|
SoveratoWeb.Com - Il Portale di Informazione del Soveratese |
SPECIALI PAGINA LIBERA |
Due passi indietro
Da modesto conoscitore del risorgimento italiano (però ho letto sia Rizzo che Zitara) vesto con comodità i panni del lettore defilato, ma oggi mi concedo la licenza di condividere un prezioso insegnamento del mio professore di Matematica donatomi mentre ero alla lavagna intento, senza molto successo, a risolvere un’equazione chilometrica: “Fai un passo indietro”. Quando l’equazione occupava mezza lavagna mi diceva “Fai due passi indietro”. Tutto qua, ma efficace. Invito gli autori degli scritti ed i semplici lettori dell’argomento a fare due passi indietro così da aver di mira oltre alle parentesi tonde, anche quelle quadre e graffe. Limitarsi a discutere animosamente del risorgimento è come disquisire sulle modalità di svolgimento della somma di 2 + 2 contenuta in una parentesi tonda. Facendo due passi indietro ci rendiamo conto che l’equazione è molto complessa, ma soprattutto abbiamo già un dato incontrovertibile: il risultato ha segno negativo. Questo ultimo punto, è il nocciolo del discorso. Da meridionali non possiamo non negare di vivere in una condizione vergognosa. Non voglio tediare coi soliti discorsi da comizio elettorale, ma non possiamo fingere di non sapere che siamo completamente privi di infrastrutture, che la giustizia, la sanità e la scuola sono allo sfascio e che le mafie prevaricano sia la società civile che le forze dell’ordine. In poche parole, lo Stato è assente La totale assenza dello Stato ha creato un livello di disoccupazione che da decenni si è assestata su medie spaventose (30% accertato, ma almeno 50% reale). La mancanza di lavoro e le ovvie conseguenze fa del meridione un bacino di 30 milioni di voti acquistabili alla modica somma di 10 Euro o peggio ancora al prezzo di una promessa, che inconsciamente si sa bene essere l’ennesima bugia, ma per sopravvivere c’è bisogno di sperare in qualcosa. La malavita raccoglie e manipola i voti per poi elargirli ai peggiori esponenti politici, disposti a servire la ‘ndrangheta in ogni modo pur di garantirsi cinque anni di lauti stipendi e benefit da spendere a Catanzaro, Roma o Bruxelles. Non è facile rompere l’ingranaggio, per il semplice fatto che dello stesso ne fa parte lo Stato. Cresciuto a pane e “La Piovra”, all’età di dodici anni da grande sognavo di fare il mestiere di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e al fianco di poliziotti e carabinieri sognavo di combattere contro i cattivi capaci di fare cose brutte come l’omicidio dell’Appuntato Renato Lio, la cui salma avevo casualmente scorto mentre mi portavano a mare, assaggiando per la prima volta in vita mia il terribile sapore dello sgomento. Tuttavia all’epoca si respirava un’aria frizzante di rivalsa. Non ero il solo ad essere certo che i cattivi sarebbero stati sconfitti, ma anche gli adulti credevano in ciò. Fu in quel magico contesto che chiesi a mio padre cosa bisognasse fare per diventare come Giovanni Falcone e lui mi rispose “Devi studiare più di quanto fai adesso” e dopo un mio irritato “Hmm..” aggiunse “All’università devi studiare giurisprudenza”; lo guardai perplesso e tradusse: “Dovrai studiare Legge”. Così feci. Nel mentre terminavo gli studi però è cambiato tutto. Dal 1993 in poi i mass media hanno ripetuto come un mantra “è stato inferto un duro colpo alla mafia”, “è stato decapitato il clan tal dei tali”, ma andando in Sicilia oggi più di ieri la mafia la si tocca con mano, la si respira per strada, la si percepisce in ogni luogo. In Calabria poi, se nel 1992 c’erano una decina di famiglie dedite alla malavita, oggi ce ne sono centinaia e il loro giro d’affari, il raggio d’azione, il potere, la spregiudicatezza e l’impunità sono cresciute esponenzialmente. Veniva da credere che la generazione di meridionali del 1992 che con tanta veemenza aveva combattuto l’illegalità avesse fallito. Invece due anni fa scoprivamo che lo Stato era sceso a patti con la mafia! Maledetti senza vergogna, ci hanno condannati ancora una volta al quotidiano sfruttamento, al terrore, alla povertà, all’imbarbarimento. Il 150esimo dall’Unità d’Italia è l’occasione appropriata per tirare le somme e giungere alle conclusioni, che, come dicevo sopra, per noi meridionali sono negative. Sono negative perché troppe generazioni di meridionali si sono sacrificate in nome di un’idea, un sogno partorito 2 secoli fa: l’Italia unita. Nella mia famiglia, come in tante altre, si emigra da quattro generazioni. Quando noi meridionali andiamo al Nord o all’estero abbiamo quasi sempre successo, a dimostrazione che se lo Stato desse attuazione al 2° comma dell’art. 3 della Costituzione (È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana) il meridione sarebbe la locomotiva di questo paese. Quando ci rechiamo all’estero siamo sempre benvenuti, al più dobbiamo sopportare qualche battuta bonaria su la mafia e gli spaghetti, mentre quando mettiamo piede da Roma in su, basta aprire bocca (per chi come me conserva orgogliosamente l’accento di casa) per essere immediatamente guardati con sospetto e trattati con distacco. Andando in Spagna ed in Grecia troviamo una gastronomia, degli usi, dei costumi e degli stili di vita (nel senso comune del significato) molto vicini ai nostri, mentre da Firenze in su ancora una volta ci sentiamo stranieri: per la cena alle 6 del pomeriggio, per l’assenza della pennichella o della pausa pranzo lunga, per il mancato scambio del saluto tra conoscenti, etc. Tirando le somme prima che questo scritto scada rovinosamente in un banale spettacolo di cabaret, mi chiedo cosa dovremmo festeggiare: le condizioni pietose in cui noi meridionali siamo ridotti a fronte di ben altre condizioni garantite al resto d’Italia ? Il trattamento riservato a noi meridionali da buona parte degli italiani del centro nord? La mancanza di usi, costumi e tradizioni comuni da Trento ad Agrigento? La tolleranza a senso unico dei meridionali che accettano a braccia aperte i settentrionali in vacanza per poi essere maltrattati da quest’ultimi quando poi vanno “a casa loro” ? La disparità di investimento delle risorse economiche da parte del Governo centrale, checché ne dica la Lega? L’introduzione del federalismo fiscale che già adesso sta affamando Soverato? O forse, come molti pensano, dovremmo festeggiare l’unità perché è un punto di forza? A tutti coloro che pensano ciò ricordo l’ordine di arrivo delle navi in soccorso dei terremotati di Reggio Calabria e Messina nel 1908: Makaroff, Guilak, Korietz, Bogatir, Slava, Cesarevitc, Sutley, Minerva, Lancaster, Exmouth, Duncan, Euryalus. Le prime sei navi battevano bandiera russa e le altre battevano bandiera inglese; le navi italiane arrivarono dopo; da nord. Se per assurdo domani vi fosse una secessione, dove sta scritto che il meridione non avrebbe un esercito regolare, forte e temuto? Dove sta scritto che un fantomatico Stato dell’Italia meridionale, con la sua posizione geografica strategica (le principali basi N.A.T.O. sono in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania), non avrebbe ottime relazioni coi principali paesi europei ed extra europei ? Insisto col chiedervi ancora una volta, in cosa consiste questa unità, al di là della retorica della bandiera, dell’inno e del patriottismo spiccio? E’ forse una cosa in cui doverci credere punto e basta? È quindi una questione di fede? Personalmente non ho altro Dio all’infuori del mio! E, a meno che non sia circondato da adepti del paganesimo, credo di non essere il solo. Concludo rivolgendomi in particolar modo ai tanti che prima di sentirsi calabresi o meridionali si sentono ciecamente “Fratelli d’Italia”, citando delle parole stupende pensate dai loro “Fratelli d’America” il 4 luglio 1776 a Filadelfia: “Quando nel corso degli umani eventi si rende necessario ad un popolo sciogliere i vincoli politici che lo avevano legato ad un altro ed assumere tra le altre potenze della terra quel posto distinto ed eguale cui ha diritto per Legge naturale e divina, un giusto rispetto per le opinioni dell'umanità richiede che esso renda note le cause che lo costringono a tale secessione. Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità; che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile possa apportare Sicurezza e Felicità. […] ” (Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America). Beato chi nel rassegnarsi alla penosa condizione in cui giacciamo è riuscito a trovare la Felicità. Marco Montepaone |
|
|