IL FANTASMA DEL FABBRO

Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

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LA SCARPA DI APELLE A TEATRO

 Apelle, prima di finire dentro una canzoncina demenziale, fu grande pittore greco e ritrattista in esclusiva di Alessandro Magno. Egli aveva questa abitudine: quando finiva un quadro, lo esponeva alla gente, e, nascosto, sentiva le critiche e ne prendeva atto. Un giorno a cadde che un calzolaio notasse come alla scarpa di una figura mancasse un occhiello; e Apelle, di notte, effettuò la correzione. Il giorno dopo, nuova esposizione del quadro, e il calzolaio, orgoglioso, cominciò ad osservare che anche il mantello, i capelli... Il pittore uscì dal nascondiglio e, infuriato, pronunziò una di quelle frasi che fanno la gioia dei libri di esercizi del Ginnasio, e a noi è arrivata in latino: “Sutor, ne ultra crepidam”, ovvero, “Ciabattino, non dire niente oltre la scarpa”.

 Che c’entrano, gli antichi Greci? Ragazzi, i Greci c’entrano sempre: siamo o non siamo, qui, niente di meno che nella Magna Grecia? Magna! E sono o non sono gli inventori del teatro, i Greci? Morale: se uno è un grande attore, e lo è, e magari può esercitarsi apprezzabilmente con la regia, non per questo necessariamente sa anche scrivere un testo; soprattutto se lo riscrive da uno che il mestiere lo sapeva, tale Shakespeare.

 Sono il solito brontolone? Eh, no: lo provano i nemmeno venti secondi di applausi finali di un pubblico numeroso il quale non vedeva l’ora di andarsene.

 Mi spiace per Albertazzi, per cui ho molti motivi di simpatia non solo artistici e teatrali, e che è stato bravo, lui e i suoi attori: ma i classici lasciamoli i classici, e rispettiamoli integralmente, e non usiamo i loro titoli per banali intenti pubblicitari. Chi ha voglia di scrivere un testo teatrale, lo faccia senza cercare scorciatoie.

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