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E se il Corso diventasse il salotto di Soverato?
Ma la decisione di inserire il senso unico sul Corso Umberto ha un suo fondamento se finalmente si pensa a un restyling funzionale della principale via cittadina, attualmente “dotata” (!) di marciapiedi a prova di mamme col passeggino e di disabili (così definiti solo per brevità, perché la definizione appropriata è “diversamente abili”). E qui mi svesto dei panni di automobilista e indosso i consueti panni di architetto, provando ad articolare una proposta che ogni lettore potrà valutare. Parliamo del tratto di corso Umberto posto tra l’incrocio del passaggio a livello e l’incrocio con via Olimpia. Con l’istituzione del senso unico si potrebbe anzitutto rialzare l’intera sede stradale di quei 20-25 centimetri che compensino l’altezza spropositata dei marciapiedi in vari punti, e al contempo si potrebbe restringere la carreggiata di un paio di metri allargando così i marciapiedi laterali e portandoli al livello degli ingressi dei negozi, per facilitarne l’accesso a chiunque, compresi i disabili. Le strade ortogonali al Corso verrebbero poi raccordate alla sede rialzata tramite brevi rampe inclinate, che obbligherebbero i veicoli che si immettono sulla via principale a prestare maggiore attenzione, a vantaggio della sicurezza dei pedoni. E i parcheggi? Per carità, manco uno, proprio come adesso, non c’è lo spazio. Il Corso sarà delle persone, non delle macchine. Ma ogni tanto una piazzola di sosta per le emergenze e per i fornitori, quella sì: purché questi non pretendano di sostare proprio davanti al loro negozio. Il deflusso delle acque piovane rimarrebbe quasi intatto perché basterebbe rialzare i pozzetti di raccolta, e ciò varrebbe anche per le altre canalizzazioni. Risolta la funzionalità, pensiamo all’estetica: a questo punto i marciapiedi laterali sarebbero larghi anche tre metri a seconda delle zone, e la carreggiata sarebbe ristretta a circa quattro metri, più che sufficienti per un senso unico, e per ridurre la velocità dei veicoli. In alcuni punti di maggior larghezza troverebbero spazio perfino delle piccole aree con panchine, e in subordine anche una pista ciclabile. I due lati della carreggiata – che sarebbe leggermente ribassata rispetto ai marciapiedi – potrebbero poi essere cintati da filari di fioriere e di dissuasori che garantirebbero la sicurezza dei pedoni, e a questo punto sui margini dei marciapiedi troverebbero spazio anche nuove panchine che sarebbero rivolte spalle alla carreggiata centrale, cioè verso le vetrine dei negozi. Il resto lo farebbe una bella pavimentazione e soprattutto una adeguata illuminazione. Allora, forse, anche Soverato avrebbe finalmente un salotto degno del suo nome, e chissà che ciò non possa segnare l’inizio dell’agognato rilancio turistico. A quel punto al Corso gli si potrebbe anche cambiare il nome, re Umberto I ha tante vie in Italia che manco se ne accorgerebbe. A chi intitolare il nuovo Corso? Ma a una “suveratana doc”, naturalmente: a Caterina Piperata, la bambina unica vittima del terremoto che nel 1783 distrusse Soverato Vecchia (mia croce e mia delizia). Tra tanti più o meno illustri Carneade che popolano la toponomastica soveratese, almeno per una volta diamo a Cesare quel che “ è ” di Cesare. Le idee, giuste o sbagliate, ci sarebbero pure, ma a Soverato a quanto pare mancano i soldi. E si sa, senza soldi non si cantano Messe. Auguri.
Michele Repice Lentini |
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