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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

Numero 85 - Per eventuali Commenti su questo articolo scrivere a: info@soveratoweb.it

UOMINI DI CHIESA E DI CULTURA

 Due eventi importanti di Chiesa e di cultura. Venerdì 18, presso la Fondazione Betania di S. Maria di Catanzaro, è stato presentato Un filo d’erba tra i sassi, il libro di testimonianza di don Mimmo Battaglia. Relatori d’eccezione tre arcivescovi: mons. Ciliberti, mons. Cantisani e mons. Bregantini venuto dalla sua attuale sede di Campobasso; e, con la loro autorevolezza e dottrina, hanno tratto dal libro insegnamenti profondi. Erano presenti molti parroci e sacerdoti, e un numerosissimo pubblico. Per quanto mi riguarda, ringrazio don Mimmo del dono del suo prezioso libro, e dell’onore di avermi chiamato a parlarne. Ho detto che il libro è intanto uno squisito testo letterario, come accade a quel raro miracolo che fa coincidere il testo con l’autore e l’autore con il testo; e che don Mimmo sta compiendo un’opera quanto mai meritoria, ma che non deve essere intesa solo come salvezza delle vite - un generico umanitarismo che potrebbe appartenere anche ad una cultura laicista e massonica - ma salva le anime, e questo lo fa intrinsecamente sacerdote cattolico.

 L’Ordine dei Francescani Riformati, detti affettuosamente Cappuccini, mostra, nella sua storia ormai cinque volte secolare, un carisma davvero curioso, di coniugare la cultura, generalmente propria di Ordini contemplativi, con l’operatività e la presenza in mezzo al popolo. Basta per tutti il nome del secentesco padre Giovanni Fiore da Cropani, a me caro per averne curato l’edizione critica. Nel convento di Chiaravalle, fondato nel 1572, è bene ricordarlo, da fra Giacomo da Soverato, vive da molti anni un altro dotto cappuccino, padre Bernardino Gualtieri, già noto per i suoi studi sul paese natale, Davoli, e che oggi ci dona un lavoro accurato e provocatorio: Dopo il fumo della vaporiera, la storia della Calabro-Lucana tra Soverato e i paesi interni. L’abbiamo presentato sabato 19 a palazzo Staglianò, di fronte a tanta gente affezionata a padre Bernardino, e curiosa di apprendere; e a numerose autorità: don Iezzi e don Giorgio, i consiglieri provinciali Giaimo, Sestito, Garito e Maida, i sindaci Bruno di Chiaravalle, Mancini di Soverato, Teti di Cenadi, Corradino di Olivadi, Rubino di S. Vito; e, per le Ferrovie della Calabria, Iannacchera; nel pubblico, fra gli altri l’avvocato Squillace e il preside Seminaroti. Moderava Enzo Iozzo. Relazionava chi scrive. Ormai solo quelli che abbiamo degli anni addosso (ahimè, è così!) ricordiamo il trenino, e i giovani restano stupiti. Ma si possono ancora vedere le stazioni e i caselli, e le gallerie e qualche tracciato dei binari. Da Soverato si snodava verso Satriano – Davoli, poi verso la Pietà, Petrizzi, S. Vito, Pirivoglia e Chiaravalle. Il progetto era più ambizioso, e doveva portare all’attuale Vibo Marina, come ha avvalorato Tonino Fiorita donando a padre Bernardino copia di alcuni dei suoi infiniti documenti: ma non si realizzò, e nel 1969 anche il treno non corse più. Nel libro padre Bernardino lo fa rivivere: le antiche locomotive a vapore, poi i locomotori diesel detti “littorine” per lo stemma del Fascio. E ce ne descrive tutti gli aspetti tecnici, per concludere con il lato umano dei ricordi di chi lavorò e visse. O nacque, come l’assessore provinciale Giaimo, che nel casello di Petrizzi vide la luce!

 C’era da cogliere infine una provocazione, e figuratevi se chi scrive, io, me la lasciavo scappare. Sarebbe possibile rifarla, una ferrovia, bene inteso con tracciato e mezzi moderni? Sì, certo, e tra Soverato e Chiaravalle vedremmo, invece di mille e mille motori costosi e inquinanti, un motore solo, meglio se elettrico. E un’occasione di socialità, invece di star chiusi e da soli nella nostra scatolette viaggianti.

 Due momenti di alta spiritualità e cultura, ma anche di vita. Grazie a don Mimmo e a padre Bernardino.

Ulderico Nisticò

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