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"Possono morire!"
Gli uomini politici, senza distinzione alcuna, non di rado, amano le battaglie di principio, più che di sostanza. Così, il ministro La Russa, si scatena in televisione affermando che “possono morire”, ma il crocifisso dalle aule non verrà tolto. Lo ha ripetuto con forza: “possono morire”. E tutto questo per un simbolo. Importante, certo, ma pur sempre un simbolo. In fondo, che ci sia o non ci sia, il crocifisso in aula o negli uffici non determinerà mai il grado di religiosità di un credente, che si misura, invece, nelle sue azioni. Ma di scaldarsi per i morti annegati nelle acque dei barconi della speranza non ci pensa proprio. “Possono morire, ma vi assicuro che nessun essere umano al mondo annegherà tra le acque del Mediterraneo, preda delle onde e pasto per gli squali”. No. Nessuno, tra i politici in vista, si è mai visto scaldarsi per quei corpi galleggianti e senza vita di nostri, ipotetici, fratelli (perché quel Cristo in croce che vogliono sfrattare dalle aule, “fratelli” li chiamerebbe). In fondo, chi li conosce? Vengono da paesi lontani, sono disgraziati, portano disagi e malattie, insomma, mica sono turisti cinesi che pagano conti salati nei ristoranti o turisti tedeschi che invadono la riviera romagnola e pagano alberghi con vista sull’Adriatico. Né turisti americani che lasciano fior di dollari tra le calli veneziane e le vie di Firenze. “Possono morire” i disgraziati che vengono dai paesi poveri. Cosa cambia? Cosa ci frega della loro miserabile vita? Magari non sono neanche cristiani! Invece, dobbiamo a tutti i costi salvaguardare i nostri simboli del cristianesimo: il crocifisso. Si, “possono morire” dice l’on. La Russa, non li toglierà mai dalle aule. Bene. La forma è salva. La sostanza, perlomeno la pietà cristiana, quella mettiamola da parte. “Possono morire” uomini e donne sconosciuti e disgraziati. Come sono belle le battaglie di principio. E che visibilità danno… . Poi, però, può accadere che si chieda il numero di telefono della valletta di turno. Ma è solo una ipotesi. Un cattivo pensiero.
Francesco Raspa
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