|
COME ERAVAMO - Anni '50 e '60 a Soverato di Franco Cervadoro |
Numero 02 - Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it |
IL BAR SCALAMANDRE'
di Franco Cervadoro
Ti metteva in soggezione. Era in termini moderni un modello di marketing di qualità. Un Bar austero, le vecchie grandi imposte di vetro smerigliato, il silenzio dei gesti, l'atmosfera seria, tutto ti teneva soggiogato. Una Gelateria degli Anni Venti, sulla destra entrando un alto bancone di graniglia, con il pozzetto del gelatiere dal lungo braccio giallo, di fronte la cassa con il terribile don Peppino Scalamandrè u zoppu, sullo sfondo a sinistra una teoria di tavoli di alluminio con le sedie rivestite di formica rossa e nera. Sotto, nel laboratorio che si affacciava sul vicolo, sepolto vivo come l’abate Faria, invisibile, Peppino La Chimea assicurava la produzione, mentre dietro il bancone, don Giacomo Apicella, dirigeva la distribuzione. No, non era una gelateria, era il Tempio del Gelato, il Partenone del Pinguino, la Mecca della Cassata, il Paradiso della Panna. Lo scriveva e lo manteneva: Se vuoi prendere un gelato da Re, vieni a Soverato da Scalamandrè. Le sue granite di caffè, di limone o di mandorla si gustavano seduti ai tavoli, servite in pesanti coppe di alpacca argentata da Totò Bilotta, il cameriere di Maida dal naso rosso, insieme all'immancabile bicchiere d'acqua. E quel bicchiere d’acqua gelata, che la serpentina del bancone assicurava continuamente, ti aspettava, sudato, per dissetarti dopo il gelato. Che cosa è una granita senza l'acqua fresca? Non si può descrivere la sua panna, di latte, di colore White English, bianco sporco, come le Triumph, carnosa, intensa. Parlarne soltanto significa perdersi nell'inferno dei sensi. Smarrirsi alla fine delle sue cassate nell'angolo di pan di spagna imbevuto di liquore. Ma forse su tutto, se penso ai suoi pinguini al cioccolato, mi viene voglia di chiudermi in convento. Brutti, neri, nodosi, ma con un sapore da Paradiso dei Golosi. Qui don Peppino regnava sovrano, tiranno dei ragazzi, mefistofelico nella sua scontrosità, ma Professore di gelateria:
E non c'era verso, limone e cioccolato non te lo dava e se insistevi ti mandava via. Ed era giusto così perché la sua era una Scuola di Gusto e non uno spaccio di gelati. Da allora, quando sento nelle gelaterie di oggi chiedere strane assonanze, mi fermo un attimo a pensare a Don Peppino Scalamandrè e lo ringrazio di avermi fatto amare i gelati e di avermi insegnato a mangiarli. |
Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it
Ricordi di infanzia sul bar Scalamandrè
Sono Marisa Apicella, |
Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it
SOVERATO COME ERAVAMO
CAPITOLI PUBBLICATI
NUMERO 05: L'ORATORIO
SALESIANO |
SoveratoWeb.Com - Il Portale di Informazione del Soveratese
|