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DIARIO DI UNO SPETTATORE
Ho letto l’ intervento del prof. Ulderico Nisticò e quello di F. Raspa in merito allo spettacolo di Lunedì sera proposto da Giorgio Albertazzi, al teatro comunale di Soverato. Premesso che nutro profonda stima e grande rispetto per il prof. Nisticò, mi sento tuttavia, di esprime un mio parere personale , non da opinionista o esperto del ramo, ma semplicemente da spettatore che , senza annoiarsi per nulla, ha visto “ sogno di una notte di mezza estate” con lo sguardo scevro da pregiudizi, senza ergermi a difensore dei classici, come il prof Ulderico e senza elaborare una posizione di tipo estetico avversa , come ha succintamente fatto Franco Raspa, che nel suo breve intervento ha tuttavia toccato un punto di grande importanza quando ha rammentato che i classici, possono essere anche interpretati, ridisegnati alla luce di una sensibilità moderna e che ciò non equivale a oltraggiarli, anzi, ciò può voler testimoniare grande rispetto, ammissione implicita della impossibilità, anche quando si vuol fare “ avanguardia “ o metateatro, di non poter fare a meno di essi . Tuttavia, non è mia intenzione aprire un dibattito fra “ addetti ai lavori” sia perché credo che l’ intervento di Ulderico Nisticò, non mirasse a tale obiettivo, ma volesse solo rendere nota una posizione , un giudizio estetico sullo spettacolo, un giudizio che promana da un uomo di lettere formatosi sui classici e , legittimamente schierato sulla barricata di chi difende la loro “ sacralità”; non a tutti del resto piace il teatro d’ avanguardia, non a tutti piacciono le sperimentazioni, le rivisitazioni, le interpretazioni; ma esse fanno parte dell’ arte del teatro, basti pensare a quanti si sono cimentati con la divina commedia, da Albertazzi a Gasman, per finire con Benigni e ciascuno naturalmente ci ha messo del suo , nella declamazione dei versi, nell’ accento, nella gestualità, nella scenografia e tuttavia, quelle performance non sono mai state giudicate “ Blasfeme” ma semplicemente “belle” o “brutte”. È legittimo esprimere un parere estetico negativo sullo spettacolo di Albertazzi, come ogni spettacolo può non piacere, meno convincente è la tesi di chi sostiene che ha sbagliato a interpretare e riscrivere un “ Classico” poiché, a mio avviso, egli ha avuto bisogno di partire da un classico per lanciare un messaggio attuale – e su questo vorrei richiamare l’ attenzione del prof Nisticò – a mio avviso, Albertazzi con il suo spettacolo non ha fatto altro che scegliere i personaggi che meglio potessero aiutarlo a scrivere un suo spettacolo, lo spettacolo del commiato e , proprio perché probabilmente non si sente uno “ scrittore” si è avvalso dell’ ausilio di chi lo è stato, del grande Shakespeare e ha utilizzato tutti i personaggi “ classici “ che meglio potessero esprimere ciò che lui aveva dentro , forse “ sogno di una notte di mezza estate “ era solo un “pretesto “, voglio dire che il testo era solo un canovaccio su cui scrivere un’ altra storia, la sua storia che è un po’ la storia dei personaggi che ha amato e interpretato perché è innegabile che la sua vicenda umana è tutta iscritta nella cornice magica del teatro e allora, si è riconosciuto in Puck e ha ripercorso i suoi sogni, le sue passioni, i suoi amori , in una parola , la sua vita che non poteva prescindere dal teatro e dai classici – dai quali nessun attore che si rispetti può mai prescindere – per questo Albertazzi chiude indossando i panni di Prospero che spezza la bacchetta di creatore di sogni, cessa dunque di essere Puck . Credo che Alberatzzi , abbi ascritto il suo testamento artistico con questa opera e credo che lo abbia voluto fare partendo dai classici, ciò rappresenta un omaggio agli stessi, il riconoscimento della loro immortalità.
Un saluto affettuoso al prof.
Ulderico Nisticò
Antonio Pellegrino
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RASPA, COME SPESSO, CAPISCE QUELLO CHE VUOLE
Brevissima replica. Credevo di essere stato chiaro, ma forse Raspa capisce come vuole lui, pur di far non sollecitata polemica. Io non ho scritto che Albertazzi non poteva interpretare a modo suo Shakespeare oppure Pinocchio o il Gatto con gli stivali. Padronissimo, se uno ci riesce. Ho scritto a chiare note che l’ottimo Giorgio non c’è riuscito: testo fiacco, confuso, inutilmente lungo. Il pubblico di Soverato, con i suoi venti secondi di applausi e via, è stato coralmente di questo parere.
Dante. Il buon Raspa ignora, evidentemente, il rapporto dell’Alighieri con la musica e la pittura. Si legga la “Vita nova” e il secondo canto del “Purgatorio”. E comunque io, da reazionario qual sono, quando spiego Dante (a scuola, all’Università della terza età, a Crotone, nei miei libri eccetera) non lo ammoderno né ci gioco sopra alla Benigni o lo devasto alla Placido: lo spiego e basta, e mi sento con Lui in perfetta sintonia. Del resto, delle mie letture comunali non se n’è fatto nulla, perché l’Amministrazione spende meglio per le passerelle cadenti di Briatore e costose cene, e per le vacanze di registi in pensione. Dante, chi era costui? Il Magna sì che attira turisti: si è visto a luglio, e agosto non sta andando tanto meglio.
Ulderico Nisticò
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GIORGIO ALBERTAZZI COLPISCE ANCORA
Ritengo indecoroso trattare
un Maestro di fama nazionale, che ha segnato profondamente la storia del teatro
italiano, con articoli del genere. Sicuramente un testo può anche non piacere,
ma grazie a Dio le novità e le innovazioni sono tali proprio perchè fanno
parlare di sè.
Ancora una volta il M° Albertazzi ci ha insegnato a guardare al teatro con
rinnovata passione: ha riscritto una storia e ripensato una messa in scena con
il linguaggio di oggi, il musical. Attraverso il musical ha regalato, lunedì
sera, ai giovani d'oggi (parlando con il loro linguaggio: la musica appunto) un
testo che probabilmente non si legge più con la facilità di prima, ma ha anche
regalato (a chi il teatro lo mastica da molto) una rilettura originale e
innovativa non solo del SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE ma di tutto
Shakespeare.
Il M° Albertazzi ha ridisegnato il più grande poeta inglese alla luce di una
tematica: il SOGNO. La riscrittura è stata, in realtà, una rilettura delle opere
più importanti di Shakespeare alla luce di questa tematica comune: nel testo
c'erano, infatti, oltre a gran parte del SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE,
tagliato solo per esigenze registiche, anche versi de LA TEMPESTA, L'AMLETO,
il MACBETH, i SONETTI.
Per gli onori della cronaca, va detto in risposta alla critica che "il classico
va lasciato classico", che i versi ORIGINALI di Shakespeare sono stati
musicati per intero dal M° Marco di Gennaro, quindi il classico è rimasto
classico: è stato solo cantato, cioè riletto con un altro linguaggio scenico.
Niente di nuovo se pensiamo che già altrove nella storia dello spettacolo è
accaduto che lo stesso autore (Shakespeare) venisse riletto alla luce della
musica: ad esempio l'Otello di G. Verdi, libretto di Arrigo Boito, tratto da
Otello di W. Shakespeare.
Nessuno, in fine, ha voluto
speculare con intenti pubblicitari utilizzando il nome dell'autore e la sua
opera visto che il sottotitolo era RISOGNATO DA PUCK IL MALIZIOSO
perciò in altri termini, per lo meno quelli teatrali, noti ai più, significava
RIADATTAMENTO DELL'OPERA FATTA DA PUCK (ALBERTAZZI) che non solo ci ha lasciato
il suo testamento d'attore ma anche una pagina di storia del teatro di cui
Soverato, lunedì sera, è stata protagonista. Del resto il pubblico in platea,
meglio dire nella "moderna cavea" della "moderna" magna graecia, questo lo aveva
capito primo perchè altrimenti non sarebbe venuto se avesse voluto vedere
l'opera originale ma, ammesso che avesse frainteso, non sarebbe certo rimasta a
sedere per oltre due ore sui non molto agevoli seggiolini blu sarebbe potuta
andare via al primo tempo, nessuno mi pare fosse incatenato e sicuramente non
avrebbe applaudito per oltre cinque minuti alla fine. BEH!!! si proprio 5 minuti
di applausi e lancio dei fiori....Non erano proprio 20 secondi!!!
Forse ha applaudito 20 secondi chi (essendosi assunto il ruolo di brontolone del
paese) non se la sente di ammettere che lunedì 4 agosto 2008 abbiamo vissuto un
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE, una notte magica, di poesia in cui ci ha
condotto un intrepido Albertazzi che di nuovo ci ha stupiti e incantati; ma
forse ha applaudito 20 secondi chi (essendosi assunto il ruolo di brontolone del
paese, ma non è detto che bisogni sempre brontolare: in fin dei conti....anche
Brontolo a dovuto cedere al fascino di Biancaneve) non se la sente di ammettere
che il Sindaco Mancini e l'Assessore Munizzi, con il suo staff, ha fatto centro!
Ha dato alla città di Soverato una perla del teatro dei nostri giorni.
Cordialmente e con rispetto
Giovanni
Carpanzano
Direttore Artistico
Accademia Internazionale dello Spettacolo
"OFFICINA TEATRALE"
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ELOGIO DI GIORGIO ALBERTAZZI
Povero Albertazzi… l’avrebbe mai immaginato di venire a
Soverato per sentirsi dire: “i classici lasciamoli ai classici e
rispettiamoli integralmente…” proprio quando la sera prima, a detta dello
stesso autore (sig. Ulderico Nisticò), la serata dei giochi di Eutimo era
risultata efficiente grazie anche “…all’aiuto della Ruta, improvvisatasi
‘regista’ e giudice”… .
Non è per niente vero che “i classici vadano lasciati ai classici”. E’ un
assunto del tutto privo di fondamento. Vorrei discutere di questo, ma sia
chiaro, non con spirito polemico o denigrativo. No. Ne vorrei parlare come si fa
tra persone civili che hanno opinioni diverse e le affermano anche con
decisione.
“I Classici” sono “I Classici”. Punto. Ma l’Arte è libera. Non c’è niente di più
libero dell’Arte. Ed allora un artista, sia esso teatrante, scrittore, regista,
pittore, scultore… può creare e reinterpretare ciò che vuole. Come vuole. E’
libertà, questa. La critica, il pubblico, potranno determinare il successo o
l’insuccesso della rivisitazione di qualcosa, ma è un libero esercizio poterlo
fare.
All’inizio del Novecento si svilupparono in Europa, in tutti i campi dell’arte,
le “Avanguardie”. Esse misero proprio in discussione i canoni classici
dell’arte. Tra quelle il “dadaismo”. Ora, non voglio certo fare una lezione che
annoierebbe tutti, ma il “dadaismo” fu un movimento fortemente polemico con i
modelli “classici” . Uno di quegli artisti, Marcel Duchamp, presentò ad una
mostra un’opera: “Ruota di bicicletta”. Essa era una
ruota di bicicletta, la cui forcella, rovesciata, poggiava su uno sgabello. La
critica ed il pubblico ne furono “disgustati”. Oggi, è considerata una autentica
opera d’arte, che ha precorso i tempi di tutta la creatività del Novecento. Le
Avanguardie stravolsero le regole classiche di fare poesia, scrittura, pittura…
insomma tutto. Tutta l’arte del Novecento è figlia di quella “rivoluzione” di
canoni estetici e di rappresentazione della realtà.
Il teatro, il cinema hanno spesso reinterpretato i classici. Qualche anno fa
ebbe un grande successo il “Romeo e Giulietta” con Di Caprio, del regista Baz
Luhrmann, che tenendo fede ai testi shakespeariani, ambientava la vicenda
anziché nella Verona medioevale, in un quartiere di una moderna città americana.
Albertazzi non ha presentato il “Sogno di una notte di mezza estate “ solo così
come l’aveva intesa Shakespeare. Lui l’ha rivista in un’ottica diversa, nella
quale vi è anche una parte significativa musicale. Può piacere, non piacere… ma
certo non era sua intenzione proporre Shakespeare nudo e crudo. Questo lo
potrebbe fare un giovane regista, ma un uomo di teatro consumato come Albertazzi
tenta strade nuove.
Non è vero che i classici vanno rispettati integralmente. Nessun critico
letterario affermerebbe una cosa del genere. E poi… dico… ma non era proprio il
prof. Nisticò ad avere proposto al comune di Soverato un suo musical sulla
Divina Commedia? Ma come? E cosa avrebbe fatto se non una reinterpretazione?
Mica Dante Alighieri aveva scritto un musical. Allora, se la può immaginare
Nisticò, una rilettura di un classico… e che caspita, non può farlo Albertazzi?
Francesco Raspa
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La scarpa di Apelle a teatro di Ulderico Nisticò
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