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Calabresi illustri nell’alta moda

Il ricordo del grande stilista reggino tramite una rara intervista concessa nel 1990 e oggi definita storica
Quel giorno in cui Versace si commosse
I suoi occhi pian piano si velarono parlando della Calabria e della madre Francesca

Gianni VersaceGianni Versace, il calabrese gran maestro del made in Italy nel mondo (scomparso anni addietro), si sa, era piuttosto restio nel rilasciare interviste. Colto, amante delle buone letture, appassionato d’arte antica e moderna, odiava qual­siasi tipo di presenzialismo e a memoria d’uomo non si ricorda una sua sola uscita in pubblico che non fosse legata direttamente al lavoro di stilista. Nonostante ciò, nel lontano 1990, grazie all'affettuosa «complicità» di Ornella Vanoni, sua grande estimatrice e amica da molti anni (sempre vicina alla sua famiglia, al punto che arrivò a fare da testimone di nozze persino della sorella Donatella con l’americano Paul Beck), riuscii ad intervistarlo. La Vanoni, durante un Festival di Sanremo (al quale partecipavo come ufficio stampa di una casa discografica milanese) mi promise di interessarsene personalmente. E così riuscì a fare in modo che il maestro decidesse di raccontare la sua vita attraverso le colonne del settimanale «Grand Hotel». Oggi, quell'intervista, da molti oggi definita storica, è «conservata» quasi come un cimelio (in quanto testimonianza di un personaggio illustre) nel mio website: www.vincenzopitaro.it

Se se ne parla, in questa circostanza, riproponendone qualche stralcio, è solo perché questo è l'unico modo possibile per ricordare la figura e l'opera di un grande calabrese, nella piena consapevolezza che i grandi, quando scompaiono, vanno commemorati con il ricordo delle loro azioni o con l'esempio delle loro opere, senza sciuparne l'immagine con vuoti esercizi di retorica.

Ciò che in occasione di quell'intervista mi colpii, dunque, fu la sua semplicità nel presentarsi e la successiva commozione. Eppure, Gianni Versace era solito frequentare la principessa Diana d’Inghilterra (che conosceva molto bene), Bruce Sprinsteen che spesso veniva ospitato nella sua villa sul lago di Como; Sting, per il quale aveva da poco realizzato un frac che si trasformava in uno smoking per i suoi spettacoli, e così via: da Cher a Prince, Don Johnson, ecc.

Capii subito però che quella sua emozione era suscitata dal fatto di dover parlare della «sua» Calabria.

Difatti, mentre raccontava la sua vita - seduto a fianco della Vanoni nella sua fantastica casa di Milano, arredata con preziosi mobili imperiali e arricchita da statue del periodo greco-romano (casa che un tempo apparteneva agli editori Rizzoli e poi diventata il centro del suo impero) i suoi occhi divennero lucidi come se si commovesse del suo stesso entusiasmo; un entusiasmo  che - lo si capiva facilmente - non lo aveva mai abbandonato nemmeno una volta da quel 5 febbraio del 1972, quando partì da Reggio Cala­bria alla volta di Milano.

«A Reggio», ricordò Versace, «mi occupavo della sartoria e della boutique di mia madre, che spesso sentivo più felice per i modelli che realizzavo che per i soldi che entravano in casa». E seguitando a parlare della madre Francesca (una donna generosa che venne a mancare ai figli troppo presto) la sua voce divenne ancora più dolce.

«Nell’azienda di Reggio producevamo una linea che disegnavo io stesso in collaborazione con mia madre. Poi, un giorno, mi chiamarono a Milano. Dovevo scegliere delle stoffe e realizzare di corsa una collezione per la "Florentini Flowers". La collezione piacque tanto che i proprietari di quell’azienda, i quali oltre a darmi i quattro milioni pattuiti, mi regalarono anche un maggiolino Volkswagen».

Quattro milioni di lire erano già una cifra nel 1972, ma non sono nulla se confrontati con i quasi quattrocento milioni di euro di fatturato che la Gianni Versace S.p.A. realizza oggi annualmente tra l’abbigliamento uomo e donna, gli accessori, i profumi, le piastrelle, gli occhiali, e le consulenze per altre linee di prêt à porter.

«Presentai la prima collezione con il mio nome il 28 marzo 1978 alla "Permanente" di Milano. Erano abiti autunno-inverno», disse Gianni Versace.

Nacque così la sua prima boutique esclusiva in via della Spiga, la via del grande shopping di qualità a Milano, cui seguirono altre 110 boutique che con 400 punti vendita in tutto il mondo che distribuirono i suoi fantastici abiti. E se molti suoi colleghi preferirono non inoltrarsi in altri settori che non fossero la moda, Gianni Versace amò avventurarsi in tutto ciò che era cultura, diventando lui stesso un fenomeno cultu­rale.

(Vincenzo Pitaro, giornalista e scrittore)

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