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Rubrica di Salute & Benessere a cura di Filippo Apostoliti |
Numero 35 - Per eventuali Richieste e Consigli scrivere a: info@soveratoweb.it |
Eccoci giunti, finalmente, al nostro secondo appuntamento in cui tenterò di sfatare, come promesso, alcune false credenze che ancora oggi aleggiano intorno al mestiere dello psicologo. Si tratta per la maggior parte di miti legati essenzialmente all’assenza di una giusta informazione e di una scarsa cultura psicologica. Ecco di seguito alcuni esempi: LO PSICOLOGO E’ IL MEDICO DEI PAZZI Iniziamo da quello che sembra il tabù più duro a morire, quello che identifica nella figura dello psicologo “il medico dei pazzi” “lo strizzacervelli”. Capita, purtroppo, ancora oggi di sentire frasi come: “Da chi dovrei andare? Dallo psicologo? Ma non sono mica matto io!!!”, che ci fanno ben comprendere come troppo spesso si tende a confondere il disagio psicologico con la malattia mentale. Stare male psicologicamente non vuol assolutamente dire essere matti. Quando ci capita di stare male per un periodo di tempo prolungato perché non riusciamo ad affrontare da soli un determinato problema, forse sarebbe necessario cominciare a farsi delle domande, a riflettere sul fatto che è possibile che le cose non si “sistemeranno da sole” come avevamo ben sperato, ma che anzi, se non interveniamo subito, corriamo il rischio di cronicizzazione il disagio stesso. In questi casi, avere l’umiltà di chiedere aiuto, non significa essere deboli perché non siamo riusciti a farcela da soli, rappresenta - al contrario - un vero atto di coraggio. Non è da considerarsi né un vile né un folle colui che consapevolmente decide di voler fare qualcosa per se, di prendersi cura della propria salute psichica, considerando il fatto che vivere un disagio interiore, a volte può arrecare una sofferenza ben più profonda di una malattia fisica. Sta a noi scegliere se decidere di considerare “matti” coloro che soffrono di un qualche disagio oppure, se forse più saggiamente, non sia più giusto provare a rivedere questo concetto e imparare a pensare alla sofferenza mentale come qualcosa che, nel corso della vita, può accadere a chiunque. LO PSICOLOGO E’ UN MAGO Altro mito è quello di considerare lo psicologo come “l’ultima spiaggia”, quella alla quale si approda dopo averle provate tutte senza riuscire a trovare soluzione al proprio problema. Questo succede perché, purtroppo, si tende a considerare lo psicologo come una sorta di mago con tanto di bacchetta magica o sfera di cristallo, come colui che ha sempre la risposta pronta e sicuramente giusta, colui che è in grado di fornire soluzioni miracolose in situazioni disperate. E’ bene quindi sottolineare questo concetto: lo Psicologo non è un mago, non prende infatti, decisioni al posto nostro, né si sostituisce a noi, imponendo il suo volere e le sue decisioni, non è detentore onnipotente di soluzioni preconfezionate. Lo psicologo, infine, non dispensa consigli, questo vorrebbe dire, infatti, violare l'autonomia e la libertà individuale, inoltre è sempre bene tenere a mente che ogni individuo è unico nella sua storia personale, pertanto non è possibile pensare che la soluzione che si è rivelata valida per una persona, possa esserlo di conseguenza anche per qualcun altro. Come “funziona” in definitiva, l’aiuto offerto dallo psicologo? Lo psicologo ci aiuta, a “ristrutturare” le situazioni, ad avere cioè una diversa visione delle cose e a trovare altre alternative laddove la nostra scarsa flessibilità ci limitava. Quante volte ci è capitato di ripete sempre gli stessi schemi di comportamento? Come purtroppo ognuno di noi sa, se facciamo sempre la stessa cosa otteniamo sempre lo stesso risultato. A volte infatti, tendiamo ad essere così poco flessibili che si rende necessario che qualcuno dall’esterno ci aiuti, con delle tecniche precise, ad “aprirci” a nuovi modi di percepire e giudicare gli eventi. E’ bene tuttavia precisare che, per quanti sforzi si facciano, qualsiasi professionista della salute mentale non sarà mai in grado di conoscerci e aiutarci se non siamo noi per primi a consentirglielo lasciandogli la “porta aperta” o almeno socchiusa.
LO PSICOLOGO E’ UN AMICO ?
Altro mito alquanto diffuso è quello di pensare che il colloquio con lo psicologo corrisponda all’incirca a “fare quattro chiacchiere con un amico/a”. Nei momenti di difficoltà, infatti, capita spesso di trarre infinito giovamento dall’avere vicino persone significative con le quali confrontarsi e che ci fanno sentire compresi. Tutto ciò è non solo piacevole ma anche indiscutibilmente sano. Un amico è insostituibile e ha una sua funzione unica, è bene però essere consapevoli del fatto che il “sollievo” che possiamo trarre da queste chiacchierate è qualcosa di qualitativamente molto differente rispetto all’intervento di un professionista della salute mentale. Il professionista, infatti, possiede strumenti definiti dalla ricerca scientifica per identificare quali sono le caratteristiche della nostra sofferenza, cosa l’ha generata e cosa la mantiene in vita, soprattutto conosce delle specifiche tecniche terapeutiche per metterci nelle condizioni di stare meglio. Lo psicologo, per intenderci, non è semplicemente (o non soltanto) una persona estremamente dotata di buon senso e capace di ascoltare la gente. La sua conoscenza della mente umana, finalizzata a prevenire e curare uno specifico disagio, non è improvvisata, ma poggia su basi scientifiche e su evidenze sperimentali.
Proprio per questo egli è in grado di fare qualcosa di diverso rispetto a quello
che potrebbe fare un amico. LO PSICOLOGO E’ UN PRETE ? Lo Psicologo non è, infine, un prete. Si, il segreto professionale avvicina queste due figure, nel senso che lo Psicologo non rivelerà mai ciò che viene detto durante il colloquio. Il prete è però guidato dalla morale cattolica. Lo Psicologo no. Egli non assolve e, come più volte ribadito, non giudica, ma aiuta lentamente a trovare o ritrovare le regole che possono aiutare a star meglio con se stessi e con gli altri. Proviamo allora insieme a vedere lo psicologo come un paio di occhiali che l’individuo in difficoltà indossa allo scopo di vedere con chiarezza fuori e dentro di sé; un paio di occhiali però particolari che consentono di riprendere la “vista perduta” e, quindi, di essere dismessi quando non servono più. Al prossimo appuntamento!
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