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SPECIALI PAGINA LIBERA |
IL BASTONE E LA CAROTA
Come ben noto quello del bastone e della carota è un metodo di disciplina applicato alle bestie da soma. In sintesi si usa la carota – il dolce – per premiare in caso di obbedienza al comando e si usa il bastone – l’amaro – per punire in caso di disobbedienza al comando. Oggi, sia pure con gli opportuni aggiustamenti, il metodo è ancora in voga e nei campi più svariati.Lo è nei normali rapporti di tutti i giorni tra uomo e uomo, tra uomo e donna, tra donna e donna. Ma trova grande applicazione in campi della vita che hanno una grande influenza sull’uomo nella vita di tutti i giorni. Per esempio nell’informazione. I giornali vivono se hanno lettori e inserzionisti pubblicitari. Questi ultimi possono perciò usare il bastone e la carota con i media: minacciano riduzioni degli investimenti in caso di notizie sgradite e promettono aumenti quando sono positive. Così pure governi e istituzioni locali che acquistano spazi pubblicitari.Per esempio nella politica. Chi comanda usa il proprio potere – quindi la cosa pubblica – per ottenere consenso mediante la concessione di favori oppure usa il pugno di ferro nei confronti di chi non si assoggetta alla propria volontà, colpendo l’interlocutore nella propria dignità di uomo. L’aspetto economico è preponderante. Il metodo del bastone e della carota trova grande applicazione, poi, nel corso delle campagne elettorali, divenendone lo sport d’elezione. Promesse, concessioni, soluzioni a problemi da tempo irrisolti, facilitazioni, emarginazioni, ritardi, dispetti, ostracismo: sono questi gli aspetti più comuni del metodo, che sfocia inesorabilmente nell’arbitrio in una bieca compravendita della dignità dell’essere umano.Per autodifesa, allora partecipiamo senza farci soggiogare dal ricatto delle promesse, delle finte promesse, e dalla minaccia di emarginazione. Mettiamo da parte quel famoso orticello e procediamo a testa alta e con la schiena ben dritta. Nel pieno della nostra dignità. Leonardo Taverniti
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IL LUPO E L’AGNELLO
Ma il lanuto rispose che stava bevendo a fior di labbra e che peraltro, trovandosi più a valle, non poteva sporcare l’acqua a lui. Il lupo allora, visto fallire il pretesto addotto, disse :<< Però l’anno scorso tu offendesti mio padre!>>. E come l’agnello gli ebbe risposto che a quell’epoca non era ancora nato, gli fece il lupo : << Guarda che, pure se hai facili gli argomenti per scagionarti, non per questo rinuncerò a mangiarti >>. La favola dimostra che di fronte a coloro che hanno la propensione a commettere ingiustizie non può nulla neppure la difesa più giusta! ( Esopo) Leonardo Taverniti
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Faber suae quisque fortunae…
Questa frase semplice semplice racchiude in sé un significato profondo perché mette in evidenza che il successo o l’insuccesso, il benessere o il malessere, non dipendono dal caso ma solo da noi stessi. Questo è ancor più vero per noi meridionali, che siamo propensi ad imputare al fato quello che ogni giorno ci succede. Dipende da noi se le occasioni che ci passano davanti vengono colte o meno. In una realtà tanto complessa come quella che si vive nella nostra terra dobbiamo riprenderci allora la definizione del nostro destino, lasciando da parte la fatalità senza demandare ad altri ogni potere decisionale. Allora è necessario uscire allo scoperto, partecipando fattivamente alla vita civile e sociale senza lasciare spazi liberi che verrebbero altrimenti occupati – come avvenuto nel passato – da soggetti senza arte né parte che ( sic) deciderebbero per noi. Lascio capire come. Allora partecipiamo senza farci soggiogare dal facile clientelismo e dal ricatto delle promesse, perché altrimenti saremmo sempre sudditi. Umili sì ma con piena dignità. Cerchiamo di essere protagonisti del nostro destino. Leonardo Taverniti
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