubblica in Calabria abbiano un
riordino totale. Scritto questo possiamo passare nello specifico a
capire quello che sta succedendo in quel di Chiaravalle dove la
popolazione della città, ma soprattutto di tutto il comprensorio si
sta ribellando alla decisione del presidente Scopelliti, nelle vesti
di commissario, di riconvertire la struttura ospedaliera “San
Biagio” di Chiaravalle Centrale da struttura ospedaliera in “casa
della salute” vale a dire in struttura senza degenza, aperta
solamente per i poliambulatori e la riabilitazione, chiudendo di
fatto i reparti quindi senza più ricoveri. Una decisione quasi
drastica che lascia l’amaro in bocca a tutti, non solo per la
rapidità della decisione, ma a detta di qualcuno senza fare delle
considerazioni approfondite del caso. Ora escludendo l’aspetto
politico del quale possiamo scrivere che sulle colonne di CO abbiamo
lanciato l’allarme da ormai quasi quattro anni, senza pretendere
medaglie, avremmo voluto che le reazioni di tutti fossero state
analoghe nel momento in cui si iniziarono a intravedere gli errori
sanitari del Piano Sanitario Regionale approvato dall’allora giunta
Loiero con a capo l’assessore regionale Lo Moro. A dover di cronaca
bisogna dire che i predecessori della Lo Moro, indipendentemente dai
colori politici, non si sono mai scomposti più di tanto affinchè il
San Biagio avesse quella giusta considerazione che un territorio già
abbandonato di suo avrebbe meritato di avere. Oggi bisogna lanciare
il vero, solo e unico campanello d’allarme: questo territorio non
può rimanere senza l’operatività a trecentosessanta gradi
dell’ospedale di Chiaravalle centrale che, scritto in chiare
lettere, così com’è serve poco o a nulla. Allora la decisione da
adottare è quella di rendere efficiente ed efficace la struttura
affinchè la sua operatività possa soddisfare in pieno le esigenze
della popolazione, l’unica in dovere di ribellarsi, perché far
ricadere tutto sull’ospedale di Soverato è quasi umanamente
impossibile visto che, ormai, l’entroterra soveratese è abitata da
cittadini avanti con l’età e che troverebbero quasi impossibile
potersi recare a Soverato per avere le cure mediche del caso, quelle
cure mediche che in un sistema democratico sono alla base di tutto.
Le vie di collegamento fra i vari paesi del comprensorio e Soverato,
pur evidenziando i grandi sforzi da parte dell’amministrazione
provinciale e Anas, non sono dei migliori e a volte raggiungere
l’ospedale di Soverato da, ad esempio, Cardinale potrebbe costare
quasi la vita ad un paziente se si dovesse veramente analizzare il
collegamento fra il comune dell’entroterra catanzarese e la
cittadina ionica. Se a questo aggiungiamo che nei periodi invernali
basta qualche goccia d’acqua per rendere quasi impraticabili le
strade, allora veramente non ci resta che sottolineare “Alea iacta
est”. Antonio
Baldassarre Sinopoli
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