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SPECIALI PAGINA LIBERA |
L'anomalia calabrese
Oltre all’astensionismo, dato nazionale, un altro dato caratterizza
il voto della Calabria: la totale assenza di donne nel nuovo
consiglio regionale. Io non sono uno di quelli che crede nella
“quota rosa” all’interno delle liste, però se neanche una donna è
stata eletta, una qualche domanda vale pure la pena porsela. Anche
perché vi erano donne con una significativa storia politica o con un
ruolo pubblico di qualità. Sfogliando i giornali si nota un altro
dato: nelle elezioni comunali, dove diverse donne sono state
candidate sindaco, esse hanno tutte perso. La Mazzeo, la Falduto, la
Natale, la Tassone nei comuni del vibonese. La Ranieri, la Riccelli
nel catanzarese. E cito i dati più vicini a noi e che, ovviamente,
conosco. Solo la D’Ippolito va al ballottaggio a Lamezia. Nel Lazio
i candidati alla regione sono state due donne, così in Umbria. In
Piemonte vi è stata la Bresso ed in Puglia la Poli Bortone (che
avrebbe anche vinto se il PDL si fosse accordato con l’UDC).
Nell’Emilia Romagna ed in Toscana due donne hanno sfidato i
candidati del centro sinistra. In pratica il panorama politico
calabrese vede ai vertici di una istituzione pubblica solo Wanda
Ferro. E’ come se alle donne calabresi si conceda spazio a livello
nazionale nelle rappresentanze parlamentari e poi, a livello locale,
la gestione del potere tenda a concentrarsi in mano agli uomini,
forse perché per molti aspetti vale più un assessorato regionale che
un ruolo di deputato nazionale. Francesco Raspa |
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