|
|
SoveratoWeb.Com - Il Portale di Informazione del Soveratese |
![]() | SPECIALI PAGINA LIBERA |
L'ultimo volo del Peter Pan nero
Era
la tranquilla sera del 4 luglio ’92. David Zard mi aveva invitato ad assistere
al concerto più spettacolare del mondo. Detto da lui c’era da crederci. Michael
Jackson non era uno qualunque e certamente ci sarebbe stato da divertirsi. Poi,
avevo già organizzato Spandau Ballet, Santana, Tina Turner, Sting e coltivare un
altro sogno calabrese non mi dispiaceva affatto. Il Flaminio era circondato da
file di ragazzi con panini e zainetto, alcuni seguiti da genitori con cravatta
e giornali. Era il primo concerto con biglietto elettronico. Tutto, ma proprio
tutto, davvero speciale. La magia della sua musica aveva contagiato gente di
tutte le età, per nulla preoccupata dal titolo dello show: “Dangerous World
Tour”. Jackson l’aveva chiamato così, anche se di veramente pericoloso o
rischioso ci fossero solo le urla delle ragazzine, almeno per i timpani. Il
Peter Pan nero, come lo aveva definito qualcuno, arrivò puntuale sotto una
pioggia di fuoco, accompagnato dalle note dei Carmina Burana. Ci inzuppammo
subito di scroscianti emozioni. “Fantasmagorico, maestoso, formidabile!” In
tribuna giornalisti e colleghi facevano a gara a trovare l’aggettivo giusto.
Lui, piccolo e sempre meno nero, in fondo un uomo normale, in mezzo a quel
palcoscenico che definire solo ciclopico potrebbe non dare l’idea di quanto
fosse grande, cantava e ballava, tra passi da Broadway ed improvvise
accelerazioni di dance metropolitana, quella che lui aveva inventato. Mi sembra
di averlo ancora davanti. In ogni brano lo spettacolo incanta, la musica
stordisce, gli effetti gelano. I ragazzi fanno “oh” per davvero ad ogni cambio
di scena. Sparisce sotto una coperta come in un giochino di prestigio in
“"Working day and night", divide in due il palco in “Thriller”, gonfia il più
grande mappamondo mai visto mentre decine di bambini cantano "Heal the World".
“Salviamo il mondo!” Sì, perché Michael amava la vita e combatteva per cause
umanitarie di ogni tipo. Un Peter Pan nero, sempre meno nero, in volo con la sua
musica nell’immaginario di grandi e piccini. Il pubblico lo amava anche per
questo. Quella notte romana si riempì della sua gioia di vivere e della sua
musica senza tempo. In mezzo a tutte quelle sorprese da far sbarrare gli occhi,
arrivarono i sui tanti "hit" per gli orecchi e la pelle, da "Smooth criminal" a
"I just can' t stop loving you", da "Billie Jean" a "Beat it" e "Man in the
mirror", fino a qualche omaggio ai suoi Jackson Five, al suo io rimasto sempre
bambino. Per oltre due ore la realtà restò fuori da quello stadio, trasportato
nello spazio come una grande astronave con quarantamila persone a bordo. La
conclusione ipertecnologica, da sbarco sulla luna, strappò qualche lacrima a
tanti. Michael, o probabilmente una sua controfigura, volò via dal palco spinto
verso il cielo da razzi simili a quelli di James Bond. Alzammo tutti gli occhi
per seguirlo, illuminato da un fascio di luce, fino a sparire. Oggi le lacrime
sono riapparse improvvise negli occhi di chi, con la sua musica, ha vissuto
avventure e amori, storie, notti d’estate in discoteca o in riva al mare, in
auto o sotto l’ombrellone. Sono riapparse negli occhi di chi, solo nella sua
stanza, ha qualche volta provato ad imitarne i passi. Questa volta a volare in
cielo non c’era una controfigura, ma il Michael vero, quello pieno di paure e di
umanità, quello che ci farà alzare gli occhi, non per un nuovo effetto speciale,
ma perché sarà lì, sopra di noi, a brillare come una stella vera. Questa notte
Michael, il Peter Pan nero, ha terminato il suo più grande concerto ed è volato
via davvero.
Ruggero Pegna
Soverato Web non è responsabile del contenuto degli Articoli Pubblicati |
SoveratoWeb.Com - Il Portale di Informazione del Soveratese
|