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COME ERAVAMO - Anni '50 e '60 a Soverato di Franco Cervadoro |
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L'Estate
(seconda parte)
di Franco Cervadoro
Parlavamo del Miramare. Le sue feste si svolgevano in uno scenario notturno di ineguagliabile bellezza, in una atmosfera raffinata e affascinante che non aveva uguale in tutta la Calabria. Soverato, Stazione di Cura Soggiorno e Turismo, per decreto, insieme a Montecatini,Viareggio e Rimini, con i suoi Stabilimenti Balneari, i Premi letterari, il Concorso Ippico, le gare di Motonautica, divenne la Perla dello Ionio. Ma per i Soveratani la festa più importante era senza ombra di dubbio: la Festa organizzata dagli Universitari. Una occasione unica, attesa per un anno, alla quale partecipavano tutte le ragazze, anche quelle sigillate a doppia mandata, di Soverato e dei dintorni. Era l’Opernball di Vienna trasferito al Comprensorio. Si vendevano seicento biglietti, girando per la questua con cappelli e mantelli, ed il Miramare straripava di Cenerentole e Principi Azzurri. L’incasso andava ai Goliardi del momento, ma era consentito scappare col bottino. Per cui bisognava stare molto attenti alla cassa ed al cassiere. I distratti restavano all’asciutto, i veloci in vacanza a Capri. La Madonna di Portosalvo sa di chi stiamo parlando. Quando toccò a noi organizzarla, non era disponibile il Miramare e per farla ripulimmo la vecchia fabbrica del Quarzo, unico posto al chiuso che poteva contenere tutta quella gente, e fu un grande successo anche lì. Il locale di tendenza era Il Pirata, sul lungomare, dove quattro personaggi d’eccezione: Umberto Diaco ai fornelli, Salvatore Colacitti alla griglia, Mario Munizzi alla musica e Mario Corapi alla sala, aiutati da Micu Rugna alle pulizie, assicuravano un piacevolissimo intrattenimento e una cucina verace. Al tramonto, sulla spiaggia, mio cugino Aristèides, come lo chiamava lo Scrittore, teneva in scacco dozzine di fanciulle suonando la chitarra e cantando i Beatles, mentre Mario Battaglia, inventore della buca controventoperfalò, si occupava dei particolari. Allora non esisteva l'uscita in coppia come ora. Per uscire con una ragazza, dovevi uscire con Lei, la sorella, la cugina e l'amica del cuore. Per cui era naturale trovarsi in comitive di 20, 30 persone e muoversi in gruppi, a volte chiamati dagli stessi gestori dei locali, perchè da soli popolavamo il Rebus, La Pergola, Blanca Cruz o il Blu 70. Una notte, vestiti da pirati ed armati di tutto punto con la panoplia delle armi antiche di Palazzo Gregoraci, ci imbarcammo sul barcone a motore di Passafaro e sbarcammo verso mezzanotte in silenzio nella caletta del Blu 70, mentre Pietrino d’Ippolito, avvertito da un razzo, spegneva le luci del locale. Oggi avrebbero chiamato il 113, allora ci accolsero a champagne. Alle 2 di notte, la musica finiva, gli amici se ne andavano ed il Miramare chiudeva. I sonnambuli incalliti si fermavano a chiacchierare sulle panchine, sotto il balcone di casa Nisticò, con il risultato di svegliare il povero Mimmo, che andava a letto presto perché si alzava presto, e che ci apostrofava in tutte le maniere. Poi di fronte alla nostra furibonda reazione, ci riconosceva e scendeva in pigiama a cazzeggiare con noi fino all'alba. La notte passava veloce ed era un susseguirsi di figure che si materializzavano in successione. I marinai Alfio e Orazio Arcidiacono che ritornavano a casa dopo aver buttato il conso, a piedi nudi, con i pantaloni rigirati e le pesanti incerate sopra le spalle, monumentali nella loro compostezza. Il Mago dell’Acqua Cecè Guzzi e il suo fido scudiero Costantino che aprivano le saracinesche strada per strada. Perché allora l’acqua si risparmiava di notte, ma tutti i pomeriggi passava una autobotte con gli spruzzatori per pulire e rinfrescare il paese. Gli spazzini che comuinciavano il loro lavoro, filosofeggiando: “l’arte cu l’arte e i pecuri allu lupu”. La gente che ritornava casa dopo aver dormito sulla spiaggia per il caldo, con il cuscino e la coperta ripiegata sotto il braccio, Il forno di Montauro che sfornava il pane caldo da ripassare con olio e peperoncino. Franco Calabrò che apriva l’ufficio e non disdegnava il nostro aiuto per accendere la forgia. Ma la serata indimenticabile che da sola basterebbe a segnare un’epoca fu la notte di agosto di Santa Rosa, quando usciti da casa Gallelli attraversammo tutto il corso gridando Siamo ospiti del Barone Martelli e ci accomodammo sulla pista del Miramare travolgendo il tavolino con la cassa all’ingresso. Qui Nicola Martelli, lo Scrittore, Mimmolino Caminiti, Mario Armida e l’avv. Sandro Pirelli dettero vita a un cabaret irresistibile, mentre i camerieri del Lido disperati portavano spumante a fiumi prima freddo e poi caldo. “Barone sono rimaste soltanto bottiglie calde” “Va bene porta ghiaccio” “Barone il ghiaccio è finito” “Piperata ghiaccia il mare ma porta ghiaccio!!” Poi l’estate si spegneva, la sig.ra Ferro, che era nell’albergo di Donna Pupa Scalamandrè da giugno, ripartiva per Milano, così come il paroliere Testa e Nicolò Carosio. Ma noi restavamo a fare i bagni e ad aspettare i malangiani chini di Fiorenzo Viscomi alla festa d’Andolorata a Suveratu u supi. |
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