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C’è un uomo, a Soverato, che vive in un
sottoscala. Uno spazio di circa un metro quadro. Privo di
una finestra e pertanto non areato. Privo anche di acqua corrente.
Di conseguenza, l’uomo che vive nel sottoscala non
ha i servizi igienici. Quindi non ha modo di lavarsi. Sorvoliamo sul
resto.
Quale sia il suo lavoro, come sia possibile che sia arrivato a
questo stato, non lo sappiamo bene. Certo, la sua vita, ad un certo
punto deve essere cambiata così radicalmente da avergli fatto
perdere tutto. Forse anche il rispetto di se stesso. Sappiamo che è
malato, ma l’impressione è che non si curi molto. Alla malattia
fisica, indubbiamente deve essersi aggiunta una profonda
depressione.
Soverato è una cittadina in cui sono presenti molte associazioni del
volontariato. Crediamo che nel loro statuto, ma più semplicemente
nelle intenzioni degli aderenti, vi sia l’idea di un attento esame
delle condizioni degli uomini. Del loro stato di indigenza, delle
difficoltà del vivere quotidiano. Ci chiediamo se, tra le righe dei
vari statuti e nelle semplici intenzioni umanitarie, vi sia spazio,
tempo, per prendere in considerazione anche il caso
dell’uomo che vive nel sottoscala.
Oltre al volontariato esistono, però, anche i servizi sociali. Non
abbiamo dubbi che compiano il loro dovere e che si prodighino come
possono e con competenza per affrontare le emergenze umane del
nostro comune. E’ una attività delicata, dove il senso del dovere si
mescola alla sensibilità dell’agire. Ci chiediamo solo se avranno il
tempo per volgere lo sguardo verso l’uomo che vive nel
sottoscala. Ne avrebbe bisogno.
E poi c’è il Comune. La Pubblica Amministrazione. C’è un assessorato
ed un assessore delegato ad occuparsi anche degli aspetti che hanno
a che fare con il sostegno al disagio delle famiglie. L’assessore in
questione è una donna e forse per questo più sensibile, attenta a
cogliere il senso dei drammi umani. E’ una persona attiva, capace.
Chissà se vorrà provare ad affrontare e risolvere, concedendo una
stanza, un monolocale, insomma qualcosa di proprietà del Comune che
sia dotato del minimo necessario che consenta una sopravvivenza,
almeno umana, all’uomo che vive nel sottoscala.
Non sarebbe male che questo uomo potesse tra qualche giorno
avere una stanza con un bagno, dell’acqua corrente e una finestra
per proseguire la sua difficile esistenza con un minimo, almeno un
minimo, insomma, un tocco di dignità.
Lo sappiamo. Qualcuno potrebbe dire che questa condizione se l’è
voluta lui. Qualcuno potrebbe dire che ognuno è responsabile dei
propri guai. Qualcuno potrebbe dire che se lo è persino meritato il
suo dramma. Forse. Chissà. E’ che talvolta la vita può sfuggire al
nostro controllo cosicché le nostre fragilità si amplificano a tal
punto da essere disastrose. E perdiamo tutto. Proprio tutto.
Ci rivolgiamo all’assessore competente. Ai servizi sociali. Alle
associazioni di volontariato. Fate qualcosa per ridare un minimo di
dignità esistenziale all’uomo che vive in un sottoscala.
Grazie.
Antonio Gallelli
Francesco Raspa
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