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Rubrica di Salute & Benessere a cura di Filippo Apostoliti |
Numero 53 - Per eventuali Richieste e Consigli scrivere a: info@soveratoweb.it |
Lo stress nei bambini e a scuola Cosa accade nelle classi elementari e medie? Perché gli alunni vengono descritti come i nuovi malati in grembiule? È ormai certo che i bambini soffrano della stessa patologia, che attanaglia l’uomo moderno, cioè lo stress. La difficoltà respiratoria, lo stomaco che stringe e una maggiore reattività sono i sintomi comuni che molti medici si ritrovano a dover diagnosticare, spesso increduli, nei bambini del nuovo millennio. La causa principale è ascritta al “tempo” che in famiglia viene gestito male, ovvero alla scansione temporale a cui sono sottoposti i bambini. Un tempo che in pratica segue il ritmo degli adulti, senza tener conto che i bambini hanno altri ritmi. La gravità del problema la si può cogliere se proviamo ad osservare l’arco temporale che va dalla nascita fino ai 10 anni. Per l’età da 0 a 3 anni, ci serviremo delle riflessioni interessanti che si possono cogliere nel Dizionario Italiano-Bambinese (Daria Polledri e Francesca Del Rosso, Mondadori). Sin dalla nascita i genitori parlano ai pargoli come parlerebbero ad un adulto. La frequenza è di circa 90 parole al minuto, ma un bambino di quella età coglie al massimo il concetto costruito su 30 parole e non di più, il resto rappresenta una serie di suoni indecifrabili e per giunta stressanti. Alla comunicazione verbale si associa spesso l’imposizione di abitudini “da adulti”, come alzarsi presto, uscire nel pomeriggio impedendo il riposino pomeridiano e rincasare tardi la sera. Tutte abitudini che non rispettano i tempi del bambino. Dai 3 ai 6 anni le cose non cambiano, semmai peggiorano. Alle abitudini precedenti si assomma l’incapacità di lasciare un bambino da solo. La solitudine è in realtà un valore da acquisire, perché con essa il bambino impara a gestire il “suo tempo”. Decidere, ad esempio, quale gioco fare nel tempo che gli è concesso prima di cena oppure la ripetizione di un gioco se la mamma non è ancora pronta per essere accompagnata fuori casa. I nostri genitori, a loro volta spesso abbandonati dai genitori per lavoro, preferiscono non mollare un attimo i figli. Si crea una dipendenza negativa, perché i bambini imparano che ogni cosa, come un gioco, va fatto solo con gli adulti e secondo i loro tempi. Ai 6 anni comincia la scuola. In questa fascia d’età il bambino viene trattato come un adulto in grembiule, che ha i suoi orari di ufficio. Come ogni impiegato che si rispetti dovrà adeguare i suoi tempi all’intera squadra che lo circonda. Le condizioni di lavoro attuali non sono consone ai ritmi di un bambino, perché gli orari sono diversi. Secondo voi chi avrà la peggio? Chi dovrà necessariamente adeguarsi? I bambini. Dovranno imparare che in brevissimo tempo debbono incastrare tante cose perché la famiglia regga questi orari. Ai 10 anni siamo al culmine. Allo stress della comunicazione verbale, della mancanza di solitudine e degli orari da adeguare si aggiunge quella delle attività post-scolastiche, come la palestra ed altri sport. Siamo nella fase in cui il bambino non regge più altro stress, ma non può fermarsi, non può giocare da solo, non può annoiarsi e non può consentirsi un accenno di relax. Tutto deve essere scandito come un orologio svizzero. Se un impegno salta i genitori disabituati si irriteranno e il bambino si stresserà ancora di più. Concludiamo soffermandoci su una delle linee guide scolastiche, che a detta di un insegnante, vorrebbe incentivare la competizione tra i bambini, quasi alla stregua di piccoli imprenditori. Non solo il tempo per un bambino non è quello naturale dalla nascita, ma dovrebbe diventare in seguito quello di un imprenditore, magari indebitato con le banche e con addosso un mutuo trentennale, in coda allo sportello dell’accettazione ospedaliera per una gastroscopia! Prendiamoci del tempo e meditiamo… magari con i figli!
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