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SPECIALI PAGINA LIBERA |
L'Ammazzatoio (3). Esternazioni vinolenti
L’ultimo libro di Umberto Eco, certo, si intitola Il Cimitero di Praga. Avere scritto Il Cimitero di Parigi non è ignoranza, ma una distrazione, un lapsus, visto che il libro si apre con una dettagliata ambientazione di place Maubert e delle vie che si snodano dal Boulevard Saint-Germain. Il protagonista (o i protagonisti, visto il possibile sdoppiamento della personalità dello stesso) vive in un appartamento che si trova in un vicolo cieco o impasse, appunto impasse Maubert. Che si tratti di distrazione… è cosa che chiunque è in grado di capire. Al contrario, è ignoranza collocare un personaggio in un contesto storico sbagliato. Come fa il Repice Lentini. Così il mistico Rasputin non è un uomo che vive e agisce durante il “sovietismo”, perché, come sanno tutti coloro che hanno un minimo di dimestichezza storica, venne assassinato in una congiura nel Dicembre del 1916. Egli frequentava l’ultima famiglia zarista al potere in Russia, quella dei Romanov e la zarina Alessandra lo teneva in grande considerazione, oltre ad avere la protezione dello zar Nicola II. Quando scoppia la rivoluzione bolscevica, Rasputin, dunque è già deceduto. Ecco, questa è, appunto, ignoranza. Inoltre, il libro non si concentra su dei cimiteri. Il cimitero di Praga è luogo in cui, nell’immaginazione del narratore, si riuniscono in gran segreto massoni di tutto il mondo. Altra manifestazione di scarsa conoscenza perché prima di fare allusioni, sarebbe bene accertarsi della loro pertinenza. Il Repice Lentini pensa che il libro di Eco sia ambientato in un cimitero… . Devo comunque ringraziare il signor Repice Lentini di avere scritto “Il cimitero… di Raspa” perché mi toglie il disturbo, il fastidio di una replica puntuale. Egli, infatti, non ha fatto altro che confermare, se non rafforzare, quell’aura di scurrile volgarità che caratterizza il suo modo di esprimersi, che non è sarcasmo, non è ironia, non è satira. E’ solo, ripeto, maleducazione, scurrilità, volgarità. Un qualunque lettore educato e di buon senso è in grado di riconoscerle e distinguerle. Ed il Repice Lentini si è esercitato con molto impegno per farsi riconoscere e distinguere, ancora una volta, come maleducato, scurrile, volgare. Vale la pena sottolineare anche, che quando scrivo sul web è per il piacere di rendere pubbliche alcune mie considerazioni. Non sono per nulla tentato di scalare hit parade di consensi. Tanto più, che la lettura di qualcosa non è conseguentemente indice di approvazione. Diciamo che può capitare che si vada a leggere uno scritto perché gira la voce di quanto sia insulso e pertanto ci si compiace di trovare narrazioni clownesche e prendere atto di quanto sciocche siano certe persone. E’ notorio che la pochezza altrui ci rende più sicuri. Come a dire: “Almeno io non scendo a questi livelli…”. Riguardo alle affermazioni dell’Ulderico mi viene in
mente soltanto una cosa. E condivido anche questa con i lettori, i quali
potranno essere d’accordo o meno: In conclusione, ricordo ai lettori, i
termini, le parole, le espressioni usate dai signori Nisticò e
Repice Lentini. Sono scurrili e volgari. Poi, nel caso
dell’ultimo scritto del Repice Lentini, diciamo pure che sono un tantino
disgustose. Francesco Raspa. P.S. Attendo che mi querelino. Perché sono curioso di vedere l’espressione di un magistrato nel leggere quanto questi buoni cristiani hanno scritto. Parola per parola.
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L'Ammazzatoio
(2)
La vana arte di Ulderico/Michele di arrampicarsi sugli specchi
Repice-Lentini: L’Ulderico: Stavano scherzavano? Ci hanno provato a metterla sul ridere. L’Ulderico poi si prodigato in saggi sulla moralità. Discorsi del tutto privi di senso perché il contendere non era solo la natura “maligna” degli uomini di potere, bensì la loro (di Ulderico e Michele) scurrilità e volgarità, in questa occasione. E tutto quello che hanno scritto ha solo reso più evidente il drammatico imbarazzo nel quale si sono ritrovati. Per ultimo un patetico e ipotetico dialogo notturno tra i due che fa proprio sorridere. Le critiche sono, però servite, e gli sono state utili come lezione. Come tutti possono notare gli ultimi scritti sono apparsi decisamente meno scurrili. Gli abbiamo insegnato qualcosa. Non ci aspettiamo che ci ringrazino. E’ sufficiente così. Francesco Raspa
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"L'Ammazzatoio" di Ulderico e Michele
Francesco Raspa
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