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Caro Sig. Nisticò, scusi tanto se m'inserisco anch'io nel
dibattito di questo sito web sul quale mi sono imbattuto per caso
stamattina facendo delle ricerche. L'occasione è stata per me
propizia anche per leggere sia la risposta che lei dà allo storico
Francesco Raspa (Leggi
l'Articolo... ndr), sia l'intervento dello stesso Raspa
su Garibaldi (Leggi l'Articolo...
ndr). Premetto subito che non sono di Soverato ma originario
di Cessaniti, anche se a Soverato ho molti amici, e quindi non ho il
piacere di conoscerla. Mi dicono che lei è un insegnante con
velleità da storico locale, storiografia urbana. Ma, mi scusi
ancora, le sembra una risposta da storico la sua? Trovo solo un
"sarcasmo spicciolo e forzato", per non dire un ridere-verde, uno
stravaso di bile, nella risposta che dà a Raspa. Che c'azzeccano
l'Abc, Paperino, i rispettabilissimi Templari e quant'altro? Un vero
storico, anche se dilettante e non di professione, si distingue
dagli argomenti di cui si occupa, dal linguaggio che usa, da come
scrive, eccetera. Una volta io esposi un mio parere contrastante a
un vero grande Storico calabrese, Gustavo Valente, il quale mi
rispose garbatamente senza parlare di Abc o di altro... e quello di
Grandi Opere sulla Calabria ne ha davvero fatte tante. Io non
conosco le sue, cioè le opere che hanno contribuito a conferirle il
titolo di storico, sempre ché siano le opere a conferirlo, visto che
per lo storico non esiste un albo professionale. Mi dicono, sempre
da Soverato, che ha dato alle stampe alcuni volumetti di storia
locale e che ha provveduto a far ristampare non a sue spese anche
"Della Calabria Illustrata" di Padre Giovanni Fiore da Cropani
(Opera del '600) anche se là ha solo il merito di averla riproposta,
poiché di suo ci sarebbe veramente poco, pochissimo, quindi non è
un'Opera che può vantare di aver scritto lei. Io non voglio affatto
polemizzare comunque nè su questo nè sull'impresa garibaldina posta
in essere. Mi è solo parso di capire che ce l'ha con i Templari,
quando scrive "legge solo sui Templari". Le sembra una cosa da poco
leggere sui Templari? Vorrei comunque entrare più nel vivo del
dibattito e soffermarmi sulla "industrializzazione" borbonica della
Calabria. Ma dove ha letto quello che crede di poter dire con tanta
convinzione? Ma quale industrializzazione? Quale beneficio ha tratto
la Calabria a quei tempi, in quel fine Settecento con le ferriere di
Mongiana?
Là, poco distante, a Monte Stella esistevano dei giacimenti di
limonite e delle miniere di lignite e antimonio. Si pensò così di
lavorare quella materia prima per un motivo semplice: per soddisfare
le esigenze dell' esercito, per costruire delle armi. Il calabrese
non trasse alcun beneficio da tutto questo. Nella Calabria dell'era
borbonica non ci fu alcuna crescita economica di particolare
importanza, nessuno sviluppo industriale di grande portata ma
soltanto un'attività industriale piuttosto modesta, perché limitata
alle due sole ferriere di Mongiana e di Ferdinandea che per anni
fornirono al Borbone le armi per l'esercito. Semmai, a mio avviso,
la vera e propria crescita economica in Calabria incominciò verso
l'Unità d'Italia ma non con l'industria, bensì con l'artigianato.
Dopo la parentesi francese, si incominciò infatti a tessere, a
lavorare la seta da più parti (non solo a Catanzaro, dove nacquero
varie filande già in epoche precedenti, ma in varie altre parti
della Calabria). Fiorì, contemporaneamente, un po' ovunque la
lavorazione del vimine, del legno, del rame, del ferro battuto, la
produzione artistica della ceramica (altra espressione classica
dell' artigianato calabrese). Tutto questo però si registrò dopo
l'impresa garibaldina e non certo durante il periodo borbonico,
quando l'attività industriale era limitata soltanto alle due sole
ferriere, nel Serrese e nei pressi di Stilo, per la costruzione
delle armi, utili all'esercito borbonico. Incominciare a dire che
dal punto di vista economico si stava meglio dopo l'Unità d'Italia e
non durante il dominio borbonico. Ho detto della lavorazione serica,
dalla quale si ricavava la seta, ma ci sarebbe da aggiungere anche
quella laniera, che è la più antica materia prima, nella nostra
terra. Già a quei tempi, fino a un passato piuttosto recente, non
c'era casa senza un telaio di faggio che tessesse la lana e che non
provvedesse al corredo delle ragazze. La necessità di far fronte da
sé ai bisogni quotidiani del vivere fece, dunque, sviluppare
l'artigianato che trovò modo di esprimersi in varie forme. E allora
concludo, concludo ribadendo che dal punto di vista economico in
Calabria non si stava meglio nell'era post-borbonica, sotto il
dominio di re Ferdinando. Non contribuirono a niente le due ferriere
istituite dal governo borbonico per fornire le armi all'esercito;
contribuì invece maggiormente la fioritura dell'artigianato
registratasi con l'Unità d'Italia. Grazie
Un caro saluto,
Avv. Mimmo Lojacono
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