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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò |
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TRENTA PER CENTO IN PIÙ
Sarei curioso di sapere dov’è che il “Secolo XIX” ha trovato la notizia che il turismo di Soverato è cresciuto del 30%; e, incidentalmente, cosa gliene frega del turismo di Soverato ad un giornale di Genova. Secondo me, c’è qualche manina delicata che lavora nell’ombra.
Ma, a parte che non è assolutamente vero, quand’anche, per ipotesi, lo fosse, significherebbe che gli alberghi soveratesi, i quali assommano 380 (dico trecentottanta!) posti letto, e sorvoliamo su alcuni, l’anno passato erano occupati per circa 270, e quest’anno hanno il pieno: 110 persone in più! Bum! Comunque non è vero, e basta un’occhiata alla spiaggia la mattina: semivuota anche di paesani. Idem per la sera. Insomma, è una delle solite bufale che Qualcuno prima ispira, poi si scorda di essere stato l’ispiratore magari a cena, infila il giornale sotto l’ascella e lo mostra a tutti.
Se dunque Soverato non arriva alle quattro centinaia di letti ufficiali, dove dormono i forestieri, se e quando vengono? I più, a casa della mamma nei paesi interni, e “scendono” in spiaggia libera senza lasciare un soldo, o bevono una birra rigorosamente in vetro straimpipandosene dell’ordinanza, comunque a costi men che popolari. Altri stanno negli appartamenti affittati in nero, nerissimo come la filosofia di Schelling secondo Hegel, in cui tutte le vacche sono nere.
Questa è stata la sventura, la scelta suicida della demagogia demosocialista degli anni 1970-90: invece degli alberghi, costruire le case con la scusa che la gente non ne aveva, falsissimo, in realtà per destinarle all’affitto clandestino.
Già, clandestino, prima di tutto sotto l’aspetto legale. Di grazia, com’è che io, quando vado da qualche parte per un convegno, e in albergo sto in tutto quattro o cinque ore, devo esibire subito carta d’identità, e a Soverato uno sta un mese e non si sa chi è, e non passa un vigile, carabiniere o poliziotto a chiederlo? Potrebbe essere un terrorista di bin Laden, o, peggio, un agente del Mossad; un latitante; uno spacciatore... niente, nessuno lo sa. È mai venuto a mente al prefetto, al questore, al comandante dei CC che stanno commettendo un evidente reato di omissione?
Sul fisco, non mi dilungo!
Essendo dunque del tutto clandestini, gli appartamenti in nero costano quanto vogliono e offrono i servizi peggiori. Ma tant’è, la clientela è di bocca buona, alla peggio, arrangiata, e si contenta. Intanto, se una casetta viene messa a 3000 euro al mese, detto così pare una cifra enorme, però diviso quattro persone, diviso 31 giorni, fanno 24 a testa; se sono sei, 16. Spesso sono di più. Perciò, se, ammesso che nei primi giorni di agosto si noti qualche faccia nuova, saranno bagnanti da appartamento in nero e senza carta d’identità.
Così Soverato venne messa in svendita, proprio negli anni in cui le migliori località compivano il colpo d’ala verso la qualità. L’invasione agostarica di una piccola massa di bagnanti poveri causò il degrado dell’offerta, ridotta a pizza, lungomare e spiaggia libera gratis. E il degrado genera sempre altro degrado, e, peggio, l’abitudine al tira a campare.
Si può fare qualcosa? Parliamo qui solo di appartamenti. Si può stanare i proprietari, costringerli, applicando la legge, a dichiarare gli ospiti alla Questura e i soldi al Fisco. Ciò imporrebbe aumentare il prezzo, migliorare la qualità, e, automaticamente, impedire l’accesso ad elementi diciamo così di disturbo.
E trattare gli appartamenti come fossero camere d’albergo, affidandoli obbligatoriamente in gestione ad agenzie o cooperativa di giovani, con una sala di ricevimento, le chiavi da consegnare, i letti rifatti: albergo diffuso. Altra buona ragione per aumentare i prezzi.
Nel giro di qualche anno, forse si eleverebbe il tono della clientela; la quale a sua volta pretenderebbe altro che panchine e sagre. La balneazione tornerebbe turismo serio.
Chi deve farlo? Gli operatori, quelli veri.
Ulderico Nisticò
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ARCHIVIO
NUMERO 1: LA VERA STORIA DI EUTIMO
* Qualche lettore, non molto esperto di cose soveratesi antiche, ha chiesto chi fu mai questo fantasma del fabbro. Eccolo accontentato, traendo il racconto, e le relative riflessioni, dal romanzo “L’ospite”, Iride, Rubbettino, dello stesso Ulderico Nisticò:
Si spingono fino alla casa diroccata: - Qui chiamano le Forche, spiega Gianni, perché una volta impiccavano qui i malfattori: impiccarono anche il fabbro, Dio ce ne liberi! - e si segna.
- Il fabbro? - Gianni, come tutta la gente di paese, crede che la storia del fabbro, e ogni altra storia che sanno loro la sappiano tutti: la boria delle Nazioni, pensa il forestiero, che è solo un poco meno ridicola della boria dei dotti. Gianni insomma crede che il mondo sia tutto il suo paese.
- Il fabbro, come? Dicono che tutte le notti, dlen dlen, si sente ancora il rumore del martello sull’incudine: è il fabbro dannato che batte per disperazione. -
- E quali peccati ha commesso, compare Gianni? -
- L’oro e l’argento del vescovo, che glieli aveva dati per battere un crocifisso prezioso, e invece se li rubò, e al posto dell’oro vero ne usò uno mescolato con rame: lo vennero a sapere perché un suo nemico fece la spia. -
- Ben gli sta: un’altra volta impara. - All’ospite piace scherzare con le cose dei morti, tanto più quando vede che Gianni ha paura.
- Non tutti però la raccontano così: c’è chi dice che il fabbro non fece nulla di male, ed era un uomo retto e religioso: fu quel suo nemico che rubò l’oro e per salvarsi invece accusò lui. Allora Cicco Pietro lo fece tormentare: “Dove hai messo l’oro?”, e siccome il poveretto non lo poteva dire, finì che lo impiccò.
Questo Cicco Pietro - stavolta lo spiega - fu l’intendente del barone, ed era un uomo severo e feroce, uno dei sette Cavalieri di spada che si riunivano nella grotta in segreto; i vecchi raccontano che si approfittava per i comodi suoi, e pure con le donne: ma io non ne so niente, dato che è morto ai tempi della buonanima del nonno di mia madre. Adesso il fabbro vuole vendetta, oppure deve scontare qui il suo Purgatorio. Madonna aiutami, io al paese vecchio non ci andrei di notte per tutte le ricchezze del re. -
Gianni ha paura degli spiriti. Il suo amico, che è stato a scuola, ha sempre sentito affermare che gli spiriti dei morti non esistono, e quando uno è morto, non resta che polvere; o se mai, lo spirito è puro, lontano, separato dal mondo e dai corpi. Ma tante altre cose ha visto e sentito, che quella filosofica semplificazione gli pare l’opinione irriflessa di un bimbo saccente: e chissà se hanno ragione Gianni o Cartesio?
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