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Rubrica di Salute & Benessere a cura di Filippo Apostoliti

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La pillola dei cinque giorni
di Dr. Francesca Paone

Su gentile concessione de L’Araldo di Gasperina
Periodico di Informazione Religioso-Culturale della Parrocchia San Nicola Vescovo

Oggi il confine tra contraccezione ed aborto tende sempre di più ad assottigliarsi, quasi a confondersi.

Si assiste ad una contraccezione sempre più abortiva e ad un aborto sempre più precoce, gestito con l’assunzione di una semplice pillola.

Per sopprimere la voce della coscienza si fa credere che la vita inizi con l’annidamento e non con la fecondazione.

Così facendo l’intervallo tra fecondazione ed annidamento non ha significato alcuno.

In realtà il termine contraccettivo dovrebbe definire quel sistema che impedisce il concepimento, cioè l’incontro tra ovocellula e spermatozoo.

Un sistema che agisce, invece, dopo la fecondazione e quindi che interviene in uno stadio iniziale della vita non può essere definito contraccettivo bensì abortivo.

E così, in questo contesto culturale plurale si fa strada la pillola dei cinque giorni (Ulipristal acetato, nome commerciale: Ella One).

La pillola dei cinque giorni, attualmente non ancora presente in Italia, sebbene definita contraccettivo di emergenza, riconosce un meccanismo abortivo compromettendo una gravidanza già iniziata.

Possiede una efficacia entro le 120 ore dal rapporto sessuale non protetto a dispetto delle 72 ore della pillola del giorno dopo.

Quale è il meccanismo di azione?

Contiene un ormone con azione antagonista al progesterone, fondamentale nel preparare l’utero ad accogliere l’embrione e nel mantenimento della gravidanza.

Se assunta prima dell’ovulazione la posticipa solamente.

Se viene assunta a ovulazione avvenuta con fecondazione impedisce l’annidamento dell’embrione, mentre la somministrazione ad impianto avvenuto dà luogo alla morte ed espulsione dell’embrione stesso.

Cosa la differenzia dalla pillola del giorno dopo?

Il meccanismo di azione la rende simile alla RU-486, la cosiddetta pillola abortiva per eccellenza. Ad avvalorare tutto ciò è lo stesso foglietto illustrativo del farmaco, dove si afferma: la pillola dei cinque giorni non può essere somministrata in gravidanza perchè la può compromettere. Appare evidente la contraddizione tra quanto si afferma sul foglietto illustrativo del prodotto e quanto si cerca di far veicolare nelle nostre coscienze. E’ evidente il tentativo della nostra società di banalizzare l’aborto al punto di renderlo metodo contraccettivo, negando l’evidenza scientifica ed accettando come buono ed etico quel che etico e buono non è, mettendo in discussione il diritto inalienabile alla vita.

In nome di chi o di cosa l’uomo del nostro tempo si arroga il diritto a togliere la vita?

E’ possibile essere tanto sordi a quella legge scritta nei nostri cuori che grida così forte parole d’amore?

Vorrei ricordare le parole sapienti di Ippocrate, quando affermava: e non darò neppure un farmaco mortale a nessuno per quanto richiesto né proporrò un tale consiglio; ed ugualmente neppure darò ad una donna un pessario abortivo, ma pura e pia conserverò la mia vita e l’arte.

Perfino la cultura pagana riteneva l’aborto un crimine contro la vita umana, quando oggi per la nostra società non si può dire lo stesso.

Quale dignità vogliamo riconoscere al più povero e debole tra gli essere umani, vale a dire l’embrione?

Quando considerare persona umana la vita nel grembo materno?

Quando attribuirle i diritti di cui gode la persona, compreso quello primario ed inalienabile alla vita stessa?

L’embrione umano vivente, a partire dalla fusione tra ovocellula e spermatozoo,  è un soggetto umano con una ben definita identità che incomincia da quel punto il suo graduale sviluppo, tale da non poter mai e poi mai essere considerato un ammasso di cellule.

Riconoscere la dignità umana sin dal concepimento è la pietra basilare per la edificazione del vero umanesimo.

Non per nulla Giovanni Paolo II in Evangelum Vitae scriveva: la dottrina dei diritti umani giunge ad una svolta dalla tragiche conseguenze se l’uomo non è riconosciuto come tale nelle aree più emblematiche della sua esistenza quali sono il nascere e ed il morire.    

 Dr. Francesca Paone

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