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La magica Sila patrimonio dell'Unesco Il Parco Nazionale della Sila (73.695 ettari di estensione), istituito nel 2003, si appresta a diventare patrimonio dell’Unesco. Il riconoscimento, da parte dell’autorevole Istituzione delle Nazioni Unite, rappresenta - come informa il ministero dell’Ambiente, in una nota - «un ulteriore strumento di riconoscibilità internazionale e si inserisce nelle politiche di tutela e promozione delle aree di rilevante interesse ambientale». La Sila, «Silva Brutia», già tanto cara agli antichi Romani (esiste un vasto repertorio di citazioni classiche che da Virgilio in poi celebrano «il gran numero di alberi resinosi che danno la pece bruzia») conserva a tutt’oggi, grazie ai suoi particolari aspetti naturalistici di straordinaria bellezza, un fascino indescrivibile che continua a richiamare visitatori e studiosi da ogni dove. All'interno del suo territorio (che, come si sa, comprende Sila Piccola, Sila Grande e Sila Greca, precedentemente sotto tutela del cosidetto «Parco della Calabria») si trovano lembi di foresta come quella del Gariglione o quella dei «Giganti di Fallistro», una cinquantina di alberi colossali di pino laricio e acero, che arrivano a raggiungere anche i quaranta metri di altezza e i due di diametro del tronco. Fino ad epoche non molto remote, queste alture - per i più - rappresentavano soltanto il regno incontrastato del lupo. Il Parco della Calabria, d'altronde, era stato creato anche per garantire la sopravvivenza di questo poderoso carnivoro. Sicché il lupo finì, come logica conseguenza, per diventarne il simbolo. Ma la storia di queste foreste non è fatta solo di lupi e di lupari. I silenzi dei boschi nascondono secoli di vicende umane. L'immenso patrimonio naturale fu al centro di dispute piuttosto feroci durante il Regno borbonico, alimentando storie immemorabili di brigantaggio. Altri tempi. Oggi la Sila è considerata da più parti come una sorta di «Canada italiano» o - come disse Adriano De Zan, durante una sua telecronaca a un Giro d'Italia di molti anni fa - come «una piccola Svizzera, per molti aspetti più attraente della stessa nazione elvetica». Laghi e foreste sembrano infatti evocare paesaggi nordici, così come nordici sono i silenzi profondi di queste montagne. La luce però è mediterranea e i colori hanno la forza del Meridione. Che dire? Riuscirà la Calabria a sfruttare appieno - a livello internazionale - la vocazione turistica montana, soprattutto ora che il Parco Nazionale della Sila (uno e trino) sta per diventare patrimonio dell'Unesco? I presupposti ci sono tutti. E l'occasione è d'oro. Sarebbe veramente un imperdonabile errore lasciarsela sfuggire. • Vincenzo Pitaro © Gazzetta del Sud - pag. Cultura, di Domenica 11 novembre 2012
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