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SPECIALI PAGINA LIBERA |
ALLUVIONI
di Franco Cervadoro
L’intervento di Antonio Pellegrino il Rosso mi ha fatto ricordare con grande emozione gli Angeli del Fango dell’alluvione di Firenze del 4 Novembre 1966. Studiavo a Firenze e abitavo in centro in via dei Tavolini di fronte Orsanmichele nella Torre dei Cerchi al 4 piano. Aveva piovuto tutta la notte e non c’era stato alcun allarme preventivo. Alle 4 del mattino le acque dell’Arno invasero il lungarno Benvenuto Cellini ed allagarono i quartieri di San Frediano, Santo Spirito e San Niccolò. Alle 6.30 cedette la spalletta del Lungarno Acciaioli e l’acqua invase il quartiere Santa .Croce e i locali della Biblioteca Nazionale. Alle 7 tutte le campane delle Chiese di Firenze suonarono a martello dando l’allarme, le altre comunicazioni erano saltate. Alle 9 una marea di acqua, fango e gasolio invase il centro storico di piazza Duomo, via Ghibellina era a 6 metri di acqua, via Calzaiuoli a 4. Alle 20 di sera l’acqua cominciò a defluire, il giorno dopo ci fu possibile uscire di casa. Firenze era devastata, le sue chiese i suoi palazzi, i suoi musei, il suo patrimonio immenso di opere d’arte, i suoi bellissimi negozi, le sue botteghe artigiane, tutto era sepolto in un mare di fango nero. Emblema di questo disastro fu lo splendido Crocifisso del Cimabue della Chiesa di S.Croce. Mi ritrovai con un gruppo di giurisprudenza dell’Ordine Goliardico della Vacca Stupefatta nella sede della Misericordia in piazza Duomo. Il 5 Novembre tutta Firenze spalava fango e tutti aiutavano in una gara di generosità indescrivibile. Qualche giorno dopo appena risucchiata l’acqua negli archivi, incominciò il lavoro di recupero dei preziosi libri della Biblioteca Nazionale, si lavorava con turni settimanali. Fu allora che, richiamati dagli appelli di grandi personalità come i coniugi Kennedy e Zeffirelli, da tutte le parti del mondo arrivarono a Firenze migliaia di giovani per salvare i libri e le opere d’arte di una città simbolo dell’Umanità. Li chiamarono gli Angeli del Fango. Dormivano nei vagoni cuccette nella stazione di Santa Maria Novella, negli ostelli, ospiti di amici e di conventi. La loro presenza fu la pagina più bella di questa tristissima tragedia. Ecco perche le parole di Antonio il Rosso sui Giovanetti del Frango mi sono sembrate appropriate Mi fa molta tristezza vedere Soverato in queste condizioni e penso francamente che i media non le abbiano riservato l’attenzione dovuta. Ma quando la natura si scatena a tali livelli di eccezionalità quello che conta sono solo gli atti di solidarietà e di aiuto reciproco. Sono le virtù di una popolazione che emergono e che restano di esempio per le altre generazioni. Per questo mi sento di paragonare i Soveratani ai Fiorentini mentre cammino in questa nostra città in ginocchio. ARTICOLO CORRELATOI Giovinetti del fango di A. Pellegrino |
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