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Un vocalismo di
classe e un nome preso in prestito dall'antica lingua greca
Paideja, il trio che al
Festival di Sanremo cantò in dialetto calabrese
di Vincenzo Pitaro (Gazzetta del Sud)
Un sodalizio artistico tutto al femminile. Un vocalismo di classe e un nome preso in prestito dall'antica lingua greca: «Paideja», che significa educazione, istruzione. Questo straordinario gruppo calabro-romano, che nel 1994 esordì al Festival di Sanremo con tanto di arpa celtica e un brano in vernacolo calabrese («Propiziu ventu»), ha il merito di essere stato il primo a proporre una musica etnica veramente originale, nata dalla fusione dei suoni mediterranei ai sapori del dialetto.
Lo compongono tre musiciste, sempre più impegnate nella ricerca, sia nel settore dialettale che antropologico. La «voce solista» si chiama Valeria Nicoletta, è nata a Cutro ma risiede a Roma. È diplomata in scenografia presso l'Accademia delle Belle Arti della Capitale ed ha iniziato a cantare giovanissima. Prima di approdare nell'Olimpo della Canzone italiana aveva infatti vinto, da solista, la terza edizione del «Festival Nuove Tendenze della Canzone popolare e d'Autore» di Recanati, con un brano («A ra' funtana») da lei scritto. Una vera, autentica poesia in endecasillabe, nel puro e genuino dialetto di Crucoli. L'altra «voce», che si alterna pure alle tastiere e al tradizionale organetto, è la sorella Tina. Ha una laurea in ingegneria dell'elettronica, conseguita presso l'Università La Sapienza di Roma, si occupa di musica d'autore e compone. La seconda strumentista è invece Giuliana De Donno, suona l'arpa ed è diplomata dal Conservatorio «Santa Cecilia». Ha esperienze nel campo solistico e concertistico di musica leggera e contemporanea presso importanti Enti e Associazioni musicali italiani, tra cui l'Accademia Filarmonica e l'Estate Fiesolana.
Dal giorno della «consacrazione sanremese» fino ad oggi, il trio Paideja ha inciso diversi compact disc (uno di questi interamente dedicato ai bambini della Bosnia) ed ha partecipato a numerosi spettacoli televisivi e teatrali, ritornando ultimamente con successo al «Sistina» di Roma, dove aveva debuttato nel 1993 assieme ad Oreste Lionello. Un grande successo lo ha pure riscosso recentemente al teatro Flaiano, sempre nella Capitale, con lo spettacolo «Madama Dorè», diretto dalla regista calabrese Rossana Patrizia Siclari.
Il gruppo, che ha avuto occasione di rappresentare anche all'estero l'immagine e la voce della Calabria, si caratterizza per il suo filone musicale, composto non da canzoni a scopo unicamente ricreativo ma da brani culturali del tutto impegnati. Le tre musiciste-ricercatrici, che non a caso si autodefiniscono «figlie del Mediterraneo», traggono infatti ispirazione dal rumore delle cose quotidiane per raccontare «storie di donne intriganti e ammaliatrici, di cavalieri di carta, di incantesimi e civiltà dimenticate». «Ciò che ci spinge ad insistere su questa strada» - dice con orgoglio tutto calabrese Valeria Nicoletta, leader delle Paideja - «è la voglia di recuperare le nostre radici, esplorandole col pubblico, per unire culturalmente il Paese».
Ma il pubblico italiano - verrebbe fatto di chiedere -, diviso da tante etnie, da usi e costumi diversi, come risponde durante gli spettacoli?
«Il pubblico italiano, ma anche quello europeo» - aggiunge Valeria - «ci incoraggia a proseguire le ricerche ed a proporre nuovi generi musicali al Paese. Fra l'altro, stiamo già pensando di mettere in musica alcune poesie dialettali di poeti calabresi dell'Otto e Novecento, per meglio cercare di farli conoscere al grande pubblico. Qualcosa del genere, peraltro, l'abbiamo già fatta. Abbiamo musicato qualche bella poesia dialettale del compianto poeta crotonese Emanuele De Bartolo».
Che dire di più? I buoni propositi ci sono tutti, perché questo trio calabrese continui a calcare palcoscenici sempre più prestigiosi, in Italia e all'estero. Le qualità musicali e gli argomenti culturali trattati, d'altronde, costituiscono senza dubbio una seria ipoteca!
Vincenzo Pitaro
(Gazzetta del Sud)
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