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Uno sguardo alla mia città

   


Ho percorso per così tanti anni quella strada, forse troppo rapita dalla bellezza del palazzo Gregoraci, per rendermi conto che anche la piazzetta antistante aveva una sua denominazione: don Giovanni Gnolfo. “Chi è? Non ho mai sentito questo nome?” sono stati i miei primi pensieri. Per scoprire poi invece che apparteneva alla mia stessa realtà ancora più di quanto potevo immaginare. Egli è stato, infatti, un salesiano, che negli anni 1968/’88 ha insegnato storia dell’arte all’Istituto sant’Antonio di Padova di Soverato, luogo della mia quotidianità per molto tempo, avendo frequentato in quella scuola sia le medie sia il liceo. Proprio per questo senso di familiarità, ma soprattutto per un primordiale desiderio di interpretare la realtà a me vicina, fui spinta dalla voglia di indagare su quell’uomo e sul motivo per il quale la cittadinanza aveva decretato tale riconoscimento. Giovanni Gnolfo nacque l’8 aprile 1904 ad Assoro, borgo antico della provincia di Enna. L’8 dicembre 1921 entrò in Noviziato a San Gregorio di Catania e, l’anno successivo, durante la festa dell’Immacolata, celebrò la sua prima Professione Religiosa. Nel 1925 partì come missionario per il Medio Oriente. Condusse una vita dinamica, andò a Cremisan (Betlemme), a Heliopolis (Egitto) e nel Cairo, dove diventò sacerdote il 16 giugno 1931. Da buon storiografo, studiò le grandi civiltà (Hittiti, Assiri, Egizi, ecc…), motivo per il quale entrò a far parte della “Société d’Archéologie Copte”. Dal 1932 al ’38 lavorò a Costantinopoli. Nello stesso periodo strinse amicizia con il Delegato Apostolico Mons. Angelo Giuseppe Roncalli, 261° vescovo di Roma, il quale lo volle come suo Diacono nei solenni Pontificali in Cattedrale. Negli anni 1939/’42 insegnò nel liceo salesiano di Alessandria; e intanto conseguì il Diploma di Alta Cultura e di Etruscologia. Dal ’42 al ’45 fu fatto prigioniero nei campi d’internamenti civili arabo-inglesi, nel Deserto delle Piramidi, esperienza testimoniata dalla sua opera “Gabbie inglesi in Egitto”, libro per il quale ricevette una Medaglia d’Oro in Campidoglio nel ’70. Dal ’49 al ’52 tornò nuovamente a Cresiman, per dirigere lo Studentato Teologico Salesiano. Nel 1950, come risulta dagli Atti del Capitolo Superiore, fondò, insieme con altre sette personalità, “l’Accademia Mariana Salesiana" (Roma). Prese parte a quattro congressi internazionali di Mariologia (le relazioni sono apparse negli “Acta”). Fu, infatti, particolarmente dedito al culto di Maria Immacolata, sulla quale scrisse molti opuscoli. In seguito tornò in modo definitivo in Italia. Diventò direttore delle Case salesiane di Isernia, di Buonalbergo e, nuovamente, di Isernia. Nel ventennio ‘68/’88, come anticipato nell’introduzione, ricoprì il ruolo d’insegnante di Storia dell’Arte nell’Istituto Sant’Antonio di Padova di Soverato. Fu colpito da un tumore, per il quale subì due interventi, il secondo dei quali a Catania. Visse per un anno nella Casa salesiana di Barriera, vicina alla clinica, dove ricevette cure, in modo particolare dal Confratello Sig. Gaetano Interlandi, con il quale instaurò uno stretto legame. Nonostante la malattia, anche in questo periodo si dedicò instancabilmente allo studio e alla scrittura. Pubblicò, infatti, i due ultimi libri su don Bosco in Sicilia e sulla Basilica di Assoro. Morì sabato, 1 settembre 1990, e ricevette l’ultimo saluto nella sua città natale. Una cosa che mi ha colpito è stato che, nei suoi libri, Giovanni Gnolfo si è firmato “s.d.B.”, salesiano di don Bosco, o comunque, “salesiano”. Questa particolarità esalta l’identificazione e il senso di appartenenza di un uomo alla propria scelta. Il Direttore della casa salesiana di Modica alta, il Sac. Angelo Dominici ricorda don Giovanni Gnolfo come “[…] un uomo di grande cultura, uomo di Dio, grande devoto di Maria Ausiliatrice, lavoratore infaticabile, uomo di ingegno vivace, affabile amico di tutti […]”. 

Ma, cosa lega quest’uomo alla mia città? Su un articolo dell’uscatanzaro.net, risalente al 31 gennaio 2007, ho trovato questa risposta: “ […] A lui si devono studi sulle tombe sicule, sulla grecoromana Poliporto, sulle tracce di età imperiale e medioevale; ma anche sulle tradizioni religiose e popolari dei nostri antenati. L’intitolazione (1) a don Gnolfo vuole essere dunque un atto di doverosa riconoscenza, e un incoraggiamento all’esaltazione dell’identità cittadina, che dalla storia trae alimento”. Ulderico Nisticò scrisse a riguardo: “[…] Unì alla solerzia dell’insegnamento una profonda passione per l’arte e l’archeologia, sorretta da un ardente sentimento patriottico e ad un vivo interesse per la politica intesa come servizio del popolo italiano. I suoi testi storiografici, pur soffrendo a volte di una certa esuberanza concettuale e ridondanza stilistica, hanno avuto il merito di portare all’attenzione numerosi aspetti della storia più antica di Soverato e del Comprensorio(2). Gli studi e le intuizioni di don Gnolfo sono stati utilizzati dalla storiografia posteriore: "[...] individuò sulle nostre colline degli insediamenti siculi e, lungo la costa, alcune loro tombe. […] Sono queste grotticelle, site in località san Nicola, prospicienti a Poliporto, la testimonianza, secondo Gnolfo, di una presenza sicula dove oggi è Soverato Marina […] (3). Esattamente don Giovanni Gnolfo scrisse riguardo alle tombe: “[…] di tarda età romana, a «cappuccina» o a «mezza botte»; povere di contenuto e di fattura; se ne son trovate in zona «Lei» (sul pianoro «Spina santa»); in tutta l’area fra la «Galleria» (lato sud) e l’ex stazione «Calabro – Lucano»; nella via Trento e Trieste (precisamente sotto la autorimessa del Dr. Alcaro e sotto la sua abitazione); nella via R. Margherita n . 24 (palazzo Verbaro); sotto l’immobile «Veca» e nella valle «cafone», prossima alla Stazione” (4).  Ancora, quando Ulderico Nisticò discusse sul termine “Poliporto”, citò anche la posizione di Giovanni Gnolfo, il quale se ne occupò precedentemente: “[…] Se invece, come suppose lo Gnolfo, la forma originaria del nome è da leggersi Paliporto, avremmo una denominazione tutta latina di Porto di Pale, dea del bestiame; donde, secondo lo Gnolfo, le feste Palileae, divenute in età cristiana la festa e processione della Galilea […]” (5). Allo stesso modo Domenico Pisani, quando parlò della Pietà del Gagini, statua conservata nella chiesa di Soverato Superiore: “[…] Giovanni Gnolfo, docente di storia dell’arte all’Istituto Salesiano di Soverato, fu il primo a dare una sistemazione organica ai materiali di studio. […] Devo a questa qualificata base critica e soprattutto all’amicizia e alla stima che mi legavano a don Gnolfo la spinta necessaria per intraprendere le ricerche sul gruppo marmoreo. “[…] il salesiano Giovanni Gnolfo, uno dei primi ad occuparsi dell’opera del Gagini, parlò nel 1969 di «Illogica e antistorica ripulitura» che rende oggi il gruppo marmoreo «lattiginosamente albicato» e privo del significato simbolico dei colori” (6). Ci tengo a riportare ciò che è stato raccontato da  Giovanni Gnolfo sulla Pietà, episodio appartenente alle leggende di Soverato: “Verso il 1510 il Beato Francesco da Soverato fondò un convento di Eremiti Agostiniani nella campagna fra questa città e Petrizzi. Esso fu danneggiato dal sisma del 1783. In tale cataclisma il gruppo Marmoreo riportò alcune mutilazioni (braccio e piede del Cristo), ultimamente riparate nell’Opificio delle pietre dure, a Firenze. Si racconta che, dopo il terremoto, sorse contesa fra gli abitanti di Petrizzi e quelli della novella Soverato: dove portare il gruppo della «Pietà», prezioso cimelio di arte e di Fede? La tradizione afferma che,… a decidere, fu la Provvidenza: la Statua fu posta su un carro tirato da buoi; i quali… presero la via di Soverato. Quando la «Pietà» fu commissionata, «signori» di questa cittadina erano la famiglia De Nobile di Catanzaro. All’epoca del terremoto, invece, vi dominavano i Marincola: Baroni di Soverato e Duchi di Petrizzi. Di un’altra tradizione dobbiam parlare, già raccolta dal Fiore in pieno ‘600: il Beato Francesco si trovava a Messina, per cercare aiuti finanziari e commissionare il gruppo marmoreo per il suo Convento Soveratese. Alcuni marinai Gli avrebbero detto, in tono canzonatorio, che volentieri Gli… donavano un enorme blocco di marmo carrarese… già caduto a mare. Il Sant’Uomo accettò l’offerta! Inginocchiatosi sulla riva del porto, vide emergere dalle profondità marine l’enorme macigno! Ricaricatolo con facilità, fu portato allo scultore e servì per la «Pietà» di Soverato” (7). Il 15 Settembre scorso, per la Festa patronale dell’Addolorata, è stato rappresentato il dramma “Soverato 1521”, di Ulderico Nisticò per la regia di Tonino Pittelli, ispirato a queste storie e leggende, merito di don Gnolfo.

Un sacerdote e una persona quindi di grande umanità, dedito allo studio e alla curiosità. Un uomo da imitare nel suo essere stato interprete della realtà e nel suo essere stato salesiano. Oggi, attraversando la piazzetta “don Giovanni Gnolfo”, rimane solo una targa, la quale però vuole parlare a ogni passante per trasmettere l’importanza della valorizzazione del proprio territorio, perché solo la conoscenza di un posto può aumentare l’amore per il luogo stesso.

Note

1- Sabato, 3 febbraio 2007;
2- Ulderico Nisticò, Le Muse sul mare (Storia della cultura soveratese), Tipografia Settembrino, Squillace (Cz), luglio 2000, pag. 79; [Ringrazio Ulderico Nisticò per la disponibilità dimostrata e per i preziosi consigli dati];
3- Ulderico Nisticò ed Elisa Nisticò, Soverato – storia, cultura, economia- parte prima, il passato - tre millenni tra i colli e il mare, a cura di Fulvio Mazza, Soveria Mannelli, Rubbettino editore, 2009, pag. 26;
4- Giovanni Gnolfo, Soverato (nei millenni a. C.), Catanzaro, T. Silipo, 1971, pag.18;
5- Ulderico Nisticò, Suberatum,  Sudgrafica, Davoli M., 1998, pag. 14; 
6- Domenico Pisani, La Pietà di Antonello Gagini, Soveria Mannelli (Catanzaro), Arti Grafiche Rubbettino per conto della Rubbettino Editori, luglio 1995, pp. 15-37; [Mi sento di esprimere la mia sincera gratitudine nei confronti di Domenico Pisani per il tempo e le attenzioni dedicatemi, perché mi ha guidato nella mia ricerca];   
7- Giovanni Gnolfo, La “Pietà” di Antonello Gagini (1521) a Soverato Superiore (Catanzaro), Tipomeccanica, 1969, pp. 3-4.

 

Bibliografia

Riporto, di seguito, la sua bibliografia, ricavata dai libri di don Gnolfo posseduti da Domenico Pisani, e dal libro “Le muse sul mare” di Ulderico Nisticò:

1969

La “Pietà” di Antonello Gagini (1521) a Soverato Superiore (Catanzaro), Tipomeccanica, 1969;

1969

Una «Cona» di Antonello Gagini nella Basilica di Assoro (Sicilia), Modica S.E.T.I.M. 1969;

1971

Soverato (nei millenni a. C.), Catanzaro, Tipografia Silipo, 1971;

1974

La città di Soverato (e dintorni). Dai “Sikelòi” di Spinasanta alla “marina” odierna. Catanzaro, Tipografia Silipo & Lucia, 1974;

1980

1940-’44 «gabbie» inglesi in Egitto. Sequestri internamenti angherie. Patriottismo di 50.000 italiani. Villa san Giovanni, Edizioni grafica meridionale, 1980;

1986

Ausiliatrice: Potente Condottiera Celeste Luce. Una l’idea: in tre millenni di storia: la 1.a Chiesa di Soverato/Paleporto (VI s.). Soverato, Tipografia Lazzaro, 1986;

S.D.

Geografia antropica di Asar – os (dal Chrysa al Cimarosa), Soverato, Tipografia Giannotti, s.d.;

S.L.

Numismatica Mariana, (bizantina e iberica), (Myriam, 1972-73);

S.D. – S.T.

Nella Patria di Cassiodoro (Roccelletta di Squillace). Bassorilievo Bizantino dedicato all’Ausiliatrice. s.d. – s.t.;

S.D. – S.L.

L’eroe di Cerisano (beato Ugolino martire) (m. 13 ottobre 1227), s.d. – s.l., Tipografia A. Cortese;

Otto Eroi di Santità a Soverato, Catanzaro, Tipografia Silipo, s.d. – s.l.; [dedica qui pagine a Carlo Amirante, il sacerdote che, probabilmente nato a Soverato, operò a Napoli ed è sulla strada della beatificazione];

S.D. – S.L. – S.T.

Il crocifisso ligneo di Soverato. Opera di Angelo da Pietrafitta, s.d. – s.l. - s.t.;

1988 don Bosco, s.d. – s.l. – s.t.;

Ausiliatrice, s.d. – s.l. – s.t.;

Carlo Amirante, s.d. – s.l. – s.t.;

Il nome Maria, s.d. – s.l. – s.t.;

Marco Aurelio Cassiodoro Senatore, s.d. – s.l. – s.t.;

Mater Dei Adiutrix, s.d. – s.l. – s.t.;

Paliporto, s.d. – s.l. – s.t..

 

Abbreviazioni:  
s.d. = senza data;
s.l. = senza luogo;
s.t. = senza tipografia. 

 Francesca Mancuso

   
   

 

 


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