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La Calabria nel cuore del capo della Cia Calmo, ponderato, disciplinato. Lo descrivono così, alcuni statunitensi che ormai da anni lavorano in Italia, sia nell'Ambasciata Usa di via Veneto, a Roma, che presso i tre Consolati americani, dislocati tra Milano, Firenze e Napoli. Di buoni aggettivi che lo riguardano, però, a quanto pare, ce ne sarebbero a iosa: metodico, organizzato, preciso, ecc. Sarà sicuramente merito anche di questi requisiti non comuni, di queste doti innate (oltre che delle indubbie capacità professionali) se la sua vita, finora, sembra essere stata quasi sempre guidata da una sorta di filo magico, verso esperienze di notevole rilievo a livello mondiale, sotto diversi governi: da Richard Nixon a Bill Clinton, da George W. Bush a Barack Obama. Il personaggio in questione, oggi tra i più importanti, non solo in America ma nell'intero pianeta, si chiama Leon Edward Panetta, ha 73 anni ed è un politico di lungo corso, deputato ed ex docente universitario, nato in California da genitori calabresi. Il padre Carmelo - nativo di Gerace ma residente a Siderno, in quanto coniugato con una sidernese, la signora Maria Carmela Brugnano - emigrò negli Usa intorno agli anni Venti del secolo scorso, proprio da questa città della Locride, in cerca di fortuna. Fu lì, a Monterey, nel giugno del 1938, che emise i primi vagiti il piccolo Leon, colui che da grande sarà destinato a diventare uno dei protagonisti della storia americana. La sua attività politica inizia già da studente. Dopo la laurea in giurisprudenza, finisce però nell'Unites States Army, da dove si congeda al termine del biennio col grado di tenente. Sicché, dopo aver esercitato per un po' di tempo l'attività forense (è ricordato come strenuo difensore dei diritti civili) e dopo essere stato docente di public policy alla Santa Clara University, entra a pieno titolo in politica con un incarico di assistente legislativo del senatore Thomas Kuchel. Da qui in avanti, cambiano i presidenti ma la sua carriera è tutta in salita. Diviene segretario dell'United States Departiment, membro della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, capo di gabinetto alla Casa Bianca, consulente di Clinton in materia di sicurezza, capo dell’ufficio bilancio, e via dicendo, fino ad arrivare qualche anno addietro al vertice dell'Intelligence americana (la mitica Cia), una struttura tra le più potenti del pianeta, nell'ambito dei Servizi Segreti. Ruolo, questo, che Leon Edward Panetta, come si sa, lascerà nel prossimo mese di luglio per poter ricoprire un altro prestigioso incarico: quello di ministro della Difesa statunitense, ormai da tutti simpaticamente chiamato - essendo entrato con questo appellativo nel linguaggio comune - «capo del Pentagono». Dalle sue origini calabresi, cos'ha ereditato il buon Panetta? Tutte le cose buone, si direbbe. Gli aspetti più positivi dell'essere calabrese e in particolar modo la tenacia e la perseveranza - nell'accezione migliore del termine - fanno parte della sua personalità. Adora oltremodo (e non poteva essere diversamente, avendo avuto genitori che gestivano un ristorante italiano) la buona cucina calabrese. Profumi e sapori che non l'hanno mai abbandonato e che risultano alquanto prediletti anche da moltissimi americani illustri, tra cui lo stesso presidente Barack Obama, che - com'è noto - ha preteso che fosse uno chef calabrese a dirigere la sua cucina personale. Che dire? Ama talmente tanto questa Terra, il grande Panetta, al punto che ogni volta che sente pronunciare il nome della Calabria, avverte dentro di sé un forte desiderio di tornare a visitare quei luoghi della Locride, di camminare per le mulattiere di campagna, in mezzo ai vigneti, respirare quell’aria e quei profumi, e contemplare dal monte gli spazi e il cielo, quello stesso incantevole scenario che suo padre, partendo, si è portato con sé. Il luogo dove si nasce, d'altronde - ce lo ricorda anche Corrado Alvaro - è importante ma sapere da dove veniamo lo è altrettanto o forse ancora di più. Viceversa finiremmo davvero per perdere la nostra identità. Il prossimo ministro della Difesa statunitense, per di più, parla bene anche il dialetto locrideo e calabrese in genere, conosce a memoria molti proverbi, appresi dalla madre Maria Carmela, che lui stesso ha tramandato ai propri figli Christopher, Carmelo e James. Nel suo cuore, insomma, oltre alla bandiera a stelle e strisce, «sventola» anche quella della Calabria. --- Vincenzo Pitaro © Gazzetta del Sud - pag. Cultura - Giovedì 2 Giugno 2011 - www.gazzettadelsud.it © www.vincenzopitaro.it
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