Rubrica di Opinioni di Francesco Raspa

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I PROFESSORI ED I LIBRI COMUNISTI

  


Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, quando è in difficoltà rispolvera il rischio di una deriva “comunista” nel nostro paese. La più recente delle esternazioni si è concentrata sulla scuola pubblica, luogo ricco di professori comunisti e di libri di testo di uguale ispirazione.

Prima di entrare nel merito della questione ci sarebbe da domandarsi un paio di cose. Dove sono i comunisti oggi? E cosa vuol dire essere comunisti oggi?

Io, tutti questi comunisti in giro per l’Italia non li vedo. E quando si ha modo di incontrarne qualcuno c’è da supporre che intenda tale appartenenza ideologica perlomeno con un minimo di attualizzazione storica.

Poste queste semplici premesse, Silvio Berlusconi dovrebbe essere messo a conoscenza dell’esistenza di una marea di insegnanti che lo hanno votato in più occasioni. E tra questi senz’altro una buona percentuale di precari la cui “soppressione” è stata scientificamente pianificata dall’anno scorso. Ed è stato votato da quegli stessi insegnanti, cui il suo ministro Tremonti, ha bloccato gli stipendi per tre anni. E’ più facile che si trovino comunisti tra i parlamentari italiani, di qualunque appartenenza partitica, visto che, come lavoratori, hanno saputo difendere bene i loro diritti concedendosi aumenti stipendiali e privilegi che agli altri lavoratori del Paese, pubblici e privati, non sono stati concessi.

Riguardo ai libri di testo che insegnerebbero dottrine rivoluzionarie agli studenti delle scuole pubbliche… bè, ci sarebbe da chiedersi dove sono, dove si trovano, in quali piazze manifestano tutti questi studenti comunisti! Forse in qualche scuola di Milano o Roma (scuole d’elite, s’intende) perché negli IPSIA o negli ITIS o negli ITC, di studenti comunisti non c’è l’ombra. Pensano ad altro.

Al contrario ciò che avvelena la cultura e la formazione degli studenti non sono i libri di testo, ma i programmi televisivi privati e pubblici. E non solo i “Grandi fratelli” e le “Isole dei famosi”, ma anche quella nutrita schiera di programmi di intrattenimento che neanche sfiorano le problematiche della nostra società, a meno che non lo facciano presentando casi del tutto individuali, e comunque sempre per un fine spettacolare, non educativo.

Per cui bisognerebbe avvertire il premier che nella scuola rischi di indottrinamento comunista non ne esistono. Dirò di più: se anche noi insegnanti volessimo provarci, andremmo incontro ad un sicuro insuccesso. Noi abbiamo già difficoltà a lavorare sugli obiettivi cognitivi ed educativi, figuriamoci su quelli dell’indottrinamento sovietico.

Ma il Cavaliere, questo, lo sa benissimo. Da qualche parte un nemico lo deve pur trovare. E quale meglio, al momento (oltre ai magistrati), quello dei professori e dei libri comunisti?

D’altronde Pier Paolo Pasolini diceva che a vent’anni è naturale essere rivoluzionari. Lo è meno essere fascisti. Si domandava, Pasolini, se una persona a vent’anni è fascista, cosa sarà a quaranta?

Bè… io, fosse ancora vivo, una mezza risposta con un bell’esempio gliela avrei data… .

 Francesco Raspa

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