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“Mimma cara, la tua mamma se ne va pensandoti e amandoti, mia
creatura adorata, sii buona, studia ed ubbidisci sempre gli zii che
t’allevano, amali come fossi io.
Io sono tranquilla. Tu devi dire a tutti i nostri cari parenti,
nonna e gli altri, che mi perdonino il dolore che do loro. Non devi
piangere né vergognarti per me. Quando sarai grande capirai meglio.
Ti chiedo una cosa sola: studia, io ti proteggerò dal cielo.
Abbraccio con il pensiero te e tutti, ricordandoviLa tua infelice
mamma”.
E’ l’ultima lettera (tratta dal libro “Lettere di condannati a morte
della resistenza italiana”, edito da Einaudi) di Paola Garelli, di
anni 28, entrata a far parte della Brigata SAP “Colombo”, Divisione
“Gramsci”, assolvendo compiti di collegamento e di rifornimento
viveri e materiali per le operazioni operanti nei dintorni della
città di Savona. Venne arrestata nella notte tra il 14 e il 15
ottobre del 1944 nella propria abitazione, ad opera dei militi delle
Brigate Nere. Fucilata il I° novembre 1944, senza processo, assieme
ad altri cinque partigiani.
Basterebbe questo per far tacere gli stolti e gli ignoranti,
immaginando la scena in cui una mamma di soli 28 anni è costretta a
morire per difendere le proprie idee, uccisa da bestie umane (mi
scusino le bestie per il paragone).
Voglio riportare un’altra lettera, tratta dallo stesso libro,
firmata Paolo Braccini (Medaglia d’Oro al Valor Militare), docente
universitario, morto a 36 anni. Nel 1931 egli viene allontanato dal
corso allievi ufficiali per professione di idee antifasciste; viene
arrestato il 31 marzo del 1944 da esponenti della Federazione dei
Fasci Repubblicani di Torino e dopo un breve processo di due giorni
viene fatto fucilare il 5 aprile 1944 con altri sette partigiani.
“Gianna, figlia mia adorata, è la prima ed ultima lettera che ti
scrivo e scrivo a te per prima, in queste ultime ore, perché so che
seguito a vivere in te. Sarò fucilato all’alba per un ideale, per
una fede che tu, mia figlia, un giorno capirai appieno.
Non piangere mai per la mia mancanza, come non ho mai pianto io: il
tuo Babbo non morrà mai. Egli ti guarderà, ti proteggerà ugualmente:
ti vorrà sempre tutto l’infinito bene che ti vuole ora e che ti ha
sempre voluto fin da quando ti sentì vivere nelle viscere di tua
Madre. So di non morire, anche perché la tua Mamma sarà per te anche
il tuo Babbo: quel tuo Babbo al quale vuoi tanto bene, quel tuo
Babbo che vuoi tutto tuo, solo per te e del quale sei tanto gelosa.
Riversa su tua Madre tutto il bene che vuoi a lui: ella ti vorrà
anche tutto il mio bene, ti curerà anche per me, ti coprirà dei miei
baci e delle mie tenerezze.
Sapessi quante cose vorrei dirti ma mentre scrivo il mio pensiero
corre, galoppa nel tempo futuro che per te sarà, deve essere felice.
Ma non importa che io ti dica tutto ora, te lo dirò sempre, di volta
in volta, colla bocca di tua Madre nel cui cuore entrerà la mia
anima intera, quando lascerà il mio cuore.
Tua Madre resti sempre per te al di sopra di tutto.
Vai sempre a fronte alta per la morte di tuo Padre”.
Tra le pagine di Soveratoweb, invece, ogni tanto esce fuori qualche
articolo di uomini nostalgici dei tempi in cui dei vermi in divisa
osavano calpestare e stroncare la vita altrui. Mi spiace constatare
che in un giorno tanto importante (il 25 aprile) c’è chi si permette
di infangare la memoria dei partigiani con idee anticostituzionali,
oltre che di una bassezza
culturale che ripugna.
Se c’è qualcuno che abbia un minimo di intelligenza e volesse
rispondere, lo faccia senza elencare le colpe dell’altra sponda,
evitando di ridurre tutto ad una classifica degli orrori.
Alessandro Giacobbe
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