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Rubrica di Salute & Benessere a cura di Filippo Apostoliti |
Numero 45 - Per eventuali Richieste e Consigli scrivere a: info@soveratoweb.it |
La morte di un calciatore La morte in diretta sul campo sportivo vista dalle famiglie sugli spalti ha destato profondo sconcerto e rammarico. Un giovane calciatore, super allenato per definizione, accasciato al suolo disorienta le menti di chi a fatica alza un pollice per cambiare un canale tv, ma in termini statistici è un episodio poco significativo. A voler ascoltare le diverse considerazioni, fatte dagli esperti, sembra che la morte di uno sportivo sia da imputare a due diversi aspetti: lo stress fisico e l’alimentazione. Lo stress fisico dovrebbe riguardare in particolare i giocatori di calcio che sono sottoposti ad allenamenti continui. Si sospetterebbe una continua produzione di scorie tossiche che l’organismo avrebbe difficoltà a smaltire, superata una certa soglia, ma questa ipotesi è stata sconfessata. Un’analisi dei dati statistici mostra che le morti sono accadute in tutti gli sport, anche non professionali, e senza una incidenza particolare verso il calcio. L’alimentazione, invece, sembra essere parzialmente responsabile. In diversi convegni si sono levate voci verso la nutrizione spinta, che favorirebbe l’adeguata produzione di zuccheri, intese come fonte di energia, durante la partita. Forse, non siamo del tutto a conoscenza di cosa ingurgitino i nostri atleti e inoltre è ancora vivo il ricordo dei campioni allacciati ad una flebo, ma l’ipotesi che sta facendo parecchio strada tra i medici sportivi è che l’alimentazione spinta e poco varia possa favorire la produzione di scorie tossiche in concentrazioni così elevate da essere smaltite con difficoltà dall’organismo. Al di la delle varie correnti di pensiero, ciò che sappiamo con certezza è che la morte dei giocatori di calcio è spesso dovuta a due circostanze ben precise: un evento scatenante, come la corsa nel caso di un calciatore, ed un cuore malato che in qualche modo interrompe la sua attività. Questo succede per cause meccaniche ed elettriche. Quando il cuore si ferma per una causa meccanica? La causa più probabile è l’infarto da occlusione di un vaso coronarico. Ecco perché molto spesso i medici sportivi non si fermano ad una semplice ecocardiografia ma preferiscono valutare anche i trigliceridi ed il colesterolo degli atleti. Quando il cuore si ferma per una causa elettrica? Ci sono patologie rare che intaccano la funzionalità elettrica del cuore e sono difficilmente diagnosticabili. Due, su tutte, sono: il QT lungo idiopatico, che colpisce soprattutto i giovani ed è dovuta ad una modifica genetica; La Displasia Aritmogena del ventricolo, anch’essa dovuta ad una malformazione genetica che esplode proprio durante una intensa attività fisica. In sostanza, non è vero che l’attività fisica possa fare male a prescindere, ma è pur vero che farla non implica necessariamente un ottimo stato di salute. Si può avere una malformazione e non saperlo, si può fare un ecocardiogramma da sforzo che non rivela affatto la presenza di vasi coronarici occlusi da placche di colesterolo. Si può anche fare sport nel modo sbagliato. Un caso comune è l’iponatremia da troppo bere. In pratica, uno sportivo che si esercita intensamente può erroneamente credere di dover bere moltissimo, nel farlo però rischia di abbassare il livello di sodio nel sangue arrivando così al’iponatremia, che porta anche a svenimenti. La morale è semplice: fate quanto sport volete, ma usate buon senso nella pratica sportiva e soprattutto non crediate che lo sport vi preservi da tutto, ogni tanto un controllino fatelo!
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