|
| |
Numero 71 - Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it |
L’amore di Raoul Bova per la Calabria «Roma mi ha dato i natali, ma le mie radici sono calabresi (mio padre è nato a Roccella Jonica). È lì che ho trascorso parte della mia infanzia. Da ragazzo, mia nonna mi portava a vedere il mare, le barche dei pescatori. Ero attratto dai loro colori e dalla piacevole brezza che soffiava, ricca di salsedine. Il profumo della zagara m'inebriava. È davvero bella la Calabria... ce l'ho nel cuore»! Raoul Bova, 41 anni compiuti lo scorso 14 agosto, attore ormai famoso e stimato in tutto il mondo - e da un po' di tempo anche regista - parla così delle sue origini calabresi. E mentre i ricordi pian piano riaffiorano nella sua mente, i suoi occhi (azzurri) si fanno lucidi, come se stesse, lì per lì, per commuoversi. È un vero «campione del Cinema», Raoul, «dalla grande intensità emotiva», come ebbe modo di dire, qualche anno addietro, un critico cinematografico. Per di più, c'è ancora chi lo ricorda finanche come campione di nuoto. Prima di approdare nel mondo della celluloide la sua grande passione infatti era la piscina che, a livello agonistico, gli aveva procurato non solo il titolo di campione, ma anche tante altre soddisfazioni in campo internazionale. «Passava intere giornate nell’acqua, e non pensava ad altro», disse una volta sua sorella Tiziana. Da tempo, ormai il nuoto - per Raoul Bova - però è diventato solo un hobby. Il suo mondo è quello del cinema, del piccolo schermo e del teatro. La sua consacrazione ufficiale, dopo alcuni ruoli secondari (avuti in un film di Carlo Vanzina, «Piccolo grande amore», e in quello televisivo, prodotto dalla Rai, «Una storia italiana», dedicato ai successi olimpici dei canottieri fratelli Abbagnale) la ottenne anni fa con la «Piovra 7». Un’occasione davvero d’oro che consentì al pubblico italiano ed a quello internazionale di conoscere un attore sensibile e di sicuro temperamento. «M'impegnai moltissimo», racconta Raoul. «Diedi tutto il cuore per reggere il confronto con l’illustre collega (Michele Placido - ndr) che mi aveva preceduto in quel ruolo di primo piano. Già di per sé, essermi trovato (così giovane) protagonista in uno sceneggiato come la Piovra, per me, fu una cosa importantissima. In un anno di lavorazione mi ritrovai cresciuto di molto. Ero diventato, più o meno, come Gianni Breda. Credo che tutti i giovani - e non solo loro - abbiano il dovere di battersi per la giustizia, se effettivamente vogliamo che l’Italia migliori. Quel ruolo, in pratica, mi insegnò a vivere meglio: imparai tante cose che non conoscevo e che neppure lo sport agonistico mi aveva fino ad allora mostrato». Oggi Raoul, che ha da poco superato gli «anta», lasciandosi alle spalle una carriera ventennale (con autori che vanno da Daniele Luchetti a Pupi Avati, da Ferzan Ozpetek a Lina Wertmüller, tanto per citarne solo alcuni) è una persona molto più introversa e riservata, rispetto a ieri, sempre più «a caccia di saggezza». Una saggezza che riesce spesso a trovare anche sul set, si direbbe, dove ormai sembra vivere, notte e giorno. Dopo «Ultimo 4», la fortunata miniserie andata in onda su Canale 5 all’inizio dell’estate, e dopo «Come un delfino 2» (altra serie in quattro puntate, sempre per Mediaset) e «Viva l’Italia» - film diretto da Massimiliano Bruno, che sarà nelle sale a partire dal prossimo 26 ottobre - a fine settembre, Raoul sarà impegnato nelle riprese di un nuovo film cinematografico, «Buongiorno papà», per la regia di Edoardo Leo. «È un film che nasce, e cresce, si può dire in complicità col regista. La sceneggiatura, poi, mi ha fatto ridere moltissimo, riuscendo pure a farmi commuovere. Edoardo è un caro amico e lavorare in un film diretto da un amico è quanto di migliore possa capitare. Ci sono registi che ti capiscono al volo, ti danno un indizio, tu ci lavori sopra e via, tutto va alla perfezione. Senza un bravo regista, anche una bella storia risulterebbe certamente meno interessante...». Una carriera più che brillante, dunque. Ma non è tempo di bilanci: il suo percorso è ancora molto lungo. «Hai voglia, quanta strada dovrò percorrere ancora…», ironizza sorridendo il grande Raoul. E forse non sa che registi come Bellocchio, Tornatore, Garrone e altri, vorrebbero averlo come protagonista in un loro prossimo film. Vincenzo Pitaro Gazzetta del Sud © pagina Cultura - Giovedì 27 settembre 2012 - Archivio: www.gazzettadelsud.it - Twitter: @Journalist_vp
Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it |
|