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Rubrica di Salute & Benessere a cura di Filippo Apostoliti |
Numero 48 - Per eventuali Richieste e Consigli scrivere a: info@soveratoweb.it |
Generico si o Generico no? Dal 15 agosto i pazienti hanno cominciato a maneggiare pillole diverse da quelle che abitualmente assumevano perché sulle loro teste è calata la riforma sui farmaci generici. In queste settimane ho ascoltato le perplessità dei pazienti e ora provo a fornire dei punti di riferimento così da fugarne alcune e limitarne altre. Cosa sono i Generici? Quando un brevetto scade un’altra azienda può produrre un farmaco di nome diverso, ma con lo stesso principio attivo, ugual numero di compresse e per le stesse finalità. Il vantaggio per lo Stato e i pazienti sarà che costa meno. Se costa meno non è buono! Costa meno perché l’azienda che lo produrrà non dovrà sobbarcarsi le spese per la ricerca necessaria ad inventarlo né dovrà dimostrarne l’efficacia, visto che in commercio c’è già il farmaco di marca per il quale un’altra azienda ha già fatto questa trafila. E lo Stato che impone che costi almeno il 20% in meno del farmaco originale. Quindi il prezzo non è un parametro di qualità? Di solito, il costo è un buon indice della qualità di un prodotto. In questo caso, no. Chi controlla la qualità? L’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) che costantemente monitora l’attività delle aziende coinvolte, e questo ha consentito di scoprire delle truffe a carico dei pazienti. Ormai, le poche aziende rimaste (quattro solo quelle internazionali) producono generici di alta qualità. Ma davvero non ci sono differenze con il farmaco “ di marca”? La differenze esiste, ma non come la intendono i pazienti. Ci sono persone che sostengono di non aver avuti benefici col generico. Non ho difficoltà a crederlo perché purtroppo esiste l’effetto placebo che causa resistenza al generico. In pratica, se un paziente è convinto che il generico non sia buono allora il corpo risponderà male al farmaco, che risulterà poco efficace. Questo può accadere anche con qualunque farmaco di marca, quindi sta al paziente rasserenarsi sulla bontà del generico, altrimenti non se ne esce vivi. La vera differenza è un’altra. In qualunque farmaco, sia di marca o generico, è ammessa una variabilità nel contenuto in principio attivo, solitamente (da linee guida europee) contenuta tra il 95 e il 105% del valore teorico. In altri termini, un farmaco, sia esso marca o generico, è considerato approvabile se il contenuto in principio attivo si scosta di non oltre il 5% dal valore nominale indicato in etichetta. Questo però vale per ogni singolo lotto di qualunque farmaco, sia esso generico o di marca. Capite bene che un paziente può assumere una volta un farmaco di marca “A” con il 103% di principio attivo e una volta lo stesso farmaco con il 98% di principio attivo e questo può accadere anche col generico. Magari una volta si prende il farmaco di marca “A” con il 103% di principio attivo e una volta il generico con il 98% di principio attivo, o viceversa. Io ho letto che la quantità di farmaco è meno del 20% rispetto all’originale, quindi fa meno bene? Qui la confusione generata dai mass media è enorme. Mettiamo dei paletti. Punto primo. Lo stesso farmaco somministrato a due pazienti diversi produce effetti diversi. Punto secondo. Lo stesso farmaco assunto dal paziente in due momenti diversi darà effetti diversi. Questa variabilità nasce da parametri (assorbimento, distribuzione, metabolismo, eliminazione e ritmo circadiano della giornata) che rendono ogni paziente unico. Per tener conto di questa variabilità le
autorità europee hanno stabilito che un farmaco può essere considerato
equivalente ad un'altro se la risposta media differisce di non oltre il ± 20%
dalla risposta media della formulazione di riferimento. E' bene precisare che questo non si traduce in una differenza del ± 20% nell'efficacia tra i due medicinali ma significa soltanto che è possibile che si registri una differenza negli effetti prodotti dal farmaco sul campione di individui che partecipano allo studio di equivalenza a causa della variabilità dei parametri di riferimento in rapporto a tali individui. Questo può avvenire per qualunque farmaco di marca e può avvenire anche per i generici. Quindi non c’è una differenza del 20% di efficacia tra il farmaco di marca e il generico. E soprattutto, quando si stabilisce la dose di un farmaco da assumere essa è calcolata in base alla media statistica, per cui parliamo di differenze di cui il paziente non può accorgersi. In pratica se per un paziente si sono identificati il farmaco adatto e il giusto dosaggio per un determinato effetto terapeutico questo effetto viene mantenuto se per quel paziente si effettua la sostituzione con un medicinale generico. Non ci sono differenze fra i vari generici dello stesso principio attivo? No. Anche su questo occorre essere chiari: i generici sono tutti uguali. Non esiste una marca migliore dell’altra e la preferenza per una ha poco senso. Ma ho letto che gli eccipienti sono diversi, quindi una differenza c’è? Gli eccipienti non devono per forza essere gli stessi. Ogni azienda può ritenere utile utilizzare la formula che crede, l’importante è garantire quel principio di equivalenza che l’AIFA monitora costantemente. Ma il generico mi ha dato allergia e l’originale no, quindi non è fatto bene? Ogni farmaco di qualunque natura può contenere sostanze potenzialmente allergizzanti, ma questo appunto vale sia per il farmaco di marca che per il generico, quindi ha poco senso avere timori particolari. Ho aperto una scatola di generico e il foglietto illustrativo non è lo stesso di quello di marca, quindi? Può accadere perché spesso l’azienda che intende produrre un generico per l’intera Europa chiede l’autorizzazione all’Agenzia Europea e presenti un foglietto illustrativo che sia la sintesi di tutti i foglietti dell’originale presenti nei vari paesi europei, che tra loro hanno già differenze. A noi interessa solo che l’AIFA dia parere positivo, così sapremo che avremo a che fare con un generico equivalente all’originale, indipendentemente del foglietto illustrativo. Perche un generico può durare meno dell’originale? La data di scadenza di un farmaco è stabilita sulla base dei dati presentati dall’azienda fino a un massimo di legge di 5 anni. Gli originali hanno raccolto dati nell'arco di intervalli temporali più ampi e solitamente hanno ottenuto periodi di validità più lunghi rispetto ai medicinali generici corrispondenti, che sono usciti da poco e hanno bisogno del tempo necessario per presentare la documentazione utile ad allungare i tempi di scadenza. Adesso ci sono già molti generici che hanno allungato le proprie date di scadenza allineandosi agli originali. Ma se io pago la differenza tra originale e generico perché lo Stato si sta impegnando così tanto sui generici adducendo un risparmio che non c’è? Secondo me c’è la fregatura! Sbagliato! Per i farmaci a pagamento di cui esiste il generico il risparmio è sotto gli occhi di tutti. Per i farmaci di fascia A, quelli con ricetta rossa, il risparmio è sul lungo periodo. Lo Stato vuole incentivare l’uso del generico perché nel breve periodo fa risparmiare qualcosa al paziente e “costringe” le aziende degli originali ad abbassare i prezzi che dovrà rimborsare, mentre nel lungo periodo incentiva le aziende a produrre farmaci innovativi per i quali è disposto a pagarli di più.
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