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Anche la Calabria fa i conti con l'eruzione Islandese: che sta succedendo?

Non accenna a diminuire l’eruzione del vulcano Eyjafjallajokull, nel sud dell’Islanda: la grossa nube di ceneri è trasportata dai venti verso l’Europa dove il traffico aereo è quasi completamente paralizzato. La nube ha raggiunto il nord Italia e anche gli aeroporti Calabresi stanno subendo ritardi e disagi legati alla paralisi del traffico aereo nazionale e internazionale.
Gli aerei sono costretti a rimanere a terra perchè le micro particelle abrasive di silicio contenute dalla nube vulcanica potrebbero danneggiare i motori.In Islanda, intanto, continua a sciogliersi rapidamente il ghiacciaio del vulcano in eruzione, e l’isola continua a fare i conti con inondazioni alluvionali.

L’ULTIMA VOLTA CHE L’EYIAFJALLAJOKULL ERUTTO’ – L’ultima eruzione del vulcano risale al 1821 e durò oltre un anno. Non è possibile sapere quanto durerà questa nuova eruzione, anche se i danni provocati non dipenderanno solo ed esclusivamente dalla durata ma soprattutto dalla quantità di gas e cenere prodotti dal vulcano. Secondo alcuni studiosi, una fase così intensa non può durare più di 48 ore, quindi dovrebbe concludersi a breve, anche perchè si è ridotta la quantità di magma che può fuoriuscire. Ma la natura è solita smentire le regole che l’uomo pensa di possedere, sorprendendo continuamente con le proprie forze da un lato molto affascinanti e spettacolari ma dall’altro anche estremamente pericolose.

POSSIBILI RISCHI SULLA SALUTE UMANA – I gas sono potenzialmente pericolosi, infatti le autorità islandesi hanno invitato la popolazione a non uscire di casa e ad indossare una maschera antigas: il precedente piu’ significativo di un’eruzione vulcanica in Islanda che abbia causato problemi di salute in Europa per le ceneri e i gas è quello del 1783, quando l’eruzione del Laki provocò una nube tossica che uccise, in Gran Bretagna, ben 23mila persone: l’anidride solforosa e l’acido solforico contenuti nella nube attaccarono i polmoni delle vittime. Il gas prodotto determinò un innalzamento delle temperature per tutta l’estate: la quantità di anidride solforosa emessa fu pari a tre volte quella prodotta complessivamente dalle aziende europee nel 2006. Per fortuna la nube che in queste ore sta interessando l’Europa non è stata alimentata, almeno finora, da ulteriori episodi esplosivi. Quindi il rischio che la sua ricaduta su località densamente abitate del Nord e del Centro Europa possa provocare affezioni respiratorie, sembra limitato. Tuttavia gli operatori sanitari del Regno Unito, dove ha ristagnato una frazione più densa della nube, sono in preallarme. Le componenti più sottili delle ceneri e i composti dello zolfo e del luoro, se inalati, potrebbero, infatti, aggravare le condizioni di salute di quanti sono già affetti da problemi respiratori, in maniera del tutto analoga a quanto accade quando vengono superati i limiti dell’inquinamento dell’aria a causa delle emissioni antropiche. Anche l’oms ha già lanciato un’allerta e continua a monitorare con attenzione la situazione.

POSSIBILI RIPERCUSSIONI SUL CLIMA – Intanto c’è grande attenzione da parte di tutti gli studiosi per quanto riguarda le possibili ripercussioni di quest’eruzione sul clima della Terra: se l’attenzione sulla nube ai bassi strati è legata ai disagi del traffico aereo e ai posibili rischi per la salute del corpo umano, invece per capire se queste polveri vulcaniche provocheranno cambiamenti climatici bisogna guardare più in alto, nella stratosfera. La colonna di fumo, polveri e gas s’è proiettata, al momento, fino a poco più di seimila metri di quota, nell’atmosfera. Affinché anche il clima, a medio e lungo termine, sia influenzato da questo fenomeno, la nube dovrebbe avere una forza termica tale da bucare la tropopausa (circa novemila metri di quota) e finire nella stratosfera, dove le polveri potrebbero ristagnare per mesi e anni dando vita a cambiamenti climatici molto significativi. E’ ancora presto per capire se ciò accadrà nei prossimi giorni, ed è comunque impossibile immaginare quali potrebbero essere le conseguenze, perchè le polveri e l’anidride carbonica prodotte dalle eruzioni vulcaniche generano effetti contrastanti sulla temperatura. L’aumento di anidride carbonica tenderebbe ad aumentare temporaneamente l’intensità dell’effetto serra. Ma senza ombra di dubbio l’effetto di gran lunga più rilevante potrebbe essere legato alle polveri che, in base della consistenza e al tipo di eruzione, potrebbero formare uno strato che potrebbe anche rivestire tutta l’atmosfera terrestre. In questo caso, la Terra avrebbe un nuovo e insolito “schermo” che fungerebbe da specchio per la radiazione solare provocando un importante riscaldamento della stratosfera (sopra la nube) e un raffreddamento dei bassi strati dell’atmosfera (sotto la nube). In parole semplici, la nube vulcanica potrebbe oscurare il sole e quindi provocare un netto raffreddamento del pianeta. Solitamente ciò accade durante i due anni successivi all’evento eruttivo, ed è già capitato più volte in passato, basti pensare all’eruzione del Tambora, in Indonesia, nell’aprile del 1815 o al più recente Pinatubo, nelle Filippine, nel giugno 1991.

I PRECEDENTI DEL TAMBORA E DEL PINATUBO – Nel primo caso, le ripercussioni climatiche furono catastrofiche. La polvere vulcanica emessa dal Tambora restò per molto tempo nella stratosfera abbassando notevolmente il soleggiamento. In tutto il pianeta, per un paio d’anni, il clima fu sconvolto con inverni polari ed estati fredde. Il 1816 viene infatti ricordato come “l’anno senza estate”, e ne risentì moltissimo anche l’agricoltura: con scarsissimi raccolti, si impoverirono vaste aree del pianeta. Il Pinatubo, nelle Filippine, ebbe effetti simili tra 1991 e 1993. A livello globale, la temperatura diminuì di mezzo grado e il buco dell’ozono crebbe sostanzialmente a causa dell’enorme quantità di fas immessi nella stratosfera.

IN ISLANDA E’ ALLARME ANCHE PER ALTRI TRE VULCANI – Intanto, semre in Islanda, è allarme anche per il vulcano Grimsvotn, che sorge sotto il più grande ghiacciaio d’Europa, il Vatnajokull. Nella zona del vulcano sono stati registrate piccole scosse di terremoto e le condizioni sono molto simili a quelle che precedettero la sua ultima eruzione nel 2004. Secondo gli esperti potrebbe tornare ad eruttare nei prossimi 24 mesi e il rischio è quello di un nuovo “joklahlaup”, il fenomeno per cui la pressione causata dall’acqua fa esplodere la cappa di ghiaccio sopra il cratere principale e produce un fiume di lava devastante. A rischio è anche l’Hekla, il vulcano più famoso (e temuto) d’Islanda, che dal 1979 è entrato in fase eruttiva più o meno ogni 10 anni, l’ultima proprio nel 2000. Ma nell’immediato la preoccupazione maggiore riguarda il Katla, un vulcano che si trova a est del ghiacciaio Eyjafjallajokull e con una lunga storia di attività eruttive, spesso precedute proprio dalle eruzioni dei vulcani vicini. E’ un vulcano molto temuto, nominato “fratello maggiore” dell’Eyjafjallajokull. “Se scoppia – ammette sottovoce Sigried, la responsabile della Croce Rossa locale – sarà una vera tragedia… altro che ritardi agli aeroporti. Verrebbe inondata l’isola e potrebbe esserci un cambio climatico catastrofico”. Lei, insieme alle sue colleghe, da giorni sta organizzando l’evacuazione degli allevatori di tutta l’area. Con efficienza tutta nordica stanno mettendo in sicurezza 800 persone, salvando anche il loro unico vero capitale economico, le loro bestie. “Questo pomeriggio – racconta orgogliosa – siamo riusciti a far tornare tutti e 800 nelle loro fattorie, dove sono riusciti a sfamare gli animali. E poi sono tutti tornati, per maggiore sicurezza, nei ricoveri vicini alla città”. Li avvisano via sms e riescono a farli spostare tutti nei 30 minuti dopo avere ricevuto l’allarme. Intanto le spalatrici lavorano incessantemente per alzare barriere di terra in grado di controllare il flusso della piena. La strada principale, che qui in Islanda ricorda una provinciale italiana, è stata interrotta perchè travolta dalle onde in più punti. Hanno retto invece alcuni ponti, addirittura uno costruito nel ’39 è stato sempre perfettamente transitabile. Le numerose carovane delle tv Usa non hanno avuto dubbi nello scegliere la location dei loro collegamenti: si sono posizionate al centro della valle da dove si possono scorgere tante cascate, da cui sta defluendo acqua grigia, un misto di neve sciolta e lava nera

IL FASCINO DEL FENOMENO – Fra tante preoccupazioni, c’è un effetto esteticamente piacevole provocato dalla nube vulcanica. Da ieri sera, nei cieli di gran parte dell’Europa, si sono verificati spettacolari tramonti color rosso vermiglio. Sono la diretta conseguenza di un fenomeno di diffusione della luce solare causato dalle particelle di cenere. Il fenomeno, già noto e descritto in occasioni di precedenti eruzioni di portata continentale o globale, ha scatenato, grazie al tam tam di internet, la corsa all’organizzazione di “sunset party”, durante i quali, amici, innamorati, appassionati di fenomeni atmosferici, si godono il Sole più rutilante che si possa mai vedere.
Anche gli appassionati di geofisica, vulcanologia, meteorologia e climatologia sono estremamente affascinati da un fenomeno che potrebbe avere ripercussioni storiche: in queste ore in Islanda si sta verificando uno dei fenomeni storicamente più attraente e interessante sia a livello scientifico che a livello storico, poetico e sociale.
Un fenomeno che, probabilmente, non è destinato a rimanere un episodio isolato…

 Peppe Caridi (meteoweb.it)

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