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POVERA SOVERATO
Non avvenga che alcuno “… rimembrando il tuo passato vanto, non dica: già fu grande, or non è quella.”

   


Mi piace riporre l’attenzione sulle condizioni in cui versa Soverato, già evidenziate da Fausto Pettinato . E’ un piacere per modo di dire! Avrei certamente preferito non si fosse reso necessario. In particolare una cosa mi ha colpito : che ad interessarsi, osservare e puntualizzare le condizioni di degrado di Soverato sia una persona non di Soverato.  Ed i concittadini Soveratesi si sono accorti? Sono  forse contenti o sono distratti ?  Se così non è perché non si promuove una vox populi di disapprovazione e contestazione ?

Tra il caos che regna in  città, ed è tanto, vorrei soffermarmi  su alcuni  specifici punti superando la preoccupazione che questo mio dire possa essere frainteso e suscitare solo sterili polemiche partitico-politiche. Ma, peggio sarebbe se venissero meno anche quelle !  Ed entriamo nel merito. Soverato, la ex perla dello Jonio, langue. Se è vero che a comprometterne oggi l’immagine è la delinquenza oltremodo grave e preoccupante che si sta manifestando e se è vero che contro di essa ben poco può fare l’Amministrazione al di la di quello che ha già fatto, è altrettanto vero che, laddove sarebbe possibile e doveroso fare, non si fa. Regna l’abbandono completo che spaventa e rattrista chi ha cuore questo paese. Tralasciando tutte le altre cose che, tutte importanti impegnerebbero l’intera rivista, la prima cosa che mi viene da considerare è il Verde pubblico ed in particolare le due sue più interessanti espressioni : ORTO BOTANICO e   LUNGOMARE.

Dell’Orto Botanico non so quanti cittadini abbiano avuto mai occasione di gustare le particolari peculiarità : amenità paesaggistica,  profumi e colori che scaturiscono dalle varie essenze presenti, interessanti curiosità di residuati bellici, angolini di frescura con sgorgo di acqua naturale potabile. Purtroppo tale godibilità è preclusa. I cancelli sono sbarrati con catena. Vivo nel contorno del parco ed assisto spesso allo spettacolo di turisti che bussano ai vari cancelli delle vicine abitazioni, compreso il mio, per chiedere informazioni sulla possibilità di effettuare una visita. Ma tanto è poco se si pensa che molte essenze pregiate e specialmente alcune siepi, con questa arsura estiva, sono al collasso. Contrariamente a quanto avveniva quando il parco era gestito dall’ AFOR,  è oramai da tempo che non viene effettuata alcuna irrigazione. Anche la sua recinzione è in alcuni punti divelta. In un particolare tratto essa rappresenta grave pericolo per il possibile precipizio che offre a chi cammina lungo la panchina. Capisco le difficoltà economiche, ma ci sono delle priorità da osservare che sono anche di carattere strutturale e che vanno al di là delle belle e, molte volte, costosissime manifestazioni pubblicitarie di facciata alle quali invece pare venga dato ampio spazio. Vorrei a questo proposito proporre qualche soluzione poco costosa se non addirittura proficua :  perché non si prova a dare una concessione a qualche referenziato privato ( magari scelto a concorso) per la installazione di un chiosco con edicola, bar ristoro, gioco per bambini e commettere a questo l’incarico della custodia e manutenzione di quella specifica zona affidatagli ? Certamente si renderebbe più fruibile e partecipato questo angolo di paradiso. Sono esempi già sperimentai nei migliori parchi e giardini del mondo poiché consentono una controllata gestione, una possibile occupazione autonoma per qualche famiglia e, perché no, un modesto reddito per l’Amministrazione Comunale. Ma queste sono cose molto difficili per chi è troppo impegnato  in cose più serie !

Ancor peggio perché immediatamente più visibile, risulta l’abbandono ed il degrado della fascia di verde, si fa per dire, sul lungomare, compresa tra l’ex baracca dei pescatori ed il Gange. E’ diventato difatti il regno delle squallore : una pineta che non ha motivo di esistere. Poteva avere un significato quando costituiva  una osi extraurbana. Oggi è solo un ricettacolo di tenebrosa sporcizia specialmente di sera. Il  sottobosco  caratterizzato da aghi di pino, acidi per loro natura,  non consente alcuna vegetazione, tantomeno un qualsiasi intervento di pulizia. La sua riconversione in aiuole con tappeto verde e la piantumazione di altre essenze più pregevoli come quelle già presenti sul lungomare ( vedi aiuola Suore Maria Ausiliatrice e nuovo lungomare Giovanni XXIII) ne costituiscono un esempio. Non sarebbe troppo pensare anche a qualche getto d’acqua che, nel verde e con il verde, rappresenta  il perfetto connubio di ristoro estivo e di armonia paesaggistica. Ancor più critica è poi la situazione delle zone e degli spazi “ liberi ” compresa la piazza Amerigo Vespucci. Arsura e presenza di sconvenienti manufatti li rendono assolutamente disdicevoli ed indecorosi. Negli anni precedenti si procedeva, per lo meno, a far funzionare degli irrigatori che, se non tenevano a modo il prato, almeno evitavano quell’indecente spettacolo di aridità polverosa da dopo fiera di paese. E’ un vero sconforto ! Resta lo scoramento nell’osservare il contrasto tra il naturale meraviglioso paesaggio che ci offre l’arco del Golfo di Squillace e la rappresentazione opposta che mette in  discussione, non solo il verde di cui si è detto, ma anche l’eterogeneità dell’organizzazione della spiaggia e della balneazione. In questo contesto si deve anche inquadrare la scelta della ubicazione della nuova “ Baracca dei pescatori ” nonché la sua Architettura non certo degna del “ più bel lido del più bel mare del mondo”!

 Povero Calabretta ed i suoi sogni!

 Arch. Antonio Frangipane

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