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Rubrica di Società e Cultura di Ulderico Nisticò

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I GATTI E LA TALPA

 Ora vi racconto una storia esattamente come si è svolta, che, detta così, pare una banalità, e invece è terribilmente una cosa seria; e vera fino all’ultima riga! Tutto cominciò quando io piantai un cespo di peperoncini rossi, il quale, due giorni dopo, fu da me ritrovato letteralmente espulso dalla buca; donde il fondato sospetto di un’animalesca presenza clandestina. Siccome io, a differenza del ciuco il quale è ciuco perché pensa di sapere tutto, quando non so domando, mi reco nel negozio apposito, e lì trovando un piccolo ma attendibile consesso di contadini, chiesi così: “Scusate, come mai?”; e mi venne risposto trattarsi di una talpa! Talpa nel senso di roditore, di bestia, non di infiltrato! Angosciato da tale notizia circa l’indesiderata zoologica presenza, io levai un grido di sdegno e dolore: “E allora, i miei gatti, che li mantengo a fare a mangiare!” E qui accadde l’evento di alto valore sociologico, anzi, direi, filosofico, che uno degli illustri agricoltori astanti commentò in tal guisa, facendo sapido uso del natio dialetto, musica per le mie orecchie reazionarie: “Ca pe’ chissu ‘on si mangian’i surici, professo’, pecchì i teniti a mangiara vui! S’ avenu fami...

 Traduzione per quelli che devono darsi un tono da intellettuali e perciò non parlano dialetto: “Essi per questa ragione non mangiano la talpa, perché date loro da mangiare voi! Se avessero fame” Talpa, in dialetto suriciorvu.

 Ahimè, quante belle riflessioni storiche e politiche, in questa frase così densa di concetti, in queste vichiane parole corpo! E già, i miei gatti, cui imbandisco ogni giorno lauti croccantini, e spesso anche scatolette di carne e ciotole di latte, e che accarezzo e blandisco e coccolo, e li chiamo micini e micetti e miciotti, non hanno alcuna voglia di lavorare, e aspettano al sole... e se piove in un casotto da me loro concesso in comodato d’uso gratuito, che arrivi io e, senza manco lo sforzo di venire da me, io porti loro a domicilio il non meritato né faticato cibo. Satolli e lauti, non si pigliano certo il disturbo di cacciare.

 Succede ai miei gatti... e a gran parte, a troppa parte dei Calabresi dopo che cominciò a funzionare il sistema De Gasperi: il Nord produce, il Sud viene mantenuto perché, nulla producendo, possa comprare la tecnologia avanzata... avanzata nel senso che avanza agli altri e non sanno a chi sbolognarla. Perciò uno meno lavora, in Calabria, meno fa concorrenza a Milano. In cambio, croccantini, latte, scatolette di carne senza in cambio prestazione d’opera! Industrie, commerci, agricoltura, turismo serio... ma no, sono tutte cose che costano sudore, impegno... meglio i croccantini!

 Corollario. Se io per una settimana non portassi il cibo ai gatti, che succederebbe? Morirebbero di fame? Ma no, tutt’altro! Il primo giorno, miagolerebbero come disperati; il secondo, ululerebbero come lupi; il terzo, contorcendosi lo stomaco per i crampi che manco il conte Ugolino, e guardandosi l’un l’altro con pietà, si direbbero così: “Ragazzi, martedì di Carnevale è finito, inizia mercoledì delle Ceneri!”, e andrebbero a cercare la talpa del peperoncino, rendendosi finalmente utili a se stessi e a me. Per diventare cacciatori, metterebbero in funzione il cervello che, nelle attuali condizioni, non serve, e lo lasciano a riposo!

 Morale: se la Calabria non verrà più mantenuta ad assistenzialismo diretto o mascherato, risorgerà, sia pure dopo qualche tempo di corroborante sofferenza. Le potenzialità e le risorse ci sono. Coraggio, viva il federalismo duro e puro, e per niente solidale. Se qualcuno non ce la farà... pazienza, l’immortalità terrena non è stata ancora inventata.

 Corollario due: chi mangia del suo e non deve ringraziare nessuno, è anche libero. E quando uno è libero, dice sì e no e al re e al cane. E vota per chi pare a lui, non per chi distribuisce posti e benefici.

 Ulderico Nisticò

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