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GAGLIATO - Parla don Giovanni
Signorello, il prete della legalità
«Un clima ostile intorno a
me»
di
VINCENZO PITARO
(Ad Press International)
Lo chiamano il «prete della legalità». Ha fatto il cappellano militare in Kossovo ed ora milita, come volontario, nell'Associazione nazionale «Capitano Ultimo», costituita anni fa nell'intento di smuovere le coscienze e di dare un nuovo impulso alla lotta alle mafie. Don Giovanni Signorello (questo il suo nome) dall’autunno del 2009 per di più è parroco di Gagliato, un paesino dell’entroterra ionico in provincia di Catanzaro, dove fra l’altro ha incominciato ad organizzare convegni di un certo spessore che hanno visto la partecipazione di personaggi come il vescovo emerito di Acerra, mons. Antonio Riboldi, e il sostituto procuratore della Repubblica di Locri, Nicola Gratteri. Questo forte e lodevole impegno a favore della legalità da parte di un ministro del culto cattolico (questo suo nuovo modo - per così dire - di predicare la parola di Dio), però da un po’ di tempo a questa parte, probabilmente, avrà sortito qualche effetto contrario, diventando addirittura «scomodo e fastidioso a qualcuno». A paventare ciò è lo stesso don Giovanni Signorello. «Finora», dice, «non ho mai ritenuto opportuno di parlarne con la Stampa per rendere pubblica questa situazione e quasi sempre ho sopportato con educato silenzio, cercando di sdrammatizzare». Lo dichiara con la massima serenità, don Giovanni, anche se nei suoi occhi, mentre parla, non è difficile scorgere un profondo dispiacere. - Don Giovanni, ma chi effettivamente ce l’ha con lei? «Non lo so di preciso. Vorrei capirlo anch’io e capire il perché. Di certo posso solo dire che attorno a me si sta creando una certa ostilità. Giorni addietro, addirittura, ho subìto un attacco anche tramite un quotidiano calabrese». - E lei ritiene che un articolo di giornale possa rappresentare una minaccia per la propria sicurezza? «No, non dico questo. Ma non si spiega proprio per niente questo accanimento che si sta registrando nei miei confronti. Peraltro, ultimamente, durante una riunione, alcuni cittadini sono rimasti letteralmente attoniti nel vedere anche il sindaco Francesco Fodaro inveire contro di me, manifestando l’intenzione di voler rivolgersi al Vescovo per chiedere il mio trasferimento. Un gesto, ovviamente, che non ha mancato di suscitare un’unanime levata di scudi da parte di molti fedeli, che sostengono energicamente il mio operato. Io comunque, da buon religioso, da uomo di Chiesa, lo perdono. Anche se considero inaudita, incredibile, la sua recente sortita. E do ragione ai fedeli quando sostengono che chi amministra un comune non può certo arrogarsi il diritto d’interferire nell’operato della Chiesa, né tantomeno può pretendere di scegliersi il parroco a sua immagine e somiglianza. Una diatriba, insomma, che ha davvero del misterioso, visto che non si riescono bene a capire i motivi di questa avversione...». - A lei, certo, non si può disconoscere di aver portato a Gagliato anche una ventata di novità con queste sue lodevoli iniziative intraprese sotto l’egida dell’Associazione «Capitano Ultimo». Ci parli un po’, per concludere, di questa Associazione? «Capitano Ultimo è un’Associazione antimafia che raccoglie in tutt’Italia migliaia di volontari, cittadini onesti che vorrebbero vivere in un mondo più sano e più pulito. L’Associazione, che opera non solo in Sicilia e in Calabria, è nata anni fa su iniziativa, appunto, di «Ultimo», che è il nome di battaglia dell’ufficiale del Ros che arrestò, a Palermo, Totò Riina. Oggi “Capitano Ultimo”, che la presiede, è un generale dei Carabinieri. Assieme a lui e a migliaia di cittadini onesti ho sentito il dovere fin dall’inizio di impegnarmi fortemente, portando in giro - un po’ ovunque - la parola di Dio e della legalità». AD PRESS ® L’ALTRA CALABRIA www.laltracalabria.it |
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