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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

Numero 63 - Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it

SIGILLI E BUONA OCCASIONE

 Per i vecchi soveratani il capannone vi via S. G. Bosco si chiama ancora il Quarzo, l’industria inaugurata nel 1935 (altri tempi: allora si aprivano industrie, non si inventavano Usl, Asl e Distretti scolastici per passacarte!), dissennatamente chiusa nel dopoguerra. I soveratesi e i giovani lo chiamano Comac, ma anche come Comac non c’è da non so quanto.

 Un dì ci annunziarono che sarebbe diventato, bum!m, un Hotel a cinque (5) stelle: siamo o non siamo la più fumosa... scusate, famosa località turistica della storia? Sotto sotto, qualcuno sognava “strutture ricettive”, in poche parole, previa una simpatica manovretta di “cambio di destinazione d’uso”, i soliti appartamenti-letto per professori, impiegati, e simili ben note categorie attive e produttive. Poi non se ne fece niente, e resta un ricettacolo di gatti e topi, con un micidiale tetto di eternit.

 Io l’ho detto da anni e anni; qualcuno si è mosso: finalmente, messi i sigilli, si dovrebbe provvedere: vedremo. Ma è anche l’occasione per riflettere su cosa si potrebbe fare, di quel monumento delle illusioni perdute. Iniziamo da ciò che non si deve minimamente neanche pensare:

  1. Immaginatevi un albergo a cinque, quattro, tre, due, una stella, o anche solo un satellite artificiale, comunque posto nel bel mezzo del posto più trafficato della costa ionica. E che arrivi un bell’autopulman carico di turisti e bagagli, magari alle dieci di sera. Immaginate, e vi passa ogni fantasia.
  2. Ammesso, che verrebbero a fare, dei clienti a cinque stelle? Uscirebbero la sera per bere una birra sotto costo dopo una romantica passeggiata sul Lungomare?
  3. Meno che meno, le “strutture ricettive”, ovvero appartamenti. Il motivo, questa volta, è di natura sociologica: delle pregiatissime categorie di dormienti, in Soverato meno ce n’è e meglio è.

 E allora, che si potrebbe fare? Ma un bel Centro polivalente, con sala congressi modulare, soppalchi per biblioteca comunale, piccolo museo cittadino, sedi di associazioni e circoli, salette, uffici, bar eccetera: quello di cui Soverato manca soprattutto d’inverno.

 L’operazione, da un punto di vista operativo, è facilissima: si lascia tutto com’è (si chiama archeologia industriale), a parte il tetto; una bella pulizia; ristrutturazioni essenziali e ben fatte. Chi lo deve fare? Il Comune, trovando un congruo finanziamento europeo o qualcosa del genere.

 Tanto, l’albergo non l’hanno mai voluto fare; e, con l’aria che tira, mi pare che anche gli appartamenti restano sfitti. La tendenza a “scendere a Soverato” è finita già vent’anni fa: non è colpa mia se la notizia non ha ancora raggiunto quasi nessuno.

 Rispondiamo, una volta tanto. Precisazioni: voglio una risposta da persone mature, non ingiurie generiche di frustrati.

Ulderico Nisticò

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